Aria di cambiamento nel centrodestra? Sembrerebbe di sì dopo che Silvio Berlusconi ha lanciato il governatore del Veneto Luca Zaia come nuovo leader della coalizione, sempre che la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo non decida di rimetterlo in corsa. La proposta è arrivata dallo stesso ex Cavaliere nel corso del suo intervento alla trasmissione Notizie Oggi in onda su Canale Italia. “Se Berlusconi non potrà tornare in campo, il centrodestra dovrà trovare qualcuno al suo interno. Il governatore del Veneto Luca Zaia si sta comportando molto bene. Dico Zaia o qualcun altro in grado di emergere e convincere tutti”, ha dichiarato il leader di Forza Italia. L’invito è stato rimandato al mittente. “Amministrare una Regione non è una questione semplice ma di impegno quotidiano e di credibilità”, ha fatto sapere Zaia che ha declinato l’invito. “Per me resta una manfrina, per quanto riguarda la Lega abbiamo già un candidato, che è Matteo Salvini“, ha concluso. Una buona notizia per il Carroccio che avrebbe rischiato di perdere uno dei suoi uomini migliori, almeno stando alla sorte toccata a tutti i delfini di Berlusconi, bruciati prima del tempo.
Il centrodestra è alla ricerca disperata di un leader che possa riunificare le varie anime dello schieramento che, sulla carta, dovrebbe andare dai moderati fino ai leghisti-trumpisti d’Italia. Tutto è legato alla sentenza di Strasburgo: dopo la condanna definitiva per frode nella vicenda Mediaset, Berlusconi è decaduto da senatore con il conseguente divieto di ricandidarsi in politica fino al 2019.
Da qui la decisione di rivolgersi alla Corte europea per i diritti dell’uomo che potrebbe riabilitare la sua posizione, rendendolo candidabile per le prossime elezioni: se così fosse (e non è detto che non lo sia), la scelta di Zaia come leader del centrodestra sarebbero inutile, visto che sarebbe lui il candidato.
Il dibattito interno al centrodestra è più che infiammato: la sentenza potrebbe essere negativa o arrivare troppo tardi e la coalizione non avrebbe un leader in grado di opporsi agli altri due schieramenti in campo (il centrosinistra, alle prese con la scissione del PD, e il M5S).
La mossa di indicare Luca Zaia sembra dunque un gesto da “padre nobile” della destra liberista, della serie “faccio un passo indietro perché si possa competere alla pari e vincere”. In realtà, la scelta di Luca Zaia è più sibillina e nasconde la volontà di non mollare le redini del comando. Il presidente è un politico molto apprezzato nella sua Regione e la popolarità di Zaia è legata al lavoro sul territorio con una precisa identità politica (sarebbe difficile far digerire il progetto di un Veneto autonomo e libero dal Po in giù).
L’ex Cavaliere non ha fatto il nome di Salvini o di Giorgia Meloni, i due giovani leader del centrodestra che da tempo chiedono le primarie e che avrebbero buone chance di guidare la coalizione, ma ha puntato su un successore (tra l’altro neanche del suo partito) che difficilmente prenderà il suo posto.
È un po’ quello che ha sempre fatto con tutti i delfini che si sono succeduti. L’ultimo in ordine cronologico è stato Stefano Parisi: proposto come candidato sindaco a Milano, il pupillo di Berlusconi ha dato filo da torcere a Beppe Sala, per poi essere lasciato a se stesso tanto da fondare una nuova forza politica, Energia per l’Italia, e solo in un secondo momento ritornare nell’alveo del centrodestra berlusconiano, con un riavvicinamento tra i due.
Nel corso degli anni, gli eredi designati si sono persi per strada. Il primo è Gianfranco Fini, l’alleato naturale, il “successore designato” come disse lo stesso Berlusconi nel 2007 che lasciò il Popolo della Libertà, il partito del predellino fondato insieme all’ex Cavaliere, tre anni più tardi, al termine della celebre direzione del “Che fai, mi cacci?”.
Si passa poi a Giovanni Toti e Raffaele Fitto; il primo fu investito del ruolo di consigliere politico, dopo l’addio agli studi del Tg4 in vista di una promettente carriera politica in chiave nazionale che si è arenata alle prime elezioni, con la candidatura e la successiva vittoria a governatore della Liguria. Il secondo ha detto addio a Forza Italia dopo essere stato ministro nel governo Berlusconi, aver rappresentato il volto nuovo degli azzurri ed essere stato designato come un degno erede. Anche Giulio Tremonti, il braccio economico della politica di Berlusconi, era stato indicato come possibile successore, per poi finire nel dimenticatoio.
L’unico sfuggito alla maledizione del delfino è stato Angelino Alfano, passato dall’essere ministro della Giustizia con tanto di lodo in aiuto dell’ex Cavaliere e proteste davanti al Tribunale di Milano da segretario del PdL, a diventare l’avversario politico con la nascita del Nuovo Centro Destra e l’appoggio ai governi PD. Così, mentre la leadership del centrodestra è ancora tutta da definire, l’ex delfino si gode il successo personale, a capo di un suo partito e ministro (degli Interni e ora agli Esterni) sempre presente negli ultimi governi. Alla faccia della maledizione.
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