Nella serata di ieri è stata twittata dall’anchorman Trish Regan e, successivamente rilanciata dai principali canali televisivi americani tra cui Fox News, una lettera dello scorso 9 ottobre del presidente statunitense Donald Trump al presidente turco Recep Tayyip Erdogan sulla cosiddetta crisi curda.
La lettera di Trump sembra anche una risposta in differita alla riflessione pubblicata sul Wall Street Journal in data 15 ottobre dal presidente Erdogan, in cui “il sultano” spiegava l’operazione turca nel nord della Siria. Nel suo editoriale il presidente turco incolpava le principali potenze sedute al tavolo siriano di aver abbandonato il suo Paese nella gestione della crisi umanitaria conseguente alla guerra siriana e metteva sullo stesso piano il pericolo rappresentato dai curdi, identificandoli con l’organizzazione terroristica nota come PKK, i loro alleati siriani e lo Stato Islamico.
Nel testo, riportato qui sotto, il presidente americano Donald Trump redarguisce il leader turco dal continuare l’operazione militare nel nord della Siria con toni non propriamente congeniali al linguaggio diplomatico.
“Caro Sig. Presidente,
Troviamo un accordo! Non vuole essere responsabile per il massacro di migliaia di persone, e io non voglio essere responsabile di aver distrutto l’economia turca. E lo farò. Le ho già dato un piccolo esempio in merito a Pastor Brunson. Ho lavorato duramente per risolvere alcuni dei suoi problemi. Non deluda il mondo. Può trovare un ottimo accordo. Il generale Mazloum è disponibile a negoziare con Lei, ed è disponibile a fare delle concessioni che non avrebbe mai fatto in passato. Le invio, in maniera confidenziale una copia della sua lettera appena ricevuta. La storia la ricorderà con favore se farà la cosa giusta e più umana. O la considererà per sempre come se fosse il diavolo se non farà accadere qualcosa di buono. Non faccia il duro. Non sia uno stupido. La chiamo dopo”.
Quella che ad una prima lettura sembra un fakenews per l’inusualità di modalità e contenuti per il mondo diplomatico, risulta invece confermata dalla stessa Casa Bianca.
Lo scopo di tale divulgazione potrebbe essere quello di aumentare la pressione mediatica sul presidente Erdogan attraverso la pubblicazione della lettera alla vigilia dell’incontro con la delegazione americana: nei giorni scorsi, gli Stati Uniti hanno iniziato una escalation che ha visto la Camera dei Rappresentanti votare compatta contro il ritiro americano dalla Siria, portando all’imposizione di sanzioni contro la Turchia e l’aumento dei dazi sull’acciaio turco. Le sanzioni sono state imposte a due ministeri turchi (quello della Difesa e quello dell’Energia) ed a importanti personalità politiche di Ankara.
Il testo della lettera di Trump fa riferimento ad una telefonata, sicuramente successiva a quella del 6 ottobre dalla quale il governo turco intuì di avere il via libera americano all’offensiva dopo il confronto telefonico tra i due presidenti: l’interpretazione turca della prima chiamata da Washington fu supportata anche dalla valanga di tweet dei giorni successivi in cui Trump sottolineava la necessità del ritiro americano. Nella parte conclusiva della lettera riscontriamo un’altra “anomalia diplomatica” nel riferimento ad una comunicazione confidenziale di Mazloum Kobani, il capo delle Forze democratiche siriane (Sdf), la coalizione militare guidata da curdi siriani: l’obbiettivo di tale rivelazione sembra essere quello di premere sul governo turco alla reale valutazione delle offerte che sono arrivate dagli avversari in campo.
Nel frattempo Il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, e il segretario di stato Usa, Mike Pompeo, sono in volo verso la Turchia con l’obiettivo di ottenere un immediato cessate il fuoco. Qualora i negoziati non dovessero ottenere l’esito sperato, il prossimo 13 novembre Erdogan è atteso a Washington per incontrare il presidente Trump. In queste ore di massacri, la speranza è forse l’ultima a morire.
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