Sarebbe stato svelato, grazie a un gruppo di fisici, di informatici e a un algoritmo, il mistero della Lettera del diavolo. Stiamo parlando della missiva conservata nel monastero di clausura di Palma di Montechiaro, vicino Agrigento. Scritta in caratteri incomprensibili, sarebbe stata consegnata a suor Maria Crocifissa della Concezione, al secolo Isabella Tomasi, dal diavolo in persona.
Secondo questa storia, il demonio (siamo nel 1676) avrebbe dettato personalmente il contenuto della lettera alla suora, per farla cadere in tentazione. Si narra che la religiosa, dopo averne appreso il contenuto (una richiesta a Dio di lasciare gli uomini liberi di peccare) e dopo una lotta estenuante con un gruppo di demoni, si sia rifiutata di firmarla e consegnarla a Dio (come richiesto dal diavolo), scrivendo solo «ohimè».
Prima di essere trovata riversa per terra nella sua cella, in stato di agitazione, con «mezza faccia sinistra imbrattata di nero inchiostro».
La storia della lettera per secoli ha incuriosito grandi letterati come lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che ne ha parlato nel suo famoso romanzo Il Gattopardo.
L’unica cosa certa è che la lettera era stata scritta effettivamente in una lingua incomprensibile. Caratteri che, a prima vista, sembrano un misto tra greco classico e alfabeto cirillico.
Da qui il mistero e la tendenza, soprattutto nel passato, da parte di credenti e superstiziosi, di ricondurla davvero al diavolo.
Svelato il mistero della Lettera del diavolo?
Tre secoli dopo, un gruppo di fisici e di informatici del Ludum Science Center di Catania, ha preso in mano la lettera per decifrarla. E, pare, con successo.
Come ha fatto? Grazie a un sofisticato programma di decriptazione preso dal deep web: «Abbiamo utilizzato algoritmi che fanno tentativi di decifrazione, individuando caratteri simili che si ripetono. Abbiamo inserito nel programma – spiega a La Stampa Daniele Abate, 49 anni, responsabile del gruppo e direttore del Ludum – l’alfabeto greco, quello latino, quello runico (delle antiche popolazioni germaniche) e quello degli yazidi, il popolo considerato adoratore del diavolo che abitò il Sinjar iracheno prima della comparsa dell’Islam, tutti alfabeti che suor Maria Crocifissa poteva avere visto o conosciuto. L’algoritmo prima individua i caratteri che si ripetono uguali, poi li compara con i segni alfabetici più simili nelle varie lingue».
Cosa c’è scritto nella Lettera del diavolo?
Nella lettera potrebbe esserci scritto: «Forse ormai certo Stige» (secondo la mitologia greca e romana, Stige è uno dei cinque fiumi dell’inferno). E ancora: «Poiché Dio Cristo Zoroastro seguono le vie antiche e sarte cucite dagli uomini, Ohimé». Quindi: «Un Dio che sento liberare i mortali».
Chi ha scritto la Lettera del diavolo?
«L’idea che mi sono fatto – dice Abate – è che questo sia un alfabeto preciso, inventato dalla suora con grande cura mischiando simboli che conosceva. Ogni simbolo è ben pensato e strutturato, ci sono segni che si ripetono, un’iniziativa forse intenzionale e forse inconscia. Lo stress della vita monacale era molto forte, la donna potrebbe avere sofferto di un disturbo bipolare, allora non c’erano farmaci né diagnosi psichiatriche. Certamente c’era il diavolo nella sua testa».
Insomma, secondo lo scienziato la suora, a causa della dura vita di clausura, sarebbe impazzita arrivando a inventarsi un alfabeto, scrivere una lettera e dare la colpa al diavolo.