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“Siamo privilegiati perché possiamo scegliere subito di diventare vegani e fermare la distruzione del nostro pianeta”. Non usa mezzi termini Lisa Kemmerer, filosofa attivista, celebre per essere l’esponente mondiale dell’eco-femminismo, quella corrente filosofica che considera l’oppressione animale simile a quella che viene riservata alle donne. La professoressa di Filosofia delle religioni della Montana State University è in questo periodo in Italia per promuovere la traduzione del suo libro Eating Earth, Mangiare la terra. Etica ambientale e scelte alimentari, nel titolo nostrano realizzato da Safarà Editore.
La salvezza del nostro Pianeta passa in modo imprescindibile dalle nostre scelte alimentari. Pochi mesi fa il documentario Cowspiracy denunciava un aspetto che spesso non viene sottolineato abbastanza: la quantità di suolo che viene destinato all’allevamento, con la conseguente distruzione di interi ecosistemi per produrre cereali che in realtà servono per foraggiare gli animali di cui poi ci nutriamo, in un circolo vizioso messo in atto da un essere umano sicuramente poco lungimirante: “È molto difficile per me decidere quali siano le conseguenze peggiori dell’impatto degli allevamenti intensivi sulla Terra – commenta Lisa Kemmerer – Partiamo dalla sofferenza animale, che non è moralmente accettabile sotto nessun punto di vista, lo sfruttamento della riproduzione, indotta in tutti gli allevamenti, senza dimenticarci della sofferenza e dello sfruttamento delle persone che lavorano nei mattatoi, che fanno un lavoro terribile, molto spesso perché non hanno alternative. La Terra poi è costantemente messa alla prova dalla nostra scelta di mangiare animali che è la prima causa di tutti i problemi ambientali, dal cambiamento climatico all’uso di acqua dolce e di risorse per dar da mangiare agli animali che poi abbiamo deciso di mangiare”.
I dati purtroppo lasciano poco spazio alle interpretazioni: negli Stati Uniti il 70% dei cereali prodotti sono usati come mangimi per gli animali da allevamento, in Europa il 60%. Se non ci nutrissimo di animali le terre usate tornerebbero ad essere selvagge con la loro biodiversità, senza pesticidi, che entrano direttamente nel ciclo vitale: “Le zone morte che si sono create non possono sostenere la vita perché l’abbiamo distrutta – sottolinea la filosofa – non c’è più ossigeno, abbiamo distrutto interi ecosistemi anche acquatici riversando i rifiuti che producono gli allevamenti. Non parliamo poi delle zone morte negli oceani, spazi davvero giganteschi. Se cambia la natura dell’acqua cambia anche quella del pianeta perché interrompiamo una catena naturale di animali che si nutrivano di altri esseri viventi ora estinti”. Questa dichiarazione possiamo attualizzarla con la denuncia di uno studio pubblicato poco tempo fa dalla rivista Science sulla scomparsa di moltissimi esemplari di grandi pesci. Non si tratta più quindi solo di mangiare animali, ma di mangiare la terra, come suggerisce il titolo del saggio di Lisa Kemmerer.
La pesca sostenibile esiste davvero?
Durante l’incontro milanese, organizzato da Essere Animali, la filosofa statunitense smonta anche le rimostranze che si appellano a un allevamento sostenibile, ma soprattutto a una pesca sostenibile: “È un paradosso, la pesca sostenibile non esiste. I mari e gli oceani già soffrono per gli allevamenti intensivi, se ci aggiungiamo i metodi di pesca, la situazione diventa insostenibile. Non c’è una vera selezione, nelle reti finiscono tantissime specie che poi non vengono minimamente considerate commestibili ma vengono comunque uccise. Molto spesso si arriva così in profondità da raccogliere qualsiasi cosa, distruggendo interi habitat che servivano anche per la riproduzione dei pesci”.
È notizia di poche settimane fa l’unione fra due gigantesche multinazionali la Bayer e la Monsanto, quest’ultima famosa per la produzione di sementi transgeniche, pesticidi e ormoni sintetici per gli allevamenti. Questi colossi, già al centro di diverse manifestazioni di dissenso da parte di associazioni ambientaliste e non sugli effetti dei loro prodotti sulla popolazione locale e sulla terra, potrebbero scoraggiare anche l’attivista più convinto, facendolo sentire impotente. Ma Lisa Kemmerer non ha dubbi: “Sono contenta che anche i media generalisti adesso ne parlino, forse sempre più gente si informerà al riguardo, su chi fa cosa – risponde la filosofa – È facile essere sopraffatti dai problemi del mondo, quando li incontri, ci sono guerre e accadono cose terribili ogni giorno, ma in questo caso come individuo singolo si può fare qualcosa di concreto, in modo semplice, diventando vegano. Viene subito tolto a queste aziende il potere, non dando loro i soldi che guadagni. Con le scelte alimentari possiamo essere davvero il motore del cambiamento per la nostra terra”. Un messaggio di speranza che però deve partire, a detta della stessa Kemmerer, da un percorso unitario delle associazioni che combattono per i diritti degli animali e per quelli dell’ambiente, spesso divise: “Spesso non si fa fronte comune, credo per una questione di potere. Il movimento ambientalista è diventato mainstream, addirittura i movimenti per la caccia li accettano. Le associazioni ambientaliste sono accettate dalla massa, quelle animaliste no. Hanno però purtroppo perso spesso la loro integrità continuando a mangiare animali, uova e carne. Quando un ambientalista è informato e conosce la verità non ha nessun motivo di voler separare la causa animalista da quella ambientalista perché sono due facce della stessa medaglia”.
La caccia: quando l’inciviltà è accettata
In Italia, come altrove nel mondo, s’è aperta la stagione della caccia. Nel libro “Mangiare la Terra” si presentano alcuni dati sui danni per l’ecosistema: 200 milioni di animali uccisi ogni anno (50 milioni di colombi, 25 milioni di quaglie, 20 milioni di fagiani), con un tasso di ferimento dei volatili selvatici del 30%. Ai numeri viene aggiunta anche la sofferenza della poca rapidità della morte: le statistiche mostrano come un colpo unico, veloce e pulito non sia comune tra i cacciatori. Vengono smontate nel saggio ad una a una le motivazioni che continuano a portare avanti, nel 2016, una pratica che non ha in realtà, come spesso viene ripetuto, nessuna funzione di contenimento della fauna selvatica. Non sarebbero molto più validi altri metodi anche meno dolorosi per gli animali? Alcuni predatori, che mettono in pratica il loro istinto naturale di sopravvivenza cacciando le prede degli uomini armati di fucile, vengono spesso uccisi perché causano disturbo: “Secondo me è proprio una questione di civiltà: cosa vuol dire essere un essere umano civilizzato? Uccidere solo per divertimento non può essere una buona azione – commenta Lisa Kemmerer – Vivo in una delle più violente nazioni del Pianeta. Quando vediamo le notizie dei bambini che commettono uccisioni di massa nelle scuole, dobbiamo pensare che sono ragazzi che hanno imparato ad usare le armi già da bambini, imparando ad uccidere andando a cacciare”. A chi ripete spesso che si caccia per avere una connessione con la natura, la filosofa americana risponde: “Come si può dire di avere un contatto diretto massacrando gli esseri che vivono liberi nella natura? Se vogliamo davvero trovare un collegamento con essa e i nostri figli coltiviamo un orto, o facciamo giardinaggio”.
Cosa possiamo fare per salvare il pianeta?
La vita di ogni vegetariano o vegano è costellata di domande sulla propria scelta alimentare e il proprio stile di vita. Si sente spesso dire, anche in trasmissioni televisive, che bisognerebbe preoccuparsi degli animali che oggi sono negli allevamenti, nel caso in cui la produzione di carne smettesse domani: “Quando le persone mi fanno delle domande assolutamente prive di senso e ridicole ribatto che lo fanno solo perché stanno cercando di far finta di nulla, di non vedere la verità, cioè il fatto che devono smettere di mangiare carne – conclude – Per questo motivo tirano fuori scenari ipotetici assurdi come quelli che da un giorno all’altro l’intera umanità smetta di mangiare carne. È tutto davanti ai nostri occhi: stiamo distruggendo il pianeta e creando una terribile sofferenza. Se si è anche religiosi non si può minimamente considerare l’ipotesi di mangiare carne: v’insegnano la compassione e la gentilezza che non ha nulla a che vedere con questo meccanismo. Senza contare che continuando a mangiare in questo modo ci stiamo uccidendo, stiamo distruggendo la nostra salute, il nostro corpo, quindi perché fare scenari ipotetici e domande assurde, quando invece possiamo scegliere subito di diventare vegani e fermare tutto questo?”.