Il Covid non è un vago ricordo e non sappiamo né se né quando lo sarà. C’è però una buona notizia che riguarda l’Italia: nonostante l’Rt sia in lieve aumento, il numero di casi e il numero di posti occupati nelle terapie intensive stanno diminuendo.
Il Covid sta ricominciando a fare paura in alcuni Paesi del mondo, come la Cina. Lì è di nuovo una minaccia reale, la situazione sta precipitando, anche se secondo le autorità il peggio sarebbe ormai passato. Restano comunque i dubbi sul numero reali dei contagi e delle vittime, dato che il Paese ha smesso di segnalare i casi non appena l’Oms ha rinnovato la sua richiesta di avere ulteriori elementi per tracciare un quadro completo della situazione. Quello che sappiamo è che, stando all’ultimo dato pervenuto lunedì scorso, i nuovi casi circa 15mila e domenica 8 gennaio sono stati segnalati tre decessi. Dobbiamo specificare che la situazione nel resto del mondo è ben diversa: in Italia, ad esempio, il numero di posti occupati nelle terapie intensive sta diminuendo.
Il Covid continua a girare tra la popolazione italiana (e mondiale). Mentre la situazione in Cina pare precipitare – di recente alcune immagini satellitari pubblicate in esclusiva dal Washington Post hanno rivelato una situazione a dir poco drammatica, instauratasi dopo lo stop brusco del governo alle restrizioni, con tanto di file di persone fuori dai crematori che attendono il loro “turno” con i loro affetti morti a causa del virus – il resto del mondo pare essersene dimenticato.
Eppure il caso del continente asiatico dovrebbe averci insegnato qualcosa (anzi, confermato dovremmo dire): il Covid è un virus talmente imprevedibile, sconosciuto ancora in gran parte, instabile, che tra le millemila varianti che pervengono da ogni dove non si può mai sapere cosa accadrà.
Pare che il problema di fondo in Cina sia che le persone anziane non sono vaccinate oppure spesso non hanno la terza dose, che lo Stato abbia deciso di uscire della pandemia nonostante fosse consapevole di ciò e che gli ospedali non erano sufficientemente preparati per un’ondata di questa portata.
A quanto dicono gli esperti il resto del mondo non dovrebbe affatto preoccuparsi, anche se alcuni casi di XBB.1.5, meglio conosciuta come Kraken, sono stati rilevati anche in Occidente (ma in percentuali bassissime, sia chiaro). Probabilmente anche per questa consapevolezza, molti Paesi, tra cu l’Italia – insieme a Australia, Francia, India, Israele, Marocco, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti – hanno deciso di rendere obbligatorio a chiunque arrivi dalla cena effettuare un test Covid.
E, mentre l’Unione Europea continua a non giustificare una prudenza così elevata e a definire queste misure ingiustificate, in Italia continua a essere predominante la sottovariante Covid BQ.1, meglio conosciuta come “Cerberus”, i cui sintomi più frequenti continuano a essere mal di gola, raffreddore, tosse secca.
Insomma attualmente il virus continua comunque a girare liberamente, come abbiamo anticipato, ma senza nuocere troppo alla popolazione, come testimoniano gli attuali dati registrati in Italia, da cui si evince che l’incidenza settimanale a livello nazionale attualmente è in calo.
Il dato è questo dal 6 al 13 gennaio ci sono stati 143 ogni 100.000 abitanti, mentre la settimana precedente (che ha coinciso con quella immediatamente successiva a Capodanno, a cavallo con il nuovo anno e successiva ai ritrovi familiari di Natale) i casi era 231 ogni 100.000 abitanti. La differenza quindi c’è, non è poca, è tangibile.
Parlando di Rt medio, sappiamo che invece questo sta leggermente aumentando: nel periodo che andava dal 21 dicembre 2022 al 3 gennaio 2023 era pari a 0,91 (range 0,77-1,11), che significa che, rispetto alla settimana precedente, vi era stato un aumento, ma non abbastanza ingente e in ogni caso il suo valore si attesta ancora sotto la soglia epidemica.
Buone notizie anche sul tasso di occupazione in terapia intensiva: il 12 gennaio – come rileva il Ministero della Salute – era del 3,1%, contro il 3,2% della settimana precedente. La differenza è minima quindi attualmente, ma già il fatto che il dato non sia in aumento, ma sia in calo è un ottimo segnale.
Stessa cosa vale anche per il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale: sempre stando ai dati che emergono dal Ministero della Salute, il 12 gennaio era del 10,1%, mentre esattamente 7 giorni prima era del 12,1%. In questo caso, quindi, la differenza è decisamente più evidente.
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