La Libia affronta un ulteriore momento di instabilità, che va ad aggravare equilibri già delicati e precari: da ieri le truppe del generale Khalifa Haftar si sono messe in marcia verso la capitale Tripoli, sede del fragile governo guidato da Fayez al Serraj che controlla una piccola parte del territorio nord-occidentale libico e che è stato riconosciuto da Nazioni Unite e Italia. Non si sono registrati scontri armati fra le due fazioni, se non alcune scaramucce. Ma il timore è che la marcia si traduca in un nuovo fronte di scontri quando le truppe raggiungeranno i confini della città.
Le Nazioni Unite puntano a trovare una soluzione politica.
La marcia di Haftar avviene a dieci giorni dalla Conferenza Onu volta a risolvere la crisi libica.
Il punto è capire le reali intenzioni di Haftar. Il generale ha in mente uno scontro diretto per rovesciare il governo ufficiale? In questo caso si vedrebbero scendere in campo forze internazionali e la guerra genererebbe una nuova ondata migratoria che investirebbe in pieno l’Italia.
Oppure Haftar sta semplicemente alzando la posta per ottenere qualche concessione in più?
In ogni caso i venti di guerra agitano lo scacchiere e sparigliano una situazione già tesissima.
Haftar ha già conquistato il sud del Paese tra febbraio e marzo ed ora ha annunciato una “Operazione per la liberazione di Tripoli”.
E’ possibile che Haftar stia mostrando i muscoli per dimostrare di pesare più di chiunque altro nello scacchiere libico, così da accreditarsi come leader di riferimento per gli interlocutori internazionali.
Il generale ha diramato un annuncio per esortare i soldati regolari a unirsi alla sua marcia: “Eroi, l’ora è suonata, è venuto il momento” del “nostro appuntamento con la conquista. Oggi facciamo tremare la terra sotto i piedi degli ingiusti”. Sarà “salvo”, promette Haftar, solo “colui che depone le armi” e “che sventola bandiera bianca”.
Haftar aveva annunciato un attacco a Tripoli già nel 2015, attacco poi non verificatosi.
La Francia ha a lungo simpatizzato per Haftar, considerato l’attore più forte in gioco e l’unico capace di garantire interessi strategici francesi in Libia, fra cui il controllo di ricche aree petrolifere. Ma oggi i francesi negano di sostenere la marcia e rimandano alla dichiarazione congiunta firmata da USA, Emirati arabi uniti, Italia e Regno Unito nella quale si esortano “tutte le parti a scongiurare immediatamente le tensioni, che intralciano la prospettiva di mediazione politica delle Nazioni unite”.