Licenziamento per scarso rendimento: il lavoratore che mostra una scarsa produttività ora può essere messo alla porta. Esistono infatti alcuni parametri oggettivi, che consentono di valutare se la prestazione servita dal dipendente sia stata eseguita con diligenza e professionalità. Qualora il lavoratore si discosti più o meno nettamente da questi parametri, il gap che si evidenzia è indice di una non esatta esecuzione delle proprie mansioni. Se poi questo gap persiste per lungo tempo, il licenziamento si configura come legittimo.
A parlare di licenziamento per scarso rendimento del lavoratore è la Corte di Cassazione, in diverse sentenze. Nell’uso comune con il termine ‘rendimento’, si determina la misura con cui un soggetto ha portato a termine i propri compiti professionali, in altre parole è la risultante dell’attività prodotta dal dipendente in un determinato arco temporale.
Vien da sé dunque, che lo scarso rendimento è il frutto di una condotta del lavoratore non idonea, che quindi viola l’obbligo di diligenza. Tuttavia non rimane un’impresa facile giuridicamente né definire il concetto di diligenza, né individuare quei fattori che determinano lo scarso rendimento.
A tal proposito, come riportato da Il Sole 24 Ore, la giurisprudenza ha identificato dei parametri che sono essi stessi la prova dello scarso rendimento del lavoratore, indici che rendono quindi più facile licenziare un dipendente.
Il risultato che l’azienda si aspetta dal lavoratore deve essere inferiore alla media raggiunta dalle prestazioni dei lavoratori aventi medesima qualifica e mansione, indipendentemente dagli obiettivi minimi fissati (Cassazione, sez. lavoro, sentenze 16582/2015 e 20050/2009).
Il gap tra il lavoratore con scarso rendimento e gli altri deve essere notevole, deve pertanto esistere una sproporzione rilevante. Inoltre lo scarso rendimento deve essere attribuibile al lavoratore, si devono quindi escludere fattori esterni quali ad esempio problematiche organizzative dell’azienda stessa.
A questo punto, prima di poter procedere con il licenziamento per scarso rendimento, bisogna valutare ancora un altro parametro: il fattore temporale, ovvero è fondamentale comprendere se lo scarso rendimento del dipendente è riferibile a un singolo episodio (o a sporadici casi), o a un arco temporale più ampio. E’ infatti necessario, per far sì che si possa licenziare, che la condotta del lavoratore sia ricorrente in un periodo temporale significativo. Se il comportamento diviene abituale è palesemente sintomo di una ‘progressiva disaffezione al lavoro’.
A determinare la scarsa produttività entra in gioco anche la reiterazione delle assenze. A tal proposito si legge in una sentenza della Cassazione: ‘…Queste ultime, infatti, secondo una parte della giurisprudenza di legittimità e di merito possono integrare la fattispecie dello scarso rendimento allorché le stesse, pur se incolpevoli, rendano la prestazione non più utile per il datore di lavoro, incidendo negativamente sulla produzione aziendale e sulle esigenze organizzative e funzionali dell’impresa (Cassazione, sentenza 4 settembre 2014, n. 18678; tribunale Milano, sezione lavoro, sentenza 19 gennaio 2015, n. 1341; Tribunale Milano, sezione lavoro, sentenza 19 settembre 2015 n. 26212)’.
In conclusione, per poter dar seguito a un licenziamento per scarso rendimento, è il datore di lavoro che deve dimostrare la sussistenza dei parametri sopra riportati.
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