L’avv. Nicodemo Gentile e la consulente psicologa Gabriella Marano ipotizzano anche la presenza di più aggressori.
Le conclusioni a cui sono arrivati gli inquirenti, invece, è che la donna si sia avvolta la testa in due sacchi di plastica e sarebbe morta asfissiata.
Il giallo senza fine della Resinovich
La donna di Trieste era scomparsa il passato 14 di dicembre ed è stata ritrovata morta dopo 5 di gennaio nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico del rione San Giovanni, a poche centinaia di metri da casa sua.
Secondo le ricostruzioni degli investigatori e dei consulenti della Procura l’ipotesi è che la donna si sia suicidata pochi giorni prima del ritrovamento del suo corpo.
Senza spiegare dove avrebbe passato le settimane mentre era ancora in vita fino al giorno ipotizzato della sua morte, i primi di gennaio, gli inquirenti descrivono la supposta dinamica del suicidio. La Resinovich si sarebbe chiusa la testa in due sacchetti di plastica. Poi, avrebbe indossato altri due sacchi più grandi per rinchiudere tutto il suo corpo e, finalmente, auto-provocarsi un’asfissia mortale.
Questa ipotesi è stata fortemente criticata dal parere dei consulenti che assistono Sergio Resinovich, il fratello della vittima. Gli avvocati Gentile e Marano, infatti, sono convinti che la donna sia stata sorpresa con una visita o accompagnata quella mattina del 14 dicembre del 2021 da uno o più conoscenti. La tesi dei consulenti è che la donna, al culmine di una lite, sia stata aggredita a botte e in qualche maniera soffocata. Escludono perciò categoricamente l’ipotesi di un suicidio.
Quei dettagli sul corpo di Liliana che lasciano dubbi
I rappresentanti di Sergio Resinovich hanno annunciato di aver nominato al prof. Vittorio Fineschi dell’Università di Roma come nuovo medico legale.
L’incarico al Prof. Fineschi ha l’obiettivo di dimostrare che la tesi del suicidio è un errore basato sulla manipolazione della scena del ritrovamento e sul corpo di Liliana da parte di chi l’ha uccisa.
Sempre secondo l’ipotesi dell’avv Gentile e della psicologa Marano, il periodo intercorso tra la scomparsa della donna e il ritrovamento del suo cadavere sarebbe stato usato dall’assassino (o dagli assassini) per “ricomporre” la salma e inscenare il suicidio.
Tra i dettagli portati alla luce a supporto di questa tesi ci sarebbero “la posizione sul polso sbagliato dell’orologio di Liliana e con la corona rivolta al contrario, l’anomalo contenuto della sua borsa e l’illogico uso dei sacchi di plastica”.