Il Long Covid è un problema serio, spesso anche molto più dell’infezione stessa. Grazie a un recente studio, però, ci sarà la possibilità di sapere fin dall’inizio della malattia se si hanno fattori di rischio per questa sindrome.
Il Long Covid è diventato un problema serio per moltissime persone: tante, infatti, dopo aver contratto il Covid ed essere guarite, continuano ad avere spiacevoli sintomi per settimane, se non addirittura mesi. Uno studio, però, potrebbe rivelare già durante la malattia chi è e chi non è a rischio.
Il Long Covid ormai è diventato un problema reale. Forse anche più serio dell’infezione stessa. Innanzitutto cosa si intende precisamente con questo termine? Si intende, in sostanza, una vera e propria sindrome clinica, caratterizzata dall’insorgenza oppure dalla persistenza dei sintomi riconducibili al virus settimane oppure mesi dopo l’effettiva guarigione (da attestare ovviamente con esito negativo del tampone molecolare oppure antigenico).
In pratica accade questo: un soggetto si negativizza de facto, ma continua ad avere sintomi, spesso anche peggiori di come li aveva avvertiti durante la malattia.
Quali sono i sintomi più comuni? Dipende, perché variano da soggetto a soggetto, ma sostanzialmente parliamo di fatica persistente, debolezza, dolori muscolari e articolari, mancanza di appetito.
Ma cosa determina l’insorgere di questa sindrome? Ad oggi non è ancora chiaro quale meccanismo determini in alcune persone la sua comparsa, ma probabilmente è una conseguenza di danni al sistema nervoso causati dal Covid, oppure una risposta anomala del sistema immunitario (ma potrebbe essere anche un mix di entrambe le cose).
Esistono comunque dei fattori di rischio. Questi sono l’età, il sesso (le donne sono più propense a sviluppare il Long Covid), l’ospedalizzazione, l’obesità e il diabete di tipo 2. In ogni caso, oggi sappiamo che esiste un esame accurato, capace di prevedere, già mentre è in corso l’infezione, questa sindrome.
Uno studio condotto da ricercatori dell’University College London (Ucl) e pubblicato su eBioMedicine del gruppo The Lancet ci permetterà di capire già chi svilupperà il Long Covid e chi no, individuando quindi i soggetti a rischio.
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