Il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, a tre giorni dalla Direzione dello schieramento riprende sé stesso (in alcune parti) e lancia un appello alle altre forze di opposizione progressiste: “Dobbiamo fare insieme il più possibile”, ha detto intervistato da Fabio Fazio a Che tempo che fa su RaiTre.
Non solo, però, ovviamente. Il leader dei dem ha anche parlato della “rigenerazione” della classe dirigente dopo la sconfitta alle elezioni, e di chi potrebbe prendere il suo testimone alla guida del secondo partito per voti, 5 milioni, ha precisato.
Due settimane dopo le elezioni politiche che hanno consegnato il governo dell’Italia al centrodestra, Enrico Letta, il segretario del Partito democratico, continua l’analisi della sconfitta. Nel suo intervento da Fabio Fazio, a Che tempo che fa, il politico di Pisa ha ripreso alcuni concetti già espressi durante la Direzione di mercoledì, ma ha anche lanciato un appello alle altre forze politiche progressiste.
“Dobbiamo fare insieme il più possibile all’opposizione – ha detto -. Non dobbiamo dare questo vantaggio a Giorgia Meloni, perché questo governo di destra sarà un problema per l’Italia”. Un’apertura, dunque, sia per il MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte a cui si erano chiuse le porte dopo la caduta dell’esecutivo guidato da Mario Draghi, ma anche al terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi.
L’opposizione, però, alla leader di Fratelli d’Italia, il cui governo, definito “più di destra della storia italiana”, non durerà più cinque anni, dovrà essere fatta soprattutto dai dem, perché gli elettori hanno “dato il mandato di essere la prima opposizione”, e come già detto in Direzione, la si deve fare “in modo intransigente e costruttivo”, non solo in Parlamento, ma anche nelle piazze e nel Paese.
Tornando all’analisi della sconfitta, il mea culpa: “Non abbiamo intercettato gli italiani che non ce la fanno, che non si sono rivolti a noi, in modo maggioritario“, ha detto ma c’è stato anche un problema nelle alleanze. “Avremmo potuto vincere solo se avessimo fatto il vero campo largo, con tutti coloro che erano contro il centrodestra – ha ricordato -, tanti però si sono sfilati“.
Tra le cose che hanno determinato la non vittoria, però, anche le conseguenze del conflitto in Ucraina che “ha cambiato completamente la situazione sociale e politica, le bollette sono aumentate, è aumentata la paura, e poi è caduto il governo, che ha portato a un precipitare degli eventi“, come aveva già spiegato mercoledì, così come la volontà di non far più parte di governi di salvezza nazionale. Una volta, appunto, che l’esecutivo del centrodestra cadrà, infatti, dal Pd chiederanno “che si vada subito al voto”.
Letta ha parlato chiaramente anche del cambio alla segreteria del Partito democratico, perché “le elezioni politiche sono uno spartiacque, chi vince governa, chi perde deve rigenerare la classe dirigente”. “Il Congresso costituente deve essere questo”, ha precisato ancora prima di ripetere che lui non sarà tra i candidati.
Chi potrebbe esserlo, invece, sono il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e la sua vice, Elly Schlein, che ha considerato “due grandi risorse”. Non le uniche, comunque, perché anche “altri potranno dire cose importanti”. Sul fatto, invece, che ci siano troppo candidature, il segretario ha risposto che sono un bene.
“Se c’è qualcuno che si vuole spendere per un nuovo Pd, discuteremo di tutto anche del nuovo nome, un processo vero“, ha detto ancora nel programma di RaiTre. Lui, comunque, non farà il tifo pubblicamente per nessuno: “Ho le mie idee, ma avrò un ruolo neutro, accompagnerò il partito”, ha spiegato.
Non ci sarà nessuno scioglimento dei dem, in questo è stato chiaro. “Abbiamo cinque milioni di persone che ci hanno votato”, ed è a loro che il Partito democratico deve qualcosa. Dal canto suo, Letta non tornerà in Francia, nonostante le ironie che circolano da FdI e Lega, il suo compito sarà quello di stare in Parlamento “con tutta la determinazione possibile”.
A proposito di Meloni, poi, Letta ha giudicato la scelta della premier in pectore di mostrarsi all’estero per la prima volta “con i neo-franchisti di Vox” un po’ strana: “Mi sarei aspettato qualcosa di più europeista da lei”, ha concluso.
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