Dopo il primo incontro in via ufficiosa con Emmanuel Macron e i colloqui telefonici sia con il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e degli Stati Uniti, Joe Biden, Giorgia Meloni, prima presidentessa del Consiglio donna della storia della Repubblica, domani farà il suo debutto ufficiale in campo europeo. La leader di Fratelli d’Italia incontrerà a Bruxelles la presidentessa del Parlamento europea, Roberta Metsola, quella della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e Charles Michel, il numero uno del Consiglio dell’Unione europea.
Ma cosa pensa la premier dell’Europa? Le anticipazioni non di quello che dirà ai vertici dell’Ue, ma della sua idea sono state anticipate nel nuovo libro di Bruno Vespa “La grande tempesta – Mussolini, la guerra civile. Putin, il ricatto energetico. La Nazione di Giorgia Meloni“, in cui ha parlato anche di quello che è il piano del suo esecutivo.
Le idee di Meloni sull’Europa (alla vigilia del suo debutto in Unione europea)
Giorgia Meloni, la (il) presidentessa del Consiglio, domani farà il suo debutto ufficiale in Unione europea. A Bruxelles, infatti, la leader di Fratelli d’Italia avrà modo di incontrare per la prima volta nelle vesti di capo del governo italiano sia la presidentessa del Parlamento europeo, Roberta Metsola, sia la presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sia il presidente del Consiglio dell’Ue, Charles Michel.
Cosa dirà loro ancora non si sa, un’idea di quello che vorrebbe per l’Europa la leader di Fratelli d’Italia ce l’ha sicuro, e l’ha esposta a Bruno Vespa nel nuovo libro, in cui un’intera parte è dedicata proprio alla prima premier donna della storia della Repubblica italiana. Un’Europa confederale è quella che anima i suoi piani, “in cui viga il principio di sussidarietà” e in cui Bruxelles non deve fare quello che Roma farebbe meglio, ma in cui l’Italia non riuscirebbe da sola, perché “non si è competitivi”.
Regole di massima, insomma, già ampiamente illustrate nel corso degli anni e che non ha intenzione di cambiare. Anche perché, ha detto Meloni al conduttore di Porta a Porta, “abbiamo avuto un’Europa invasiva nelle piccole cose e assente nelle grandi materie”. Nonostante questo, però, nessun arretramento nella politica, che definirsi atlantisti e non europeisti è “francamente un’idiozia”, ha spiegato ancora.
“Oggi è tutto estremamente ideologico. Passa la vulgata che sei europeista se sei federalista. Il federalismo europeo accentra, mentre il federalismo nazionale decentra”, e quindi qualcosa non sta funzionando. E non ha funzionato neanche quando è arrivato il Covid, per esempio. In quell’occasione, ha detto Meloni, “ci siamo accorti di aver consegnato alla Cina la produzione di microchip, che ha deciso ovviamente di privilegiare il mercato interno e noi siamo rimasti all’asciutto”. Da là, la Commissione ha stanziato dei soldi e anche in Europa si è iniziata la produzione dei microchip. Il punto è che quando loro ponevano il problema del controllo delle catene di approvvigionamento, venivano anche accusati di essere autarchici, e non va bene.
In politica estera, poi, ha continuato, non siamo uniti. “Sulla Libia siamo andati in ordine sparso e la stessa è accaduta sulla crisi ucraina”, mentre sulle questioni gender sì. Per cui ci deve essere un cambiamento di rotta, anche (forse) nel far prevalere il diritto nazionale su quello europeo – e nonostante l’articolo 117 della Costituzione parta da un altro presupposto. Lei ha citato cita, invece, l’articolo 11 che consente “in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni”. In altra maniera, insomma, non è poi così giusto.
Anche sui migranti, per dire, si deve cambiare approccio, cosa che già si sta vedendo nei primi giorni del suo governo. Pure qua, però, il problema non deve essere visto come solo italiano e di ordine pubblico, perché è qualcosa che riguarda tutti e “l’unico modo per risolverlo è far parlare l’Africa con l’Europa”, ed è per questo che lei per prima, pure nel suo discorso per ottenere la fiducia dei due rami del Parlamento, ha parlato di un piano Mattei, rifacendosi “al grande stratega fondatore dell’Eni che riscattò i paesi produttori di petrolio dal colonialismo delle grandi compagnie americane”.
Nel concreto, comunque, si dovrebbe ripristinare l’operazione Sophia, nata nel 2015, mettendo in moto anche la terza fase, quello sul blocco navale che servirebbe a stoppare il contrabbando di esseri umani. Tutti, infatti, si sentono in dovere di aiutare una barca in difficoltà, salvando chi è a bordo, non è giusto, però, fare da spola tra l’Italia e le coste africane “per traghettare migranti” perché violerebbe il diritto del mare e la legislazione internazionale. “Se poi una nave Ong batte bandiera, poniamo, tedesca – ha concluso sull’argomento la premier – i casi sono due: o la Germania la riconosce e se ne fa carico o quella diventa una nave pirata”.
Tutti i piani di Meloni per il governo (e non solo)
Meloni nella sua lunga intervista con Vespa si è concentrata anche su altro. Sui sondaggi in primis: il suo obiettivo, infatti, è riuscire dove altri hanno fallito, ovvero far crescere il prodotto interno lordo, senza tener conto delle rilevazioni. Perché, ha spiegato, “tra cinque anni io non voglio essere rieletta a ogni costo. Se non hai niente da perdere, puoi tirare di più la corda. Per fare le cose devi rompere gli schemi; se vivi nel terrore di non essere rieletta, sei destinata a non combinare niente”.
Cosa, però? Sull’aborto, e quindi sulla legge 194, e sui diritti civili non vuole cambiare lo status quo. “In tutta la mia vita non ho mai detto che avrei messo mano a questa legge”, piuttosto la vorrebbe applicare.
E dovrà anche trovare una soluzione al caro bollette. I pochi soldi a disposizione per la legge di bilancio, infatti, serviranno proprio a coprire il taglio per chi è in difficoltà. “Dobbiamo vedere come superare l’inverno senza che le bollette esplodano, sperando di tranquillizzarci da marzo in poi”. E ancora un pensiero all’Europa, che se non dovesse riuscire nel tentativo di disaccoppiare il costo del gas da quello dell’energia elettrica, “che è fonte di grandi speculazioni, lo faremo noi”.
Ma forse ci sarà spazio anche per altro, anzi sicuramente: per esempio per la flat tax, ovvero portare la tassazione al 15% sugli aumenti di reddito e il passaggio da 65mila a 100mila della quota di fatturato delle partita Iva, tassate anch’esso al 15%”, ha risposto.
Quanto al reddito di cittadinanza, l’ultimo tema di cui ha parlato, cambierà “garantendo un dignitoso sussidio a chi realmente non ha la possibilità di lavorare e, in alcuni casi, migliorandolo”. Per gli altri, invece, si attingerà al fondo sociale europeo “per avviare al lavoro chi può attraverso corsi di formazione retribuita”, ha concluso Meloni.