Accuse reciproche tra Cina e Stati Uniti, mentre interviene anche la Ue affermando che Pechino minaccia la sicurezza. Dopo le recenti tensioni Pechino alza il controllo sul gallio e il germanio, per chip, pannelli e auto elettriche.
Si apre un nuovo capitolo della lotta tecnologica tra Usa e Cina. Una battaglia portata avanti sin dai tempi di Donald Trump, che nei confronti di Pechino aveva sviluppato una vera ossessione dal punto di vista di app e tecnologia. La mossa di Pechino è stata quella di provare a tagliare fuori gli States alzando i controlli sulle esportazioni di gallio e germanio, mentre Washington provano a ricambiare il favore con i dati cloud.
Il ministro del Commercio di Pechino ha annunciato che dal primo agosto aumenteranno i controlli sulle esportazioni dei composti chimici gallio e germanio, fondamentali per la costruzione dei chip, con la motivazione ufficiale di proteggere la sicurezza della nazione. Per le esportazioni saranno necessarie altre licenze, mentre gli acquirenti esteri dovranno comunicare in maniera più specifica i motivi delle richieste per le esportazioni.
Ma torniamo al gallio e al germanio. Si tratta di metalli fondamentali per la lavorazione di semiconduttori, sono inoltre utilizzati per costruire i pannelli solari e vengono sfruttati moltissimo per le auto elettriche. Una mossa, quella del governo cinese, che apre di fatto un scontro tra i due paesi, con Washington che intanto vorrebbe limitare l’accesso ai cloud da parte delle aziende cinesi.
La mossa di Pechino, che non chiude del tutto l’accesso ai materiali, è senza dubbio una risposta ai recenti obiettivi di espansione da parte degli Usa sul controllo dell’export di semiconduttori. Una decisione, quella di puntare su questo settore, che non è piaciuta alla Cina la quale però potrebbe nonostante l’aumento dei controlli contendere normalmente le licenza anche dopo il primo agosto.
Nelle scorse ore infatti la stampa vicina al partito cinese ha riferito che i recenti comportamenti del ministero del Commercio è frutto del “continuo intensificare la guerra dei chip e la repressione tecnologica, è normale e anzi fondamentale che la Cina adotti misure per salvaguardare il proprio sviluppo tecnologico, la sicurezza e gli interessi nazionali”.
Una questione che inevitabilmente ha attirato l’attenzione degli esperti, al momento divisi sugli effetti che questo concatenarsi di eventi potrà avere sul mercato. I ricercatori di Eurasia hanno fatto sapere tramite una recente dichiarazione che queste mosse potrebbero avere un impatto sul mercato globale dal punto di vista delle limitazioni considerata la portata. La decisione di Pechino è da leggersi anche come avvertimento confronti del Giappone dei Paesi Bassi e degli Stati Uniti, mirata appunto a dissuadere dall’imposizione di restrizioni ferree.
Questione che unisce invece gli esperti è possibile effetto boomerang. Con la crescita di limitazioni di questo tipo infatti il rischio è quello di una accelerazione da parte degli altri paesi sullo sviluppo di tali tecnologie, che potrebbero rendere in futuro le nazioni più indipendenti di quanto non lo sono adesso. Sei prezzi dovessero continuare a salire potrebbe diventare infatti più conveniente aumentare la produzione in Canada e gli Stati Uniti.
Per il momento la Cina è il principale esportatore dei minerali, con un 94% della produzione mondiale totale di gallio. Un monopolio raggiunto anche grazie ai costi molto bassi dell’estrazione e della lavorazione. In questo contesto non poteva mancare l’opinione dell’Unione Europea. Sonya Gospodina, portavoce della Commissione, descrive Unione Europea preoccupata visto che tali materiali sono fondamentali per la produzione in serie di nuovi sistemi eco sostenibili e anche per la transizione Green.
È noto come gli appelli di Bruxelles a Pechino abbiano sortito scarsissime effetti soprattutto nel breve periodo, soprattutto per le questioni legate alle investigazioni Covid. Ma l’Ue non demorde, e richiama la Cina, esortando a un approccio più moderato e alla proposta di restrizioni che siano in linea con le dovute considerazioni di sicurezza e che siano in linea con le tegole dettate dall’organizzazione mondiale del commercio.
Più dura la risposta americana che mirerebbe a tagliare fu invece Pechino dal cloud. Secondo quanto riferito dal Wall Street Journal, gli Stati Uniti starebbero preparando una limitazione dell’accesso alle aziende cinesi di cloud computing, per imporre ai fornitori dei servizi statunitensi come Microsoft e Amazon alcune limitazioni. Un clima che non rende certo serena la visita del Segretario al Tesoro Janet Yellen prevista a Pechino dal 6 al 9 luglio.
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