Avete presenti i talent show? Avete presenti i social? Ecco, dimenticateveli, perché la storia di Lucio Battisti, che proprio oggi, a distanza di un giorno da un altro grande Lucio – Dalla, ovviamente – avrebbe compiuto 80 anni, è completamente diversa. E non è solo una questione di epoca, perché forse il cantautore nato a Poggio Bustone, nella provincia di Rieti, il 5 marzo 1943, e morto a Milano il 9 settembre del 1998, a poco più di 55 anni, non avrebbe mai barattato la sua vita privata per diventare “famoso”, in quella maniera. Ed è proprio questa una delle particolarità di Battisti, uno degli artisti più amati di sempre, in Italia, ma anche uno dei meno conosciuti, per lo meno fuori dal suo campo di azione.
Della musica del cantautore laziale, invece, si può dire tanto, lo si può fare perché sono tanti i dischi che ha registrato – 17 solo in studio -, perché sono tante le sonorità che ha esplorato, da precursore se la vediamo con i nostri occhi, da avanguardista se ci immergiamo nell’epoca in cui lui ha iniziato a essere Lucio Battisti. Lo si può fare anche perché, nel corso della sua carriera, ha avuto quasi un prima e un dopo: quello che è stato con Mogol, al secolo Giulio Rapetti, il paroliere con cui è diventato un fenomeno di massa, e quello che è stato quando, invece, ha deciso di affidarsi al poeta Pasquale Pannella, non prima, tra l’altro, di aver collaborato anche con la moglie Velezia, ovvero Grazia Letizia Veronese, per scrivere le parole della sua musica, imparata da autodidatta.
Queste cose, però, si sanno, o basta leggerle su Wikipedia o chi per lei – perché sì, nonostante il suo carattere schivo anche il compositore dai capelli ricci, scomparso per non si sa quale ragione quando era ancora giovane, ha una pagina dedicata -, e quindi non ha senso ripercorrerle. Piuttosto, una precisazione: nonostante fosse “accusato” di essere fascista, forse anche a causa di quei “boschi di braccia tese” della Collina dei ciliegi, o anche di alcune copertine di album, non lo era affatto, e piace a tutti ora, di destra e di sinistra che siano, come all’ora.
E ci piace, ora, nonostante solo una parte dei suoi successi siano sbarcati su Spotify, e solo nel 2019. Ci piace perché ci riconcilia con la musica più emozionale, intima, quella che si ascolta per esprimere sentimenti che, forse, non sappiamo neanche di provare, o che esistano. Emozioni, appunto, che “capire tu non puoi“, una delle più belle canzoni mai scritte e cantate, una delle più famose, un manifesto.
Ma non è l’unica, perché sono tanti i brani di Battisti che hanno un posto speciale nel nostro cuore. I giardini di marzo, per esempio, ci riconcilia con la primavera, con il bel tempo, con i colori, lo fa anche se parla di un ragazzo timido che è innamorato sì, ma non riesce a cambiare in positivo la sua esistenza, come se fosse bloccato, o Hegel, più criptica, e anche più criticata, che ognuno può personalizzare come vuole tanto è ingarbugliata e bella.
E sono tanti, ancora, i brani che ci fanno dire, ancora, che il cantautore che si è trasferito a Milano per trovare fortuna, trovandola, e in cui è morto ci manca terribilmente. Ma abbiamo la sua musica a farci compagnia, a farci sentire un po’ meno soli e un po’ più capiti, un po’ più felici e un po’ più tristi. E da lui, forse, dovremmo imparare a tenere più riservata la nostra vita, a non darla in pasto a chicchessia, perché soprattutto le sensazioni più belle si possono vivere in pochi.
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