Pfizer, il noto colosso farmaceutico americano, ha chiesto l’autorizzazione alla Food and Drug Administration (FDA) statunitense per la somministrazione del proprio vaccino agli under 5.
La BioNTech è stata la prima casa farmaceutica a realizzare il vaccino contro il coronavirus.
La gigantesca casa di produzione di medicinali, che nel 2020 ha collaborato con il laboratorio di ricerca teutonico BioNTech, è stata la prima a realizzare il vaccino contro il Covid-19.
Comirnaty, questo il nome ufficiale del prodotto attualmente di punta della compagnia, ha permesso alle popolazioni da esso raggiunte di vedere sensibilmente calare infezioni ed ospedalizzazioni, contribuendo in modo fondamentale all’uscita di buona parte del globo dallo stato di emergenza sanitario.
Naturalmente, soprattutto di fronte ad avvenimenti epocali come la recente pandemia, la rapidità e novità del vaccino (il medesimo principio di azione dello stesso è innovativo) ha generato forte scetticismo e polemiche.
Non sorprende quindi che queste ultime si rifacciano avanti di fronte all’annuncio della compagnia di aver fatto richiesta all’organo statunitense che regolamenta produzione e distribuzione di farmaci, la Food and Drug Administration, di poter autorizzare la somministrazione del siero anti-Covid anche ai bambini dai 6 mesi ai 5 anni di età.
Questa è invero la sola porzione di popolazione di fatto esclusa da qualunque tipo di vaccino contro il coronavirus. Il parere della FDA dovrebbe giungere entro metà giugno.
In realtà l’azienda farmaceutica aveva già ad inizio anno dimostrato l’intenzione di fare domanda all’organo regolatore in materia sanitaria, ma poi a febbraio era giunta la decisione del rinvio, visti i dati non conformi alle aspettative ottenuti dalle sperimentazioni.
In quel caso le dosi previste erano state due; questa volta l’analisi campione si è svolta attraverso la somministrazione di tre micro-dosi di preparato.
I test, effettuati su 1678 bambini della fascia di età in oggetto, sono stati eseguiti inoculando tre dosi di Comirnaty da 3 microgrammi (la dose normale per un adulto è 30 microgrammi).
I risultati hanno rincuorato i ricercatori: i pazienti dimostrano una convinta risposta immunitaria. Le tre somministrazioni sembrano garantire l’80,3% di immunità dalla variante Omicron della malattia respiratoria.
Anche i test eseguiti a distanza di un mese dal vaccino palesano valori simili a quelli riscontrabili nella fascia d’età 16-25 anni dopo due dosi.
L’unica differenza quindi risulterebbe il dosaggio: due inalazioni dai 12 anni in su, con possibilità di una ulteriore richiamo, tre per i pazienti più piccoli (sebbene sia da tenere presente la quantità assai inferiore di prodotto somministrato).
Ora il gruppo statunitense, affiliato nella lotta al morbo alla tedesca BioNTech, resta in fiduciosa attesa.
Se dovesse giungere l’okay dall’FDA, anche l’ultima fascia di popolazione lasciata scoperta dal vaccino avrebbe il suo scudo contro gli effetti del Covid-19.
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