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L’incontro tra Elvis e Nixon: 52 anni dopo ecco i motivi reali

Oggi è l’anniversario del celebre incontro tra Elvis e l’allora presidente degli Stati Uniti Nixon, divenuto talmente celebre che ancora oggi, più di 50 anni dopo, il loro scatto insieme è tra i più richiesti in assoluto tra quelli contenuti negli archivi nazionali statunitensi.

Elvis e Nixon – Nanopress

Esattamente 52 anni fa Elvis si receva alla Casa Bianca per poter parlare con l’allora presidente Nixon. Sul loro incontro si è detto letteralmente di tutto, ma ecco la verità sul contenuto e soprattutto sul motivo.

Elvis incontra Nixon

21 dicembre 1970. Elvis si reca alla Casa Bianca per conoscere di persona l’allora presidente Nixon. La loro foto fa il giro del mondo, sdegnando un’intera nazione (ma potremmo dire un intero Pianeta). Circa sei anni fa, quindi ben 46 dopo l’evento, Liza Johnson ha deciso di costruire su questa (triste) vicenda un film dal chiarissimo titolo, Elvis & Nixon. Ma attenzione: la realtà potrebbe essere più romanzata ancora delle pellicola.

Torniamo indietro, al ’70. Descritti dai più come quasi due maschere, due caricature di sé stessi, quello per entrambi fu il momento ante-decadimento assoluto, forse l’ultimo momento di “gloria” – ammesso che di gloria si possa parlare – delle loro carriere. Tra una digressione sui Beatles che partendo da Liverpool avrebbero deviato le menti americane, una parentesi su Woodstock che sarebbe stato solo “un pretesto per drogarsi, stare nudi e rotolare nel fango”, un confronto tra le loro rispettive dimore, la Casa Bianca e Graceland, l’incontro iniziò, raggiunse presto il suo culmine e finì, restando però sempre indimenticato e indimenticabile.

Elvis e Nixon – Nanopress

Del contenuto dei loro discorsi si è parlato spessissimo negli anni, ma è la genesi il reale punto interrogativo. Cosa spinse un artista di fama mondiale, che stava scrivendo le pagine della storia della musica internazionale, a incontrare il presidente degli Stati Uniti?

Il contenuto dell’incontro e la genesi

21 dicembre 1970, Elvis incontra Nixon. Eravamo rimasti qui. Il cantante, circa un paio di anni prima, era tornato finalmente a calcare i palchi di tutto il mondo dopo aver trascorso circa un decennio praticamente a tempio pieno nel mondo del cinema. A partire dal comeback special del ’68 la sua carriera stava andando avanti tra un sold out e l’altro registrati praticamente ovunque. Elvis era sulla cresta dell’onda, ammettiamolo, e il suo declino nel ’70 appariva più lontano che mai (anche se di fatto risale a pochissimi anni dopo).

Atterra così a Washington di mattina, partendo da Los Angeles. Il viaggio è lungo e lui, forse per ingannare l’attesa, forse semplicemente per arrivare preparato al meglio, lo trascorre scrivendo una lunga lettera sulla carta intestata della American Airlines. A chi è indirizzata? Al presidente degli Stati Uniti ovviamente. In quelle righe traspare tutta la sua preoccupazione verso le droghe, l’abuso di sostanze stupefacenti, il lavaggio del cervello fatto a detta sua dai comunisti alla popolazione. La sua richiesta quindi era chiara: poter essere coinvolto nelle campagne della Casa Bianca contro la droga.

Presley atterra, vestito con un completo a collo alto, con tanto di occhiali da sole, cinturone e mantello, arriva ai cancelli della Casa Bianca e, con sommo stupore di tutti i presenti, tira fuori un’arma, una prestigiosa Colt 45 risalente alla Seconda Guerra Mondiale. Quello è il suo regalo al Presidente, che però è finalizzato solo ad uno scopo: ottenere il distintivo speciale del Bureau Of Narcotics and Dangerous Drugs (da aggiungere alla sua collezione) e la nomina di agente federale.

La sicurezza è allibita: non capita tutti i giorni di trovarsi di fronte a un artista del calibro di Elvis, armato di pistola e lettera in cui chiede di combattere l’abuso di sostanze stupefacenti, pronto quindi a servire il Paese e desideroso di incontrare il Presidente degli Stati Uniti. Nixon accetta di incontrarlo e così organizza un meeting alle 12:30 nello Studio Ovale.

Ad oggi non vi è alcuna relazione ufficiale che attesti il contenuto preciso dell’incontro, ma abbiamo una nota scritta da Egil Krogh, avvocato assistente del Presidente, che afferma senza troppi giri di parole che il Presidente ha voluto vedere Elvis e parlare con Presley per via della sua capacità comunicativa e con la speranza che, attraverso una figura come la sua, avrebbe potuto attirare a sé l’elettorato più giovane. Sappiamo anche che Nixon alla fine ha voluto accontentare Elvis, consegnandogli un distintivo onorario (che lui aveva subito pensato fosse quello ufficiale che aveva espressamente richiesto).

Alla fine i due si salutano e la loro foto insieme è rimasta letteralmente nella storia degli Stati Uniti (e non solo), tanto che ad oggi è la più richiesta tra quelle conservate negli Archivi Nazionali.

Ecco che quindi adesso appare tutto chiaro: il puzzle è completo e i motivi di questo incontro sono ormai palesi. In quegli anni Presley aveva sviluppato una passione sfrenata per armi, distintivi e altri oggetti di carattere militare. Ma Elvis, il re del rock’n’roll, voleva di più: in quello che alcuni hanno definito un delirio di onnipotenza, altri semplicemente un chiaro sintomo di patriottismo sfrenato, voleva ergersi a portatore dei valori, quelli sani, in America e perché fosse chiaro a tutti doveva in primis allontanare i giovani da droga, alcol e trasgressione.

Ecco quindi perché volle incontrare Nixon: voleva semplicemente ottenere il tesserino di “agente speciale aggiunto”, infiltrarsi come spia tra i movimenti hippie, che a detta sua avrebbero nascosto ingenti quantità di droga e avrebbero quindi ostacolato il suo cammino alla sua totale distruzione. Questo era tra l’altro un primo punto in comune con l’allora presidente: anche lui non aveva mai visto di buon occhio i cosiddetti “figli dei fiori”, ma nonostante ciò all’inizio non fu affatto contento all’idea di ricevere l’artista. A convincerlo furono la moglie e le figlie e, come abbiamo anticipato, la consapevolezza che in questo modo avrebbe potuto ottenere un riscontro positivo e magari convincere anche i più giovani a votarlo.

Eppure, se oggi ritorniamo indietro nel tempo con la mente, ci rendiamo presto conto che quello davvero per entrambi i personaggi fu uno degli ultimi “eventi” pubblici. Pochissimi anni dopo iniziò il lento, progressivo e triste declino del cantante, culminato poi con la sua morte nel ’77, meno di 7 anni dopo quel celebre incontro. Nixon solo un paio di anni dopo – nel ’72 precisamente – si dimise in seguito allo scandalo Watergate, innescato dalla scoperta di alcune intercettazioni illegali effettuate nel quartier generale del Comitato nazionale democratico, da parte di persone appartenenti sia al Partito Repubblicano che al “Comitato per la rielezione” proprio del presidente Nixon.

Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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