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L’Italia non è un Paese per madri lavoratrici: 1 su 5 smette di lavorare e dedica oltre 10 ore al giorno ai figli

Le madri spesso si trovano a dover bilanciare la cura dei figli con le esigenze del mercato del lavoro, e questo può avere conseguenze significative sia a livello personale che per l’intera società.

L’Italia non è un Paese per madri lavoratrici – Nanopress.it

 

Nel 2023, il tasso di occupazione femminile in Italia era 13 punti percentuali al di sotto della media dell’Unione Europea.

L’Italia non è un Paese per madri lavoratrici

La maternità e il lavoro rappresentano una sfida complessa per molte donne, e l’Italia non fa eccezione. Le madri spesso si trovano a dover bilanciare la cura dei figli con le esigenze del mercato del lavoro, e questo può avere conseguenze significative sia a livello personale che per l’intera società. Per quanto riguarda l’astensione obbligatoria dal lavoro durante la maternità, la legge italiana prevede che le lavoratrici incinte si astengano dal lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi. Se il parto avviene oltre la data prevista, l’astensione riguarda anche i giorni tra la data prevista e quella effettiva. Dal 2018, le donne hanno la possibilità di fruire di un periodo di 5 mesi di astensione obbligatoria dal lavoro dopo il parto, a condizione che un certificato medico attesti che ciò non mette a rischio la salute della madre e del nascituro.

Le donne che diventano madri spesso affrontano sfide legate alla disparità di genere nel mondo del lavoro. L’80% delle differenze di genere, come la sottoccupazione femminile e il pay gap, è attribuibile alla scelta di avere un figlio. Questo non vale per i padri. Nel 2023, il tasso di occupazione femminile in Italia era 13 punti percentuali al di sotto della media dell’Unione Europea, con un divario di quasi 18 punti rispetto agli uomini. Se l’Italia raggiungesse il livello medio europeo di partecipazione delle donne al lavoro, la riduzione della forza lavoro prevista al 2040 si dimezzerebbe.

L’impatto economico della maternità

Le madri spesso subiscono una riduzione significativa dello stipendio. A parità di età, competenze e reddito iniziale, la retribuzione annua delle madri a quindici anni dalla nascita del primo figlio è in media circa la metà di quella delle donne senza figli. Mantenere un figlio pesa sulla media delle famiglie italiane per 640 euro al mese, che si traduce in oltre 138.000 euro fino al raggiungimento della maggiore età del bambino, il doppio della media OCSE.

Donna incinta – Nanopress.it

 

L’economista Tommaso Nannicini suggerisce alcune soluzioni: rendere paritari i congedi parentali, sia obbligatori che facoltativi. Creare una rete di servizi integrati di supporto alla genitorialità, organizzare il lavoro in modo da svincolare lo stipendio dalle ore dedicate, considerare un “tempo di base” in cui il sistema di welfare si occupa di liberare il tempo delle persone, soprattutto per chi non può permettersi di ridurre le ore lavorative.

 

Filomena Indaco

Classe 1983, divoratrice di libri e di parole, giornalista pubblicista. Sono la Direttrice Responsabile di NanoPress.it

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