L’inflazione pesa molto sulle aziende italiane e quindi anche su un settore quasi simbolico del nostro Paese, quello vinicolo.
Sono molte le realtà in Italia che lavorano questo prodotto tipico di tante regioni ma purtroppo l’inflazione sta affossando le vendite del vino con un impatto molto negativo che ha caratterizzato tutto il 2022 ma anche la prima parte del 2023.
Se parliamo dell’Italia dal punto di vista enogastronomico sono tante le specialità territoriali con le diverse certificazioni qualitative, indice di prodotti genuini e lavorati a chilometro 0 senza aggiunta di sostanze dannose. Fra queste ci sono i vini, eccellenza conosciuta in tutto il mondo, pensiamo ad esempio al Brunello di Montalcino, al Chianti, al Franciacorta, al Barolo, ai Vini delle Langhe, all’Amarone della Valpolicella e la lista è molto lunga.
Purtroppo l’inflazione, ovvero l’aumento del livello medio generale dei prezzi, sta facendo molti danni anche in nel settore vinicolo. Se guardiamo i dati del 2022 sono disastrosi così come era stato evidenziato già nel mese di novembre dagli esperti, ma anche i primi mesi del 2023 hanno registrato flessioni negative del 6,2% per il vino e dello 0,5% per le bollicine.
I risultati sono emersi dall’analisi effettuata dalla società Circana, che analizza i comportamenti dei consumatori, questa è stata poi riportata sul sito ufficiale del Gambero Rosso.
Il comparto del vino ha segnato un esponenziale aumento dei prezzi di circa il 7%, determinando un incremento dei valori delle vendite, che comunque sono ingannevoli a causa dell’inflazione.
Nell’ultimo periodo non è possibile nemmeno vendere prodotti in promozione proprio perché i prezzi sono ormai alle stelle, come fra l’altro in diversi altri settori gastronomici. L’allarme riguarda sia la vendita online che quella Gdo e nei punti vendita poiché chiaramente i consumatori evitano di acquistare o comunque lo fanno in maniera ridotta. Ancora, c’è chi passa a brand più economici accettando una minore qualità ma a un prezzo più contenuto per poterlo sostenere con maggiore serenità.
Le abitudini di acquisto cambiamo e il vino di qualità sta diventando sempre di più un prodotto da regalare o acquistare per occasioni importanti, preferendo quello da discount per il consumo abituale. In effetti non sono toccati dai dati allarmanti i Discount, che invece vantano risultato molto buoni a fronte dell’inflazione.
In questo contesto molto vario ci sono stati cali nelle vendite anche nell’online e per quanto riguarda le bottiglie di vino a Marca del distributore, di solito meno costose delle altre. Questo segmento in particolare ha registrato un riduzione dei quantitativi pari al 9% per il vino e al 5% per le bollicine, con fatturati in calo. Insomma alla fine non si è salvato nessuno.
Ormai comprare del buon vino sembra quasi essere diventato un lusso, al contrario quando era agli albori, la tradizione veniva portata avanti a livello familiare dai nuclei più modesti.
Il vino rappresenta nella tradizione italiana una componente importante e irrinunciabile, nonostante la società dei consumi stia cambiando anche nell’ambito dei prodotti alcolici. Si tende a rinunciare sempre di più al vino a favore di altre bevande ma questo nel nostro Paese è considerato anche un collante familiare che riunisce nelle tavole e non solo un qualcosa che accompagna un pasto.
Nonostante i dati siano negativi non significa che non si consumi più vino, teniamo conto che la nostra cultura si fonda su questa bevanda speciale in grado di competere con le grandi potenze mondiali del settore, grazie a una tradizione culturale e sociale senza eguali.
I vini attuali sono frutto di un processo evolutivo importante che ha portato il nostro Paese a essere uno dei maggiori produttori mondiali di questa bevanda e una potenza nel settore vinicolo.
Due grandi civiltà antiche hanno contribuito a creare le basi per la cultura italica del vino, ovvero quella greca e quella romana, che fra l’altro lo consideravano un’entità di incredibile valore, tanto da dedicargli una divinità e delle feste apposite. Queste erano dette Baccanali, in onore appunto di Bacco o Dioniso, ed erano il momento di maggiore libertà di espressione da ogni punto di vista.
Da quelle epoche ormai lontane fino ad oggi, ci sono stati processi evolutivi che hanno cambiato il modo di produrre il vino ma non il piacere di riunirsi intorno a una bottiglia o di bere un calice fra amici. La tradizione si è un po’ persa per fare largo a quella del cocktail, basti pensare che dai 100 litri consumati all’anno nel 1970, si è passati a poco più di 40 nel corso dei decenni successivi. Forse anche i dati riportati oggi sono il motivo di questa diminuzione.
La tradizione vinicola interessa e lega tante famiglie italiane che da generazioni si sono dedicate alle diverse fasi produttive in un processo lavorativo che ha creato una forte identità. Il vino è un collante anche in questo senso, perché ha scritto in molti casi una storia familiare italiana che si tramanda negli anni senza perdere le antiche tradizioni ma abbracciando le nuove e moderne tecniche che non tolgono comunque la genuinità al prodotto.
Consumare vino pesa sempre di più per le tasche degli italiani ma siamo certi che ripercorrendo la storia di questa tradizione molti avranno sorriso pensando a quanto è bello farlo insieme a tutta la famiglia, magari proprio producendolo personalmente.
In pochi passaggi, partendo dalla vendemmia fra luglio e settembre e arrivando alla maturazione finale, nasce un prodotto tipico delle nostre terre, che gli antenati curavano personalmente in ogni fase. Oggi molto è svolto dalle macchine ma è chiaro che per avere un vino pregiato c’è bisogno ancora dell’uomo che seleziona i grappoli migliori.
Dopo la vendemmia si passa alla pigiatura, un altro processo che nel corso degli anni è cambiato molto e di certo ora non è come lo eseguivano i nostri nonni. Era considerata una vera festa perché i cittadini delle piccole realtà di campagna la eseguivano direttamente con i piedi, oggi invece la tecnologia consente di garantire l’80% della polpa, il 15% di bucce e il 5% di vinaccioli, un sistema molto più accurato dal punto di vista della produzione, anche se meno importante a livello sociale.
Abbiamo poi la fermentazione, ovvero la fase cruciale che permette di ottenere la giusta gradazione di alcol per mezzo di un processo chimico che prevede l’aggiunta di zucchero al prodotto. In base alla tipologia di vino il processo, detto anche vinificazione, dura per periodi diversi e viene effettuato con trattamenti differenti.
C’è poi la svinatura dove si separano le diverse componenti per evitare danneggiamenti al prodotto finale e infine la maturazione all’interno delle botti e l’affinamento che è la fase finale. Da questo momento il vino viene immesso nel mercato di riferimento, un mercato che abbiamo visto essere molto sofferente in questo settore che invece è una vera bandiera dei nostri territori, variegati e genuini, capaci di mantenere il sapore di una volta affiancando però le tecniche produttive con le moderne tecnologie.
Il vino made in Italy viene esportato in tutto il mondo e il più richiesto è il Lambrusco, tipico della Pianura Padana nelle zone di Modena, Reggio Emilia, Mantova e Parma. Tuttavia ce ne sono altri molto più antichi, i più datati sono il Greco Bianco Doc, le cui prime tracce di viti si hanno già nel VII secolo a.C., e il Moscato di Siracusa.
Purtroppo di fronte a inflazione, rallentamenti economici, costi energetici e tensioni internazionali come la guerra in Ucraina, anche le importazioni stanno rallentando. Speriamo davvero che questo marchio di fabbrica prettamente italiano possa rifiorire nuovamente per dare slancio all’economia del Paese ma anche per proseguire un’antichissima tradizione.
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