L’INPS nega la pensione a questa categoria di lavoratori: molti non lo sanno neanche

L’INPS nega la pensione ad una categoria specifica di lavoratrici. Vediamo qual è e perché.

Pensione negata
Pensione negata – Nanopress.it

Le lavoratrici ignare non sanno che, una volta terminati gli anni di lavoro, probabilmente l’INPS nega la pensione a loro!

INPS nega la pensione: chi non la riceverà

Alla pensione si può accedere dopo aver raggiunto una particolare età anagrafica e dopo aver versato dei contributi. Tuttavia, alcune categorie di lavoratrici potrebbero vedersi negare la pensione. Ciò potrebbe accadere perché tali soggetti hanno scelto di beneficiare dell’Opzione Donna, una misura che permetterebbe loro di poter accedere in modo preventivo alla pensione. Ma andiamo con ordine.

Le possibilità di andare in pensione prima sono diverse e riguardano alcune categorie di lavoratori. La pensione anticipata è un’opzione data dal Governo, ad esempio, ai lavoratori che hanno svolto delle professioni considerate usuranti.

La Legge di Bilancio, entrata in vigore sin dal primo gennaio 2023, ha in previsione uno schema pensionistico per chi vuole andare in pensione prima. Si tratta della misura denominata Quota 103.

Essa prevede che si possa terminare il lavoro con 41 anni di contributi e 62 anni d’età. L’Opzione donna, poi, è stata riconfermata. Tuttavia, se dovessero mancare alcuni requisiti importanti, questa misura non potrebbe essere valida per alcune categorie di lavoratrici.

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Inps – nanopress.it

Opzione donna: attenzione ai requisiti

L’INPS ha diramato la circolare n.25/2023 in cui ha precisato i dettagli per poter beneficiare dell’Opzione donna. Potranno accedervi le donne che, entro il 31 dicembre 2022 hanno maturato 35 anni di contributi e 60 anni d’età. L’età si riduce di un anno per ciascun figlio nel massimo di due anni.

Tuttavia, questi requisiti non bastano. Le lavoratrici, infatti, possono richiedere l’Opzione donna soltanto se:

  • quando richiedono la pensione anticipata assistono un parente (anche affine o di secondo grado) o il coniuge, in ogni caso conviventi, se questi ultimi hanno un handicap grave (come stabilito dall’ex art.3, co. 3 L.104/92);
  • la loro capacità lavorativa è ridotta nelle quantità del 74%;
  • abbiano subito licenziamento da imprese in cui è stato attivato un tavolo di confronto per gestire la crisi aziendale.

Per quanto riguarda le lavoratrici con capacità ridotte, esse potranno andare in pensione a 58 anni, dopo aver maturato 35 anni di contributi indipendentemente dai figli.

Le lavoratrici che assistono un malato grave, invece, devono convivere con lui in modo continuativo da minimo sei mesi. L’attestazione avverrà attraverso autocertificazione, in cui verrà presentata anche la certificazione di handicap della persona che assiste. L’handicap deve essere stato riconosciuto dalla Commissione Medica. Un ulteriore verbale definitivo deve confermare la malattia.

Nell’autocertificazione dovrà anche inserire il fatto che sarà soltanto lei a poter assistere quella persona convivente. Gli altri che convivono con lei, invece, ne sono impossibilitati.

pensione
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Dunque, senza queste ulteriori certificazioni e conferme, queste lavoratrici potrebbero non beneficiare dell’Opzione Donna. Quindi attenzione in fase di presentazione della domanda poiché si potrebbe vedere negato un diritto per un cavillo burocratico.

Attenzione anche al fatto che, in caso di patologie invalidanti, la lavoratrice dovrà allegare la documentazione medica, in busta chiusa, inoltrata all’Unità Operativa Complessa/Semplice territorialmente competente.

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