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L’Inter ha vinto la Coppa Italia contro la Fiorentina grazie a una doppietta di Lautaro

L’Inter, per il secondo anno di fila, ha vinto la Coppa Italia. Dopo l’iniziale svantaggio dovuto al gol al secondo minuto di Nicolas Gonzalez, Lautaro Martinez ha ribaltato il risultato contro la Fiorentina garantendo a Simone Inzaghi di vincere la prima delle due finali in programma per i nerazzurri, e consentendo allo stesso allenatore ex Lazio di vincere il quarto trofeo da quando è sulla panchina della squadra di Milano.

Lautaro Martinez e Nicolò Barella che festeggiano il secondo gol dell’Inter nella finale di Coppa Italia contro la Fiorentina – Nanopress.it

Viola, nero e azzurro, lo stadio Olimpico di Roma si tinge di nuovi colori, oggi, per la finale di Coppa Italia tra la Fiorentina di Vincenzo Italiano e l’Inter di Simone Inzaghi, il primo dei quattro ultimi atti che attendono le squadre della nostra Serie A, e il primo degli ultimi due atti che attendono anche le due compagini in campo, quelle che finora (e anche a fine stagione) hanno giocato di più.

Ma non è tempo di pensare né alla Champions League, né alla Conference, è tempo di godersi lo spettacolo, che passa anche dalle formazioni. Il tecnico dei toscani sceglie Pietro Terracciano in porta e la solita difesa a quattro con Dodo e il capitano Cristiano Biraghi sugli esterni e al centro Lucas Martinez Quarta e Nikola Milenkovic. In mediana, invece, Italiano sceglie Sofyan Amrabat e Giacomo Bonaventura, schierati dietro a Jonathan Ikone, Gaetano Castrovilli e Nicolas Gonzalez che supportano l’unica punta Arthur Cabral.

L’Inter, invece, si presenta ai nastri di partenza con Samir Handanovic (con la fascia da capitano al braccio) rientrato dalla squalifica, e il trio che finora, almeno nella coppa dalle grandi orecchie, non ha deluso: Matteo Darmian, Francesco Acerbi e Alessandro Bastoni. Come esterni, l’ex Lazio si affida ancora una volta a Denzel Dumfries e Federico Dimarco, mentre al centro del centrocampo torna Marcelo Brozovic affiancato dal solito Nicolò Barella e da Hakan Calhanoglu, tornato nella sua pedina di competenza a causa dell’infortunio nella sfida contro il Milan di martedì scorso di Henrikh Mkhitaryan. In attacco, così come nel doppio incontro vinto contro i cugini (e come sempre nelle coppe), ci sono Edin Dzeko e Lautaro Martinez.


E quindi è quasi tutto pronto per il fischio d’inizio, compresa la bellezza che in occasioni del genere e con dei sostenitori del genere non può mancare. Le coreografie che le due tifoserie regalano sono stupende, infatti, così come è emozionante e sentito l’inno di Mameli cantato da Gaia, e il minuto di silenzio in memoria delle vittime dell’alluvione in Emilia-Romagna che precede di poco l’avvio del match da parte di Massimiliano Irrati da Pistoia. E questo ha portato a non poche polemiche già nei giorni prima del fischio d’inizio, visto che è nato a Firenze e il designatore Gianluca Rocchi è ugualmente nativo del capoluogo toscano. Poco male, visto che la direzione di gara non sarà poi così complicata da gestire, anche per merito delle due squadre in campo che hanno condotto una finale molto corretta, ve lo anticipiamo.

L’esultanza di Nico Gonzalez, attaccante della Fiorentina, dopo il gol del vantaggio – Nanopress.it

Dopo la meravigliosa preparazione dell’Olimpico, lo spettacolo e i brividi che sono tipici di una finale, le squadre si dispongono in campo e l’arbitro decreta l’inizio dei giochi, anche di una partita aperta, come la si attendeva anche nelle previsioni della vigilia. È una partenza shock, però, per l’Inter. Nonostante il pallino del gioco nei primi minuti sia tra i piedi della squadra di Inzaghi, basta un recupero palla alla Fiorentina, al secondo minuto, per andare in vantaggio. La squadra di Milano sembra meno aggressiva del solito in fase difensiva e, probabilmente complice l’assenza di Henrikh Mkhitaryan e la posizione dei laterali di centrocampo, non riesce a trovare le distanze giuste per contenere gli attacchi degli avversari. Ne approfitta Ikonè che trova spazio nella parte sinistra dell’area di rigore, beffa Darmian facendo passare il pallone tra le gambe del difensore e lancia Nico Gonzalez, che Bastoni si è perso in marcatura, o meglio l’aveva stretta troppo prendendo a riferimento il movimento di Cabral. L’argentino non se lo fa ripetere due volte e, lasciato colpevolmente libero sul secondo palo, indirizza la sfera verso il palo di Handanovic che si tuffa, ma non riesce a respingere e subisce, probabilmente nella sua ultima partita in nerazzurro da titolare in Coppa Italia.


È una doccia fredda che gela il pubblico nerazzurro e la curva nord che aveva già deciso di non cantare per protesta per via dei prezzi e delle modalità di vendita dei biglietti per la finale di Champions League di Istanbul. Però, si tratta pur sempre di una finale e le sorprese sono dietro l’angolo, nonostante i tanti errori compiuti dall’Inter. La squadra nerazzurra sbaglia anche quattro minuti dopo con Dzeko che, dopo un’azione avviata da Barella, riceve il pallone da Dumfries e scaglia un pallone in porta che viene deviato, e comunque il sintomo che, dopo la botta, i nerazzurri devono e vogliono reagire per portare a casa il primo trofeo della stagione. Poi al 12esimo è ancora la Viola a rendersi pericolosa con un tiro dal limite dell’area di Amrabat che esce di poco al lato della porta difesa da Handanovic.

Nel cambio di fronte, è ancora l’esterno olandese a rendersi protagonista, ma in area, riflette troppo se colpire o se dare assistenza a un compagno di squadra, che in realtà non c’è, e viene neutralizzato dalla retroguardia degli uomini di Italiano. Al 17esimo, quando la curva dell’Inter inizia a cantare, un altro brivido arriva per loro, e il protagonista, ma stavolta in negativo, è sempre Dumfries. Il numero due dei nerazzurri sbaglia un passaggio semplice nella propria trequarti e favorisce l’ennesimo inserimento della Fiorentina. Stavolta, però, il difensore ex Parma riesce a salvare sull’argentino, e il risultato rimane lo stesso. In quest’inizio di partita, colpisce la quantità di passaggi e di uscite sbagliate dai finalisti di Champions League come forse mai era successo in questa stagione, anche nelle partite più difficili e nelle sconfitte accumulate in campionato. È merito della squadra viola ovviamente che è attenta, concentrata e determinata nel portare una pressione continua sulla linea difensiva nerazzurra e capace di far saltare le linee di passaggio per i centrocampisti della Beneamata.

Il risultato rimane lo stesso anche dopo, quando l’Inter, per la prima volta a campo aperto, spreca un’occasione d’oro con l’attaccante bosniaco, che solo davanti a Terracciano spara alle stelle. Al di là, però, degli errori in fase offensiva, alla squadra di Inzaghi sta mancando il filtro a centrocampo, così come sta soffrendo ancora il pressing sugli esterni, che rimangono troppo schiacciati, favorendo anche i contropiede della Fiorentina. Quando, però, al 29esimo, Brozovic lancia Lautaro, il Toro (che è in posizione regolare) buca la porta viola e pareggia i conti, segnando anche il centesimo gol in carriera con la maglia della Beneamata.


Iniziano così i primi problemi anche per la squadra di Italiano, che potrebbe perdere anche l’autore della rete che ha sbloccato la partita dopo un contrasto in campo. Niente di grave per fortuna, e la gara prosegue con lo stesso copione di prima: l’Inter cerca di costruire dal basso, la Fiorentina pressa alto. In effetti qualcosa cambia, però, perché i nerazzurri prima riescono a uscire, poi vanno a presidiare l’area avversaria e il numero 10 segna anche un gol magnifico in spaccata su assist di Barella, ribaltando il risultato, che ora torna a sorridere all’ex Lazio. La costruzione dell’azione stavolta è precisa e verticale, ma sono i migliori centrocampisti di Inzaghi a salire in cattedra e a porre i presupposti per fare centro. Ci pensa prima Calhanoglu che sovrappone sulla fascia destra e crea, proprio in quella zona del campo la superiorità numerica. La magia di Barella, un cross in direzione primo palo, viene agguantato dal più in forma di tutti, proprio Lautaro Martinez, che sfrutta quei pochi centimetri a disposizione per bruciare sul tempo Milenkovic e freddare Terracciano con una rete stupenda. Sì, lo ripetiamo.


E la partita pure cambia, perché la Fiorentina subisce il contraccolpo e, pur non rinunciando a pressare alto, lascia altri spazi all’attacco dei nerazzurri, che fallisce il terzo gol con Dzeko. L’Inter trova le giuste aperture alle spalle dei terzini, visto che spesso la Viola lascia i suoi centrali uomo contro uomo con i temibili attaccanti della Beneamata e chiunque si getti in profondità negli spazi esterni ha la possibilità di trovare le occasioni e i varchi migliori per andare in porta. Nel minuto di recupero concesso da Irrati non succede nulla, e quindi si va negli spogliatoi sul 2-1 per l’Inter, che deve ricominciare dalla fine del primo tempo se vuole conquistare per il secondo anno di fila la Coppa Italia. Quanto ai Viola non dovranno più sprecare le occasioni se vogliono pareggiare i conti, o provare a portare a casa un trofeo che garantirebbe loro anche di qualificarsi alla prossima edizione dell’Europa League senza aspettare il 7 giugno e la finale contro il West Ham.

Si torna in campo con gli stessi 22 che avevano iniziato la partita, che adesso riparte con più equilibrio. Ma passa un attimo e la Fiorentina torna a pressare alto e a creare più di qualche problema all’Inter, che quando esce ne crea di conseguenza, ma non troppo perché Dzeko è in fuorigioco quando gli arriva la palla di Dimarco. Sul capovolgimento di fronte, arriva anche il primo giallo e il direttore di gara di Pistoia lo sventola in faccia a Bastoni per un fallo su Nico Gonzalez. È solo il là (quasi), perché dopo aver aperto le danze, Irrati ammonisce anche Martinez Quarta per un intervento poco pulito sul bosniaco ex Roma.

Al 57esimo arriva una palla interessante su un cross per Cabral che, di testa, non impensierisce il portiere sloveno. È un attimo, però, perché Dzeko regala una palla interessante al campione del mondo, che la difesa della Fiorentina spazza via senza problemi. Un pericolo, ancora, arriva di nuovo per Handanovic, che il lavoro di squadra neutralizza in poco tempo. Più passano i minuti, più è la Fiorentina che porta in avanti i suoi calciatori e mette in serie un buon numero di occasioni da gol, con l’Inter che, contrariamente al solito e quanto fatto vedere in Champions League, fa veramente tanta fatica a creare gioco e a gestire il pallone. La squadra di Inzaghi, infatti, è spesso costretta a un’invitante palla lunga sperando nei duelli vinti dai propri attaccanti, ma così facendo rischia nella maggior parte dei casi di riconsegnare il pallone alla Viola che poi riorganizza la manovra grazie a un Bonaventura sugli scudi e mette costante pressione sul portiere e capitano nerazzurro e sulla sua difesa.

Qualche minuto dopo, arriva il momento dei cambi. Al 58esimo, infatti, Inzaghi toglie l’ammonito Bastoni per mettere dentro Stefan de Vrij, ma soprattutto fa accomodare in panchina il bosniaco ed entra in campo Romelu Lukaku, con Dzeko che non la prende con molta filosofia e si lamenta a favore di stadio e telecamera con la scelta del suo allenatore. In realtà, non ci sentiamo di dare troppo torto a Inzaghi, visto che l’ex Roma spesso ha perso occasioni e palloni cruciali per andare in porta o ha sprecato delle chiare palle gol che avrebbe chiuso prima la partita. L’alterco si conclude comunque nel migliore dei modi, visto che il tecnico lo chiarisce immediatamente con il suo bomber e i due si stringono la mano. Due minuti dopo cambia anche Italiano, per Castrovilli entra Rolando Mandragora, mentre al posto di Ikone, il tecnico della Fiorentina preferisce Riccardo Sottil. In realtà, anche se sembrano cambi ruolo su ruolo, è una variante rispetto al classico 4-2-3-1. Se dal lato destro c’era già Nico Gonzalez a piede invertito, e quindi con la capacità di rientrare al tiro, lo stesso vale sul lato sinistro, dove il neo entrato è abile a scartare avversari ed entrare direttamente in area e poi arrivare al tiro. La scelta di Italiano permette anche ai terzini di salire con maggiore regolarità e, quindi, sovrapporre sul fondo per crossare in area per Cabral e gli inserimenti dei centrocampisti. Anche per abbassare ulteriormente il baricentro dell’Inter e avvicinarsi alla porta, che poi è da sempre l’obiettivo principale dell’allenatore dei toscani.

Negli schemi, nei fatti, le cose rimangono le stesse, anche se cresce ancora di più il pressing dei toscani. Quando l’Inter riesce a uscire i grattacapi sono tanti, e serve un doppio miracolo di Terracciano per lasciare la distanza invariata: prima ci pensa sul belga subentrato, poi su Dimarco, che comunque si trova in posizione di fuorigioco. Proprio in queste circostanze, si nota che l’Inter non è proprio nella sua serata migliore, anche perché il cinismo che era tanto stato lodato nella semifinale di Champions League non sembra proprio far capolino nei nerazzurri, non questa volta.

Sono le sliding door del match per Dimarco, interista e cresciuto nel settore giovanile della Beneamata, che al 68esimo lascia spazio in campo a Robin Gosens. Un cambio classico, quasi scontato, ma che in questo caso serve a Inzaghi per blindare ancora di più la fase difensiva e conferire maggiore fisicità alla squadra, magari anche un po’ più di efficacia in ripartenza. Come successo prima, anche la Viola inserisce nuove forze: Amrabat viene sostituito da Luka Jovic, una punta in più, mentre Luca Ranieri entra per prendere il posto di Martinez Quarta, ammonito e in chiara difficoltà fisica con Lukaku, soprattutto nel corpo a corpo con il centravanti di proprietà del Chelsea. E la Fiorentina ci mette di nuovo un minuto a rendersi pericolosa, non abbastanza, però, per pareggiare i conti e sperare almeno nei tempi supplementari perché c’è Dumfries a fare da schermo.

Spinti dal popolo viola, gli uomini di Italiano non smettono di provarci, ma stavolta sul tiro di Nico Gonzalez, Handanovic, probabilmente alla sua ultima partita in nerazzurro, è attentissimo. Ma c’è anche l’Inter in campo, e c’è soprattutto Lukaku che crea un’occasione limpidissima che Gosens sbaglia in maniera clamorosa a pochi passi da Terracciano, che così si salva. Il laterale mancino, infatti, arriva sul pallone con il mancino e spara alle stelle, complice la precisa copertura del diretto avversario. Probabilmente arrivando con il destro avrebbe avuto molta più facilità nel fare centro. Sull’ennesimo capovolgimento di fronte, Cabral riesce anche a mettere la palla in rete, ma c’è un fallo sul portiere avversario e non esulta nemmeno, anche se protesta. In realtà, anche in questo caso, Irrati sembra giudicare al meglio una situazione evidente, ma in cui l’estremo difensore sloveno dell’Inter è parso un po’ insicuro.

In due minuti, poi, succede di tutto: Dumfries sbaglia un controllo nell’area avversaria, poi Barella manda alle stelle un’ottima palla recuperata da Lautaro, per la Fiorentina a commettere l’errore, invece, è l’ex Real Madrid di testa, che fa lo stesso errore anche all’82esimo, schiacciando troppo la palla su cui non arriva neanche l’ex Basilea. Arriva il momento di un’altra girandola di sostituzioni, le ultime almeno se la partite dovesse finire così: Italiano mette Alesa Terzic per Dodo, mentre Inzaghi pesca dal cilindro (e a sorpresa) Joaquin Correa che entra al posto dell’autore della doppietta e Roberto Gagliardini per il turco. Sono sostituzioni che fanno discutere quelle di Inzaghi, visto che toglie dal campo in un momento decisivo i due migliori calciatori in campo dalla sua parte e inserisce probabilmente i due più criticati e meno amati dai tifosi per le loro prestazioni in campo. Anche in questo caso, infatti, Calhanoglu non sembra proprio contento, mentre Lautaro ha dato tutto, è visibilmente stanco e quindi accetta la decisione con molte meno polemiche, per non dire nessuna.

Con un po’ di fortuna, i nerazzurri si salvano all’87esimo prima grazie a un intervento di Darmian sulla linea, poi con la presa sicura di Handanovic, che prima nella sua uscita non era stato proprio impeccabile. Il passo in avanti del portiere ex Udinese ha spalancato alla Fiorentina le porte del pareggio, ma la chiusura provvidenziale del calciatore ex Manchester United, Torino e Milan ha ancora una volta sbarrato alla Viola la strada del pareggio. Prima dei cinque minuti di recupero, Irrati ammonisce anche Nico Gonzalez per un fallo tattico su Gosens. L’esterno tedesco è molto bravo a interrompere un’azione d’attacco dei toscani e a ripartire in contropiede sulla fascia sinistra, con la Viola visibilmente scoperta. L’argentino si aggrappa all’ex Atalanta e lo butta giù, meritandosi senza troppi dubbi il cartellino. Ma non sono finiti i brividi perché la Fiorentina ci prova fino all’ultimo a trovare il gol che potrebbe consentire un’extra time che non arriva, perché è l’Inter a garantirsi la Coppa Italia, e per il secondo anno di fila.

L’Inter solleva al cielo la Coppa Italia dopo aver battuto la Fiorentina – Nanopress.it

Con questo successo i nerazzurri agguantano la Roma nell’albo d’oro della competizione, alle spalle della primissima Juventus, ma soprattutto mette in bacheca la seconda coppa in questa stagione, in attesa di quello che succederà nella finale di Champions League contro il Manchester City. È una notizia importante anche per chi si qualificherà per le prossime coppe europee, dato che, con la mancata vittoria della Fiorentina, la settima di Serie A avrà diritto a entrare in Conference League. Di conseguenza, la Vecchia Signora ha ancora concrete speranze di Europa, a meno che la manovra stipendi e gli altri filoni di inchiesta non diano la mazzata finale alle ambizioni dei bianconeri. Tutti discorsi paralleli, ma alla fine nel calcio conta chi vince e questa volta, anche questa volta dopo la Supercoppa e l’anno scorso, sono stati i nerazzurri a festeggiare.

L’analisi tattica e le interviste dopo la finale di Coppa Italia: Lautaro Martinez fa saltare il banco dell’organizzazione viola

L’Inter è arrivata al punto decisivo della stagione con la forma migliore e finalmente con l’alchimia giusta per superare la stanchezza, le troppe partite in programma negli ultimi due mesi e poi anche le finali, o quelle che gli somigliano molto, che in questo periodo stanno arrivando tutte insieme, come è giusto che sia in un finale d’annata storico. La Beneamata, quindi, non ha alcuna intenzione di indietreggiare e può farlo grazie all’atteggiamento in campo complessivo che Inzaghi è riuscito a impostare con il tempo, negli ultimi due anni, e che non è una novità. Anche stasera gli uomini della sponda blu di Milano hanno preparato la partita con grande attenzione e applicazione cercando di sfruttare i punti deboli di una Fiorentina nella sua versione migliore, ma che non è riuscita comunque a contenere l’impeto offensivo degli avversari.

Riavvolgendo il nastro della partita, infatti, ci si rende subito conto di come Italiano si sia preoccupato di bloccare prima di tutto le principali fonti di gioco nerazzurre e di farlo alla fonte, con un pressing alto e cattivo, mai a metà strada, e chiedendo uno sforzo alto ai centrocampisti e soprattutto agli attaccanti per alzare il baricentro della squadra. Ikone, Cabral e Nico Gonzalez sono stati tremendamente bravi avanzare uomo contro uomo di fronte ai tre centrali nerazzurri e chiudendo di fatti tutte le vie di gioco che portano ai centrocampisti. A dispetto del risultato finale, è una tattica che ha pagato non poco e che ha prodotto una sofferenza evidente dell’Inter nella circolazione bassa del pallone che poi è una delle armi simbolo di Inzaghi per stanare gli avversari e prodursi lo spazio da attaccare in profondità.

Il rischio calcolato da parte della Viola è stato lasciare uno contro uno i difensori centrali con gli attaccanti dell’Inter, ma comunque con una linea molto alta e lontana dalla porta di Terracciano che spesso ha anche messo in fuorigioco Dzeko e Lautaro Martinez, ma non i centrocampisti che arrivavano da dietro per allungare la squadra. Insomma, complessivamente e almeno sotto il profilo tattico la Fiorentina ha prevalso sui nerazzurri, spesso attratti dalla possibilità di un lancio lungo per le sue punte e che alla fine, però, consegnavano soltanto il pallone agli avversari che lo ripulivano e lo facevano circolare immediatamente dal centro verso gli esterni con la possibilità di mettere in area dei cross molto interessanti per gli inserimenti dei laterali d’attacco, delle mezzali e di Cabral, stasera un po’ a ruote sgonfie anche a causa dei problemi fisici delle ultime settimane.

Quest’aspetto nel secondo tempo è parso ancora più evidente quando la squadra del capoluogo toscano si è sbilanciata alla ricerca del 2-2 e Italiano, senza pensare troppo alle conseguenze, ha messo in campo due punte togliendo un centrocampista per dare ancora più peso offensivo alla sua squadra. Con Jovic e Cabral al centro dell’area di rigore, i cross sono arrivati con costanza e pericolosità, soprattutto dai due terzini, con Dodo e Biraghi che hanno rifornito i loro bomber con palle tagliate e che, nelle loro intenzioni, dovevano superare almeno il primo centrale. Stasera, però, la differenza è stata proprio lì nelle palle gol, nella fase realizzativa dei quattro attaccanti centrali e alla fine sulle reti, per come sono arrivate.

E allora, se la tattica della Viola è stata fatta bene e ha dato anche i suoi risultati sotto il profilo del gioco, com’è maturato questo 2-1 in favore dell’Inter che ha permesso ai nerazzurri di alzare al cielo la seconda coppa stagionale per la Beneamata? Beh, perché nel calcio non sempre vince chi gioca meglio, chi ha l’assetto più offensivo o chi propone una manovra migliore nell’arco della partita. Conta anche chi, invece, sa sfruttare le occasioni che capitano in un match e alla fine chi gonfia la rete. E chi non lo fa. Per questo, Lautaro Martinez è stato il vero mattatore di questa finale, colui che con le sue qualità ha costituito la differenza tra chi ha vinto la partita e chi, invece, è rimasto in ginocchio sul terreno di gioco con la delusione negli occhi. Cabral e Nico Gonzalez su tutti, con gli sguardi pieni di lacrime per una finale terminata con un risultato negativo.

Il Toro argentino è arrivato al massimo della condizione a giocare questa finale con l’istinto del killer e quella gestione del pallone che spesso tra marzo e aprile gli è stata rimproverata in Serie A e che ora, invece, è cresciuta moltissimo, fino a farlo diventare uno dei bomber migliori d’Europa e un simbolo presente e futuro dell’Inter. Nel primo gol, è vero, la difesa della Fiorentina non è stata impeccabile, ma l’ex Racing ha aggredito il pallone con l’istinto del killer, quello che non si insegna, ma che è indelebile nel DNA degli attaccanti, specialmente quelli argentini, e ha ignorato anche l’inserimento di Federico Dimarco al centro, per poi scaricare in porta un destro potente e angolato di collo pieno che non ha lasciato scampo a Terracciano. Nel momento più difficile della partita e dopo un vantaggio che la Fiorentina aveva tutta l’intenzione di gestire, l’acuto del protetto di Diego Milito, nel momento in cui si è concretizzato il trasferimento all’Inter, ha rimesso la situazione in parità, ma non ha espresso ancora tutta la qualità che l’attaccante ha nella testa e nei piedi.

Sempre all’interno di un primo tempo pieno di emozioni, è sempre il Toro a mettere un marchio essenziale sulla partita, quello che poi si rivelerà decisivo per la rimonta e la conquista della coppa. Sull’assist di Barella, il taglio di Lautaro è stupendo e non lascia scampo a un Milenkovic in ritardo, ma comprensibilmente bruciato dalla foga e dalla cattiveria agonistica dell’argentino che non solo si fionda sul pallone con passi brevi e pronto a fare male, e poi fa vedere una spaccata da prima punta vera che era probabilmente l’unico modo per insaccare il pallone sotto la traversa. Bellissimo e doppietta in finale come solo i grandi, grandissimi calciatori riescono a fare ed è per quello che vengono sempre ricordati. Tutto il mondo Inter spera che sia il viatico giusto per concludere al meglio la stagione in Serie A e, alla fine, anche per dare il massimo e provare ad alzare al cielo la coppa dalle grandi orecchie. Di sicuro, non si può fare a meno di celebrare un super talento che in pochi anni sta dimostrando una continuità fondamentale a questi livelli e che più passa il tempo, più sta affinando le sue caratteristiche diventando letale per chiunque gli capiti di fronte. La sua ossessione per il gol e per la vittoria stanno diventando il giusto viatico per l’Inter in questo pezzo di stagione e ora i nerazzurri non possono farne a meno per il futuro. La società l’ha già blindato, Inzaghi pure e su di lui verrà costruita la squadra del presente e delle vittorie che saranno con la fascia da capitano al braccio che rispecchia in toto i valori del club e che gli trasmette quotidianamente Javier Zanetti.

Insomma, alla fine dei conti i campioni fanno sempre la differenza e più di tutto il resto. Ma anche gli allenatori, quando possono. Inzaghi è stato a lungo criticato durante questa stagione, ora sembra paradossale che sia stato così tante volte accostato all’esonero negli ultimi mesi. Eppure, è esattamente quello che è successo. Una sfiducia nei suoi metodi, nelle sostituzioni (anche questa sera) e nella gestione complessiva del gruppo che sembra dannatamente ingiusta per un tecnico che è arrivato in una situazione economica difficile, con il calciomercato pressoché bloccato dalle incombenze economiche, eppure ha capitalizzato al massimo, tranne per la corsa scudetto, riuscendo a trarre il massimo soprattutto anche in Champions League, quello che Antonio Conte non era riuscito a fare, neppure alla Juventus.

Nonostante non sia stata tecnicamente la miglior partita dell’Inter quest’anno, è inevitabile che la gioia di una coppa vinta non trasparisse nel post partita attraverso gli occhi e le parole del tecnico di Piacenza: “Sono molto contento, abbiamo vinto una Coppa che volevamo, volevamo riconfermarci, ragazzi bravi contro una squadra di valore che ci ha impensierito tanto. Siamo partiti male, abbiamo sbagliato approccio alla partita ma poi i ragazzi sono stati bravi, siamo rimasti in gara e fatto due gol, nella ripresa la Fiorentina è risalita e ci ha messo nuovamente in difficoltà. Lautaro? E’ stato bravissimo come del resto anche gli altri, c’è stato l’aiuto di tutti, sono molto soddisfatto”. Un’analisi chiara e netta che ripercorre in toto i fatti della partita nella loro interezza e anche con la semplicità che a volte è la via più giusta per spiegare il pallone. E ora l’Inter ha fame, una fame che aumenta man mano che si mangia, e quindi che si portano a casa i trofei: “Vogliamo giocarci tutto. Prima c’è il campionato con le ultime due partite e poi Istanbul, è una grandissima stagione”. 

La cosa più sbagliata che potrebbe fare la Fiorentina, invece, è abbattersi, pensare che tutti termini tra queste lacrime e che sul più bello la squadra sia crollata. Intanto, non può essere così per tutti i motivi che vi abbiamo spiegato e per la prestazione che i toscani hanno offerto, ma poi c’è da fare i conti anche con la finale di Conference League, un appuntamento, se possibile, ancora più importante per la storia di questo club. Italiano, infatti, dopo la partita cerca di caricare e scuotere il suo gruppo nel rush finale di una stagione da celebrare che potrebbe comunque finire con una grossa soddisfazione: “Siamo partiti molto bene, anche dopo il primo gol potevamo raddoppiare, poi abbiamo concesso una ripartenza e il pareggio che potevamo evitare, in seguito Lautaro si è inventato il secondo gol. Nella ripresa abbiamo fatto di tutto, abbiamo provato a pareggiarla, li abbiamo messi in difficoltà, mi dispiace, c’è rammarico ma abbiamo giocato alla pari con la finalista di Champions”.

E poi ancora: “Ora non bisogna mollare, ci sono due partite di campionato e un’altra finale. Siamo abituati ad archiviare e a ripartire, ai ragazzi ho detto che quando si lotta e si gioca con il cuore non si perde mai, torniamo a casa e dobbiamo preparare i prossimi impegni senza ripetere degli errori che abbiamo commesso oggi ma con questo spirito possiamo mettere in difficoltà chiunque”. E non può mancare un commento anche sugli errori che i suoi hanno commesso sulla via che porta a questa sconfitta: “Al primo errore ci hanno castigato, ci siamo disuniti in quei 10 minuti e loro ne hanno approfittato e ciò non dovrà accadere in futuro. Non credo che oggi la Fiorentina abbia fatto una brutta figura, ho fatto i complimenti ai ragazzi, tutti avremmo dato qualcosa per alzare questa coppa. Cabral arriva da un buon momento, si sacrifica, aiuta, contro i tre difensori dell’Inter è difficile, ci può stare di trovare pochi spazi. In queste partite avere un po’ di cinismo aiuta ma sia lui che Jovic sono stati i nostri trascinatori, non gli si può dire niente”. Insomma la via giusta non è gettare la croce sulla schiena di chi ha sbagliato, ma restare uniti il più possibile per centrare le vittorie più pesanti dell’anno. E non potrebbe essere altrimenti.

Sempre per tornare ai vincitori, non potevano mancare le dichiarazioni di un interista tra gli interisti, uno che ci ha preso gusto a vincere con la maglia della sua squadra del cuore addosso e non vuole più fermarsi. Stiamo parlando ovviamente di Federico Dimarco che ha espresso tutta la sua emozione con le dichiarazioni ai microfoni dei giornalisti dopo la gara: “Sapevamo di incontrare un avversario forte e di grande valore. Non è mai facile ripetersi, l’abbiamo fatto quest’anno e siamo contentissimi. Adesso con calma penseremo partita dopo partita per prepararci al meglio a Istanbul. La dedico ai miei familiari e questo pubblico che è ancora una volta incredibile: per come cantano, come si fanno sentire sono importantissimi per noi”.

E con tutte queste emozioni, la gioia e le lacrime, non possiamo che chiudere con le dichiarazioni di chi questo trofeo l’ha deciso e che è pronto a restare protagonista in tutto il finale di stagione. Lautaro Martinez non ha nascosto tutta la sua felicità per il trionfo dei suoi e la prestazione personale di questa sera: Sono emozionato e contentissimo perché è ormai da un paio di anni che stiamo portando trofei a questa grande società e dobbiamo continuare così. Personalmente volevo alzare un’altra coppa perché in questo sport alla fine è questo che conta, si tratta di questo: vincere. Oggi abbiamo iniziato male ma i miei compagni sono stati bravissimi e siamo riusciti a ribaltare la partita. Per questo motivo siamo contenti di aver lasciato la coppa a Milano. Voglio continuare così dando un grande contributo per la squadra, per l’Inter. È questa l’unica cosa che conta”. 

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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