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Era giusto correre questa tappa al massimo oppure era giusto neutralizzarla per evitare problemi, decisione che poi è stata presa e portata a compimento? La Giovinazzo-Bari è nata paracula: 112 chilometri, giusto una sorta di riscaldamento per ritornare dall’Irlanda e permettere a tutti di riprendere il ritmo dopo la lunga trasferta (nell’ordine di importanza: ciclisti, logistica, stampa e staff). Ma soprattutto è terminata ancora più paracula: andatura turistica e prudente, gran chiacchiericcio del gruppo e decisione di tutelare i ciclisti congelando il tempo dell’ultimo giro. Gli animi si sono divisi tra chi propendeva per una corretta condotta precauzionale e chi inveiva allo scarso coraggio dei girini. Personalmente credo si sia presa la giusta via, perché non si può sposare la logica dello spettacolo del pericolo. Anche se la contrattazione non è stata gestita al meglio.
Tanti colleghi si sono schierati contro i ciclisti affermando che sono sostanzialmente stati dei cacasotto e che non hanno rispettato un lavoro che – decine di anni fa – si viveva in modo differente, più arrembante, senza paura, con il coltello tra i denti. Anche in diretta Martinello ha espresso il proprio disappunto. Alcuni dei giornalisti che reputo miei “maestri” non l’hanno certo presa alla leggera, ma non mi trovo affatto d’accordo. Mi ha riportato alla mente la tappa di Assisi di due anni fa, con i corridori gettati in strade bianche estremamente polverose che incitavano al disastro nucleare molto facilmente.
Sono stato corridore, così come molti colleghi. Non si può dire che chi era d’accordo alla bagarre non ha mai corso in bici e viceversa perché i fatti dimostrano il contrario. Quindi è un puro e semplice “scontro” tra opinioni. E la mia è che è stato più che giusto neutralizzare l’ultimo giro e proteggere i corridori perché le strade erano vere saponette che invitavano alla caduta molto facilmente sia alla partenza da Giovinazzo sia a Bari. Tengo a precisare che non è colpa degli organizzatori, è semplicemente “colpa” di un asfalto che ha patito in modo grave la pioggerella. Qui non si tratta di parlare di coraggio e di codardia, si parla di ragazzi che hanno un lavoro pericoloso di natura e che se possono evitare di sfracellarsi è meglio.
Magari è anche vero che 30-40 anni fa si correva in situazioni ben più disastrate e nessuno si lamentava, ma è anche vero che prima dell’avvento dell’anestesia si conducevano operazioni con il paziente che urlava come se lo stessero – e di fatto lo stavano – macellando. Le immagini TV hanno poi dimostrato che, alla prima curva presa con un po’ più di velocità, sono finiti tutti a terra. Certo, la curva non era stata impostata alla meglio, ma la paura rende insicuri. Ecco, forse sarebbe stato meglio evitare di mostrare in TV tutta la contrattazione stile mercato per lunghi minuti. Ma senza un leader o un gruppo di leader veri in gruppo non è facile.
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