L’Iran sta attraversando un momento particolare che lo vede più contrapposto alle nazioni occidentali e mostra dall’altro lato, una vicinanza e alleanza sempre più stretta con Russia e Cina.
Nonostante le ammonizioni internazionali, che vedono protagonista il regime iraniano di azioni violente ripetute e lo accusano sotto vari aspetti in primis quello sociale a causa della dura repressione alle proteste scaturite a causa della morte di Mahsa Amini il 16 settembre 2022, ma anche per il timore dello sviluppo nucleare dato che è stato appurato che la percentuale di purezza dell’uranio arricchito negli stabilimenti nucleari iraniani ha superato il limite del 60% previsto.
La contrapposizione tra Oriente e Occidente si denota anche osservando per l’appunto osservando anche le azioni attuate dalle forze filo iraniane della jihad islamica che hanno risposto a Israele portando avanti l’espansione islamica e la potenza espansiva delle forze iraniane. Ma nonostante gli occhi del mondo intero siano puntati addosso a causa delle tensioni esplose in diversi ambiti e settori, Raisi ha deciso insieme a Khamenei di intersificare le norme sull’hijab, puntando al massimo rispetto delle stesse e le Guardie della Rivoluzione iranana hanno deciso di redigere una lista di Paesi che hanno contribuito a sostenere le proteste sfociate poi nella rivoluzione popolare iraniana.
Il capo dell’organizzazione di intelligence della Guardia rivoluzionaria in Iran, Mohammad Kazemi ha recentemente affermato che i servizi segreti di circa 20 paesi sono stati coinvolti nel sostenere le proteste popolari dell’Iran nel 2022.
Kazemi ha fatto queste dichiarazioni durante un’intervista con Khamenei.ir, il sito web del Leader Supremo durante la sua prima apparizione pubblica dopo la nomina a capo del gruppo di intelligence e repressione interna dell’Iran. In particolare, il generale di brigata ha accusato 18 paesi di aver sostenuto “le rivolte” in tutto il Paese, che sono scoppiate a seguito della morte della 22enne Mahsa Amini a seguito delle percosse ricevute in custodia presso la polizia morale. Tra le Nazioni citate ci sono Stati Uniti, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Francia, Germania, Canada, Belgio, Austria, Albania, Australia, Islanda, Italia, Kosovo, Norvegia, Bahrain, Nuova Zelanda e Israele.
La sua affermazione ha sorpreso anche gli estremisti del regime, che in passato avevano sempre attribuito le proteste a “nemici” stranieri ma non hanno fatto nomi prima d’ora. In realtà, la teoria del complotto è stata lanciata per la prima volta da Khamenei e dai suoi fedeli funzionari, che hanno iniziato a ripetere l’accusa ma senza mai andare oltre al generico indicano come responsabile l’Occidente.
Se l’affermazione di Kazemi fosse fondata, ciò implicherebbe, secondo le autorità di Teheran, che questi Paesi desiderano il crollo della Repubblica islamica, poiché le proteste, a loro avviso, ancora in corso sotto forma di scioperi e manifestazioni periodiche, rappresentano la sfida più audace all’autocrazia clericale iraniana.
Questo sembra amplificare enormemente la definizione di “nemico” dell’Iran, che finora si è riferito principalmente con determinati termini agli Stati Uniti e a Israele, e talvolta ai loro alleati. In questo preciso momento storico chiunque esprima parere negativo nei confronti del regime ha viene considerato e descritto come nemico.
Il regime in Iran ha provocato la morte di oltre 500 civili e arrestato più di 20.000 persone fino a febbraio, ma continuano tutt’oggi ad attuare persecuzioni e arresti, mentre Khamenei si è vantato di aver sconfitto i complotti nemici.
In aggiunta alle accuse fatte ai 18 paesi che avrebbero sostenuto le proteste in Iran, Kazemi ha affermato che le agenzie di intelligence di Israele e degli Emirati Arabi Uniti si sono incontrate periodicamente in un paese arabo per discutere su come sostenere le proteste in Iran. Il generale di brigata ha anche definito l’Arabia Saudita e il Bahrain paesi ostili, il che sembra essere però in netto contrasto con la nuova politica estera del regime di riavvicinamento a Riyadh e ai suoi alleati del Golfo Persico.
Inoltre Kazemi ha fatto un’altra affermazione sorprendente, sostenendo che entro la fine dei disordini, la CIA avrebbe chiamato a formare una task force congiunta con il Mossad israeliano e l’MI6 del Regno Unito per “rilanciare il progetto per assassinare gli scienziati iraniani, in particolare nei settori nucleare, aerospaziale e campi militari”.
Tuttavia, queste affermazioni non sono state supportate da prove concrete e sembrano essere parte della, già nota, retorica anti-occidentale del regime iraniano.
Il comandante delle Guardie della Rivoluzione iraniana hanno fatto una serie di accuse sorprendenti, tra cui quella secondo cui le agenzie di intelligence di Israele e degli Emirati Arabi Uniti si sarebbero incontrate periodicamente in un paese arabo per discutere su come sostenere le proteste in Iran.
Sottolineando che la CIA avrebbe formato una task force congiunta con il Mossad israeliano e l’MI6 del Regno Unito per “rilanciare il progetto per assassinare gli scienziati iraniani, in particolare nei settori nucleare, aerospaziale e campi militari”. Tuttavia, queste affermazioni non sono state supportate da prove concrete e sembrano essere parte della retorica anti-occidentale del regime iraniano.
Kazemi ha inoltre affermato che le agenzie di intelligence avrebbero reclutato cittadini europei e non, tra cui afghani, pakistani e iracheni, per raccogliere informazioni e documenti sui disordini. Ha aggiunto che 40 cittadini di uno dei Paesi vicini ed europei sarebbero stati arrestati a questo proposito. Anche queste affermazioni non sono state confermate da fonti indipendenti.
Nonostante la tensione crescente è emerso che il regime continua a chiedere giustizia e a introdurre norme che vigilano sul rispetto delle leggi della Sharia islamica.
Secondo i media locali, l’intelligence dell’IRGC avrebbe incaricato un sicario di avvelenare e uccidere il religioso sunnita di Zahedan. Il sito web Haalvsh, che copre gli eventi nella provincia del Sistan-Baluchestan, ha riferito che le Guardie di Sicurezza della moschea Makki, in cui Mowlavi Abdolhamid tiene i suoi sermoni, hanno arrestato un uomo travestito da studente religioso che avrebbe voluto assassinare il leader sunnita.
Il sospetto, descritto dalle autorità iraniane un beluci residente nella regione di Delgan nel Sistan e nella provincia del Baluchistan, avrebbe dormito e pregato nella moschea per molto tempo vestito da studente di studi religiosi. Secondo il rapporto, il sospetto avrebbe ammesso di aver ricevuto uno stipendio di 150 milioni di rial a settimana dall’inizio della sua operazione.
Questa notizia conferma la crescente tensione tra la minoranza sunnita e le autorità iraniane nella provincia del Sistan-Baluchestan. La provincia è stata teatro di una crescente violenza e instabilità negli ultimi anni, con attacchi terroristici e insurrezioni da parte dei sunniti.
Secondo un funzionario del ministero dell’Istruzione iraniano, Ahmad Mahmoudzadeh, gli insegnanti delle scuole non governative dovranno ora sottoporsi a un periodo di selezione di sei mesi, rispetto ai 15 giorni standard. L’annuncio è stato fatto in seguito agli ordini del leader supremo Ali Khamenei che ha infatti a rafforzare le misure di sicurezza dopo le proteste che hanno coinvolto scuole e università nel paese.
Mahmoudzadeh ha anche dichiarato che gli insegnanti dovranno seguire un corso di 60 ore e frequentare 60 ore di formazione sul campo relativa alle conoscenze educative, alla competenza generale e professionale entro cinque anni. Dopo aver superato tutti questi corsi, gli insegnanti potranno ottenere una carta di competenza professionale.
Khamenei ha chiesto alle autorità iraniane di assicurarsi minuziosa che vengano rispettate le nuove “regole di selezione” in maniera che l’insegnamento dia valore allo studente e soprattutto per essere sicuri che le regole islamiche del regime in Iran vengano rispettate. Questo annuncio sembra essere una risposta alle preoccupazioni del governo iraniano sulla sicurezza e la stabilità nel settore dell’istruzione, che è stato visto come un punto focale delle proteste anti-governative.
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