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Sport

L’incubo di Cristiano Ronaldo è diventato realtà anche nel Portogallo

Cristiano Ronaldo, sempre lui. Ovunque, ci verrebbe da dire. Sì, perché se la mobilità e l’incisività non possono essere quelli di solo qualche anno fa, sicuramente l’appeal mediatico non è cambiato e non cambia perché resta uno dei migliori della storia. Se non vi piace quanto Messi, non potete comunque negare i suoi numeri straordinari, il suo istinto da goleador puro, la sua capacità incredibile di fare la differenza. O forse questo è solo un ricordo, perché anche il Portogallo, anche se in misura minore, si sta verificando ciò che si era già verificato al Manchester United. Con il finale peggiore possibile. E stavolta come andranno le cose?

Cristiano Ronaldo – Nanopress.it

Il Portogallo doveva rappresentare un’occasione di riscatto per Cristiano Ronaldo e, invece, sta diventando per i tifosi di tutto il mondo la conferma che non è più lui e che, con ogni probabilità, non tornerà più quello di un tempo. Perché la carta d’identità conta e si fa sentire su un corpo che non può più essere lo stesso di prima. E conta anche tutto il resto, la tattica ad esempio. Che si è evoluta pure quella e Cristiano ha avuto una metamorfosi in senso opposto. E, quindi, come il Portogallo festeggia, CR7 potrebbe avere comunque un po’ il broncio. Che lui di stare in panchina non ne ha proprio mai voglia.

Cristiano Ronaldo è finito in disparte anche con il Portogallo: due indizi fanno una prova

Basta nominarlo per percepire l’alone della sua grandezza: Cristiano Ronaldo. È l’uomo al mondo più seguito su Instagram, è un fenomeno in campo, è la stella talmente luminosa che la scia si propaga anche fuori dal campo e travolge tutto ciò che si pone sulla sua strada. È così da sempre, da quando al Manchester United e poi al Real Madrid ha dimostrato di non essere come tutti gli altri. Semplicemente letale, per il numero di gol realizzate e il peso delle sue giocate. Di quelle che in pochi potrebbero davvero emulare.

Cristiano Ronaldo – Nanopress.it

Poi, però, qualcosa è cambiato e a rendersene conto per primo probabilmente è stato Florentino Perez. Il gioco di Ronaldo è mutato profondamente: il dribbling non è più fulminante, non è più neanche la sua priorità. Man mano è finito sempre più in secondo piano nel suo stile e ha lasciato il passo alla volontà di andare in rete. Mossa che in molti hanno sottolineato fosse per affermare sempre di più se stesso e il suo splendore, ma che in realtà è stato un naturale cambiamento dovuto al fisico. Che non si può restare a quei ritmi per sempre. Essenzialmente, ora Ronaldo cerca di occupare l’area da rapace puro, prima dall’esterno, ora partendo un po’ più indietro, ma centrale. E per un po’ ha anche funzionato, pensate ad esempio agli ultimi scampoli con il Real Madrid e al primo anno alla Juventus.

Poi, però, è diventato troppo poco, soprattutto per uno come lui. Nei momenti di difficoltà, sembra quasi che Ronaldo preferisca estraniarsi dal gioco ed è sempre più complicato coinvolgerlo nella manovra in forma costruttiva, non essendo né un pivot puro, né un esterno pronto a saltare continuamente l’uomo. Più sono passati gli anni, più Ronaldo è diventato di fatti un problema più che una risorsa. E questo semplicemente perché uno come lui, con un ingaggio e una storia mostruosi, difficilmente può accettare di sedersi in panchina e farlo di buon grado.

Negli ultimi tempi, però, è una triste realtà a cui dovrà abituarsi. Al Manchester United ne ha avuto prova più concreta. Già nella scorsa stagione, ci sono stati diversi scricchiolii con i Red Devils, ma con l’inizio del progetto di Erik ten Hag, le cose sono letteralmente precipitate. Il tecnico non ha mai fatto mistero, nei fatti, che CR7 partisse indietro nelle sue gerarchie o comunque che non fosse centrale come il portoghese si aspettava. Ronaldo ha iniziato a mal digerire la cosa, fino alla rottura definitiva, poco prima di iniziare l’avventura Mondiale con il Portogallo.

Una volta a casa, però, si è trovato sommerso da due onori e oneri piuttosto pesanti: la volontà di entrare nella storia e di farlo dalla porta principale, tentando una volta per tutte di dimostrare, almeno dal suo punto di vista, che è lui il vero goat. È difficile, però, farlo in queste condizioni e in questo stato di forma. Essenzialmente perché Ronaldo, proprio quando contava di più, e cioè in corrispondenza delle sfide secche, dagli ottavi di finale, è stato lasciato in panchina in favore del nuovo che avanza, di quel Goncalo Ramos che si è subito presentato con una tripletta e ha fatto girare meglio tutta la squadra.

Il confronto con la copia sbiadita di CR7 è stato veramente impietoso, e ci dispiace molto per la meravigliosa storia del fenomeno portoghese, e precisamente di Madeira. E rischia di esserlo anche sul calciomercato. Visto che l’ex Real Madrid, ormai da mesi, cerca una nuova sistemazione che gli dia un ruolo di primo piano in un club che gioca la Champions League e ora si trova addirittura free agent e con l’Al-Nassr in pressing, e invece il Benfica sta già ridendo sotto il tavolo per la cifra che potrebbe incassare da Ramos, anche superiore ai 100 milioni. Non è paragonabile al vero Ronaldo, o forse al vecchio Ronaldo, ma è semplicemente il nuovo che avanza e forse in questo caso e con quelle qualità da bomber vero, basta anche così. Ma di certo non per Ronaldo.

Il Portogallo come il Manchester United: Cristiano, e ora che succede?

Cristiano Ronaldo in panchina – Nanopress.it

Insomma, quello che si è verificato al Manchester United con Rashford, ora sta succedendo anche nel Portogallo ma con Ramos. Due indizi che fanno una prova e fanno capire che forse il problema è anche e soprattutto di Ronaldo. Nell’accettarsi diverso, nel non riconoscere il fatto di non essere il vero epicentro del gioco degli iberici e prima dei Red Devils.

Dati di fatto che, però, nei mesi sono stati evidenti a chiunque lo vedesse in campo. Non a Georgina e alla sorella del centravanti svincolato, che non hanno affatto preso bene l’ultima esclusione per mano di Santos. Nelle prime partite, la sua presenza è stata un evento. Le lacrime all’inno, il primo gol realizzato, qualche spunto di qualità. Semplicemente, continua a monopolizzare l’attenzione del mondo, ma poi? I veri acuti sono stati ben pochi. Voleva appropriarsi del gol di Bruno Fernandes, ma non ce l’ha fatta. Ha cercato qualche giocata delle sue, ma senza riuscire veramente a stupire.

Soprattutto, la sensazione è che non riuscisse mai veramente a capitalizzare tutta la mole di gioco creata dai compagni alle sue spalle, soprattutto dai terzini e dai centrocampisti portoghesi. Tempo e palcoscenici per fare bene ce ne sono ancora, ma con che ruolo? Del subentrante? Non fa proprio per lui, anche perché dall’altra parte del tabellone c’è il rivale di sempre. Quel Lionel Messi che invece per l’Argentina è intoccabile, è ancora l’epicentro assoluto e che il PSG si gode, da titolare assoluto.

Se agli arbori dei Mondiali doveva essere una sfida tra loro due, al loro ultimo ballo nella principale competizione per Nazionali, ora il paragone è già in partenza squalificato. Anche se il Portogallo dovesse riuscire a tingersi d’oro, sarebbe davvero lui il protagonista della vittoria? Viceversa, se vincesse l’Argentina, a quel punto, sarebbe la vittoria di Messi, sempre e comunque. Forse è questo che non sopporta Ronaldo, nelle sembianze di un re delegittimato costretto a vestire i panni di un cittadino comune, così all’improvviso. E non sopporta una vita che non lo vede come quell’entità speciale, anche un po’ sovrannaturale scesa tra gli uomini a donare vittorie e spettacolo.

Ronaldo non ha accettato la sua normalizzazione, dovuta fisico e anche al calciomercato. A dinamiche che l’hanno fatto scendere di botto nelle gerarchie, senza chiedere il permesso. E ora la realtà gli è arrivata dritta nel muso senza appello. Perché CR7 conta, come tutte le chiacchiere che genera, ma il Portogallo o il club in potrebbe giocare conta comunque di più. Per forza di cose. Cristiano, a questo punto, non ha alternative se non adattarsi alla nuova realtà di cui fa parte e tentare di dare comunque il suo contributo.

Anche se contro il Marocco non dovesse partire dal primo minuto, in ogni caso potrebbe tentare di risolvere le cose in corsa, se ce ne fosse davvero bisogno. Lasciare il suo marchio, tornare a stupire e, chissà, riacquisire la centralità persa. Se, invece, dovessimo vedere ancora quel campione un po’ imbronciato del Manchester United, viziato e poco costruttivo – nervoso soprattutto – rischia di rovinare una grandissima occasione per tutto il suo Paese, quella di essere i numeri uno al mondo, tutti insieme e non solo perché c’è un certo Ronaldo in squadra. Vedendolo dalla panchina conterebbe un po’ di meno, e questo non lo possiamo sicuramente negare – almeno a titolo personale – ma la gioia dovrebbe essere la stessa. O dovrebbe esserlo. Senza che l’ossessione per Messi e per la storia riesca a rovinare la bellezza di trionfare e farlo per il proprio popolo. Ronaldo, non stare a sentire le critiche, e non perderla quest’occasione perché il Portogallo non sarà più dipendente da te, ma di te ha bisogno comunque. E non di prime donne.

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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