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Luciana Littizzetto ritrova Che tempo che fa e si lancia in un monologo gay friendly dedicato al tema delle unioni civili e della stepchild adoption. Succede a Rai 3, nella puntata in onda domenica 24 gennaio 2016. Per prima cosa la comica commenta il Family Day, lo definisce ‘un ritrovo di persone all’aperto, in cui preti, leader politici divorziati, separati, risposati e frequentatori di prostitute dicono com’è bella la famiglia tradizionale’. L’assist di Fabio Fazio non manca, anche perché la satira usa paradossi, sottolinea le contraddizioni e infatti Luciana Littizzetto ricorda al Cardinal Bagnasco che la legge sulle unioni civili è un’emergenza di diritti per la quale ‘ci tormentiamo dal 1986’.
Luciana Littizzetto parla a Che tempo che fa di come negli anni l’agenda politica sia stata pregna d’iniziative: dalla riforma della Costituzione al Jobs Act, passando per le varie manovre finanziarie, ma sui diritti delle persone si è sempre in ritardo. ‘Le coppie civili sono ancora al palo, ma cosa dobbiamo aspettare ancora? Il 2020? Non so se ci sono ancora nel 2020, forse vado a fare la tinta’, dice la comica con ironia, ma su temi seri.
Uno dei motivi per cui una legge sulle unioni civili tarda ad arrivare è perché alcuni sostengono che possa avere profili di incostituzionalità. ‘Non è vero che è scritto questo’, cioè che il matrimonio debba avvenire tra persone di sesso diverso; ‘la Costituzione è stata scritta nel ’48’, quando ‘i gay li chiamavano froci’, ricorda Luciana Littizzetto, per cui oggi non è più così, o forse non proprio: ‘Adesso – scherza la comica su Rai 3 – non succederebbe mai, a meno che tu non sia un allenatore di calcio!’. Il riferimento è alle vicende che ultimamente hanno visto protagonisti gli sportivi Sarri e Mancini.
A mio parere, Luciana Littizzetto centra un punto fondamentale. Il riconoscimento dei diritti civili non toglie nulla a chi vuole sposarsi con una persona di sesso diverso. Il problema sta nell’omofobia, nel pregiudizio e nella rappresentazione sociale arcaica che vuole i gay come soggetti da curare perché presunti malati, col rischio – purtroppo assunto – di una sorta di contagio mentale: in qualche modo, di fondo, c’è la paura di diventare gay, o di esserlo.
‘Ma di cosa abbiamo paura? Di essere contagiati da queste coppie? Se domani mattina Giovanni e Francesco si sposano, non è che poi Cannavacciuolo si mette il rimmel e Del Rio il reggiseno!’. Questo il commento di Luciana Littizzetto a Che tempo che fa.
C’è poi la questione complessa delle parole da usare, ma, se non si trovano le parole giuste, forse il riconoscimento dei diritti civili può anche avvenire, ma solo nella forma, non nella sostanza. E’ un rischio. Anche come ‘diciamo i fatti’ determina il riconoscimento sociale dell’uguaglianza e allo stesso tempo delle singole differenze che esistono in ognuno di noi.
‘Non si può chiamare matrimonio, non si può chiamare famiglia – anche se a tutti gli effetti un matrimonio è una famiglia – allora si è trovata questa espressione: formazione sociale. Che espressione è? Sembra uno stage per tornitori! A me – dice Luciana Littizzetto durante il monologo – sono venute altre idee: coppie in tandem contro mano, sporadico grumo emotivo, insolita cooperativa inguinale, agglomerato umano anomalo, unione tra diversamente sposati, estremisti sentimentali. Non vogliamo chiamarlo matrimonio? Chiamalo pinzimonio o matrix’.
Poi in studio viene mostrata la mappa con i Paesi al mondo che ancora non riconoscono i diritti civili sia in termini di matrimonio sia in termini di unioni civili. Manca poco e l’Italia è nella lista di dove l’omosessualità è (ancora) un reato e, come ricorda Luciana Littizzetto, ‘siamo tra i pochissimi paesi europei che ancora oggi non ha una legge sulle unioni civili’. ‘Non è che sono tutti cretini o mostri. Il problema è che i diritti delle minoranze non piacciono ai poteri’.
Quindi, la possibile svolta politica proposta dalla comica: ‘Ho trovato una soluzione: che l’omosessualità dilaghi in Parlamento, che Salvini si innamori di Alfano, che La Russa prenda una scuffia per Bersani, che Verdini chieda a Renzi di sposarsi. A quel punto faranno una legge sulle unioni civili: solo Montecitorio gay ci può salvare!’.
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