L’Ucraina ha chiesto agli alleati occidentali di boicottare la cultura russa

La guerra tra Russia e Ucraina è l’oblio della coscienza, l’azzeramento della civiltà e l’inaccettabile smania di prevaricare l’altro, soprattutto per una delle due parti. Nelle ultime ore, però, è arrivata una richiesta pesante e che subito dovrebbe trasformarsi in monito e poi in inversione di rotta. Il ministro della cultura ucraino ha invitato gli alleati occidentali a boicottare la cultura russa, nello specifico sospendendo le esibizioni di Tchaikovsky. L’oblio della storia accompagna, un po’ in tutta la storia, ogni guerra, ma non è proprio accettabile per non dimenticare del tutto quella che comunemente definiamo civiltà.

Schiaccianoci
La rappresentazione de Lo Schiaccianoci – Nanopress.it

Colpo su colpo, morto dopo morto, minacce dopo minacce, il conflitto tra Russia e Ucraina non accenna a fermarsi. Con i primordiali tentativi di pace da buttar giù dalla finestra e senza appello, come fosse una cosa scontata o qualcosa a cuor leggero. E intanto si continua a stringere i denti, a piangere, a morire. Ricadute che stiamo pagando in tutto il mondo, sul piano energetico, economico-finanziario, alimentare. E anche per quanto riguarda la cultura. L’ultima richiesta agli alleati occidentali dell’Ucraina, l’ennesima, stavolta non riguarda le armi o un processo simil Norimberga, ma solo la volontà chiara di estirpare la cultura russa, come Putin sta cercando di fare con la loro, neppure riconoscendola. E questo no, non è giusto.

Cosa c’entrano Tchaikovsky, il ballo e la musica con la guerra tra Russia e Ucraina

Occhio per occhio, dente per dente. La classica legge del taglione, il drastico leitmotiv del sistema penale di un tempo che, però, ha un bel po’ di primitivo, arcaico e inevoluto. Ma perché ve ne stiamo parlando? Perché in Ucraina si sta arrivando un po’ a questo, che non è tutto giusto e tutto giustificabile, per carità, ma bisogna ben capire dove si sta mettendo mano. O dove si sta chiedendo di farlo. La Russia ha attaccato illegittimamente e fino a qui ci siamo. L’Ucraina ha tentato di difendersi, poi c’è riuscita, soprattutto grazie agli alleati d’Occidente, subito schierati dalla sua parte e con un atteggiamento attivo, non solo ideologico. Le sanzioni a Putin sono arrivate, poi sono arrivati anche gli aiuti militari. Enormi, costosissimi e costanti, cercando di soddisfare totalmente – laddove possibile – le richieste di Zelensky e dei suoi.

Giusto o no, così è andata e continuerà ad andare, nonostante alimenti dibattiti politici costanti in Italia come negli Stati Uniti e in Europa. Probabilmente, sta anche crescendo il dissenso, ma questa è un’altra storia. Sì, perché l’invito, la richiesta, chiamatela un po’ come volete, arrivata dall’Ucraina nelle ultime ore ha spiazzato tanti e fatto storcere il naso: secondo il ministro della cultura del Paese invaso, i suoi alleati dovrebbero cercare di boicottare la cultura russa, almeno fino alla fine della guerra.

Orchestra
Orchestra che musica lo Schiaccianoci – Nanopress.it

Ciò vorrebbe dire sospendere le esibizioni della musica di Tchaikovsky e di altri compositori, privarsi di una fetta importante di storia, dello spettacolo, della catarsi, della purezza e della gioia. In sé e per sé, come fuoco sacro e come esigenza. Un’ulteriore precisazione è arrivata poi dal giornalista ucraino Oleksandr Tkachenko che ha specificato come un boicottaggio culturale di questo tipo non significherebbe la cancellazione totale e permanente delle esibizioni, ma solo fino a quando il conflitto non terminerà. Quel “solo”, però, è molto relativo, dato che a più voci la guerra dovrebbe durare ancora per anni.

Ma perché gli ucraini, proprio loro, la parte lesa, quelli che sono stati attaccati e vengono costantemente privati delle libertà e dei servizi primari, avanzano una pretesa del genere? Innanzitutto, per quella legge del taglione che vi anticipavamo. È chiaro, la Russia ha dato vita a un’ulteriore escalation alla guerra attaccando pesantemente le infrastrutture energetiche di Kiev e delle principali città ucraine. Ma anche quelle civili e purtroppo quelle culturali. Una volontà di cancellare l’identità di un popolo che la Russia ha portato avanti fin dagli arbori della guerra. Putin di fatti ha sempre considerato il Paese guidato da Zelensky come qualcosa di suo, qualcosa del Cremlino, di fatti annientando il bagaglio storico che portava con sé il territorio assalito.

Le motivazioni, poi, sono di più e più profonde. Sempre secondo quanto si legge sul Guardian, la guerra si sta trasformando in una battaglia per la civiltà sulla cultura, una corsa alla distruzione della memoria. In Ucraina, inoltre, sono convinti, a ragione, che la Russia stia strumentalizzando il suo bagaglio artistico, sempre con l’intento di appropriarsi dei territori della nazione occupata, cercando di trasformarli in russofili. L’esempio più eclatante è quello di Kherson che è stata tappezzata di cartelloni con immagini di Pushkin e testi che mostravano la sua importanza per quella città.

Una strategia che rientra nella deportazione di massa applicata nei primi mesi dal Cremlino, che è comunque un crimine di guerra. Le figure culturali ucraine si sono mosse in tal senso, anche in maniera piuttosto netta. La richiesta interna è quella di non assumere artisti russi, promuovendo, invece, il principio di una separazione culturale tra i due Paesi. La maniera tutta loro per sovvertire gli equilibri con la cultura russa, un tempo dominante e usando il linguaggio della decolonizzazione. Per queste ragioni in Ucraina non viene più messa in scena musica russa.

Da una parte, quindi, c’è la propaganda di Putin, ancora una volta, e dall’altra la volontà dell’Ucraina di non perdersi e smarrire la sua identità, anzi di riaffermarsi come un’entità sciolta, slegata dal dominio sovietico e orgogliosa del suo patrimonio liberamente espresso. Ma a chilometri di distanza, quegli stessi alleati occidentali come l’hanno presa?

La risposta occidentale alla richiesta di boicottare la cultura russa

Ci si è sempre schierati, questo è chiaro dai fatti, prima ancora che per le parole. Stavolta, però, non si può proprio dire di sì. Con l’arrivo del Natale, lo Schiaccianoci è quasi un must nel Regno Unito. E anche da noi, che non è affatto un peccato. La prima risposta è, quindi, arrivata dal Royal Ballet di Londra, attraverso la posizione di un suo portavoce: “La presentazione di grandi opere storiche come Lo Schiaccianoci, eseguita da un elenco internazionale di ballerini, dovrebbe inviare una potente affermazione che Čajkovskij e le sue opere parlano a tutta l’umanità, in diretta e potente opposizione al ristretto e visione nazionalistica della cultura spacciata dal Cremlino”.

Inoltre, non si può dimenticare in tutta questa faccenda che Tchaikovsky era lui stesso di origini ucraine. L’azienda continuerà, però, a non lavorare con attori statali russi e con tutti colori che dimostreranno di avere legami con il regime di Putin o a suo favore. Ma i programmi, di fatto, non cambieranno.

Schiaccianoci
Illuminazione con lo Schiaccianoci in Germania – Nanopress.it

Per l’English National Ballet le cose non sono tanto diverse. Anche perché, in questo caso, è nei piani la messa in scena proprio dello Schiaccianoci. Nonostante la ferma condanna dell’invasione russa in Ucraina, non saranno stravolti i piani artistici. Ma non vale solo per Tchaikovsky. Si pensi, ad esempio, alla London Symphony Orchestra che ha nella sua scaletta Stravinsky e Rachmaninov. A riportare la loro posizione è stato l’amministratore delegato: “Continuiamo a eseguire musica russa del passato”. Ha anche notato che l’orchestra ha continuato a lavorare con artisti russi “che non si identificano con l’attuale leadership”. Confermano in ogni caso di essere solidali con tutti coloro che sono stati colpiti dall’invasione russa dell’Ucraina.

Stavolta la presa di posizione è ancora più radicale, dato che si sta anche aprendo agli artisti russi che non riconoscono le azioni e la leadership di Putin. Spostiamoci un po’ verso Manchester, e di preciso all’Hallé Orchestra. Il suo capo dirigente ha detto senza mezzi termini di condannare la posizione russa, ma di non essere assolutamente contro il loro popolo e la loro cultura: “Mentre noi all’Hallé detestiamo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, e non suoniamo o lavoriamo con artisti che sostengono questa guerra illegale, noi come alleati dell’Ucraina siamo contro lo stato russo, non il suo popolo o la sua cultura“. E poi: “Non credo sia appropriato, come organizzazione creativa pionieristica, cancellare, mettere in pausa o autocensurare, nel nostro caso, la grande musica che merita di essere eseguita e ascoltata”.

E addirittura sull’argomento è arrivata anche la presa di posizione della BBC, in merito alla sua programmazione musicale e culturale: stavolta la scelta è un chiaro segnale verso Zelensky, ma senza l’oblio, parziale o totale, della cultura russa. È stato pianificato, infatti, un ballo di fine anno estivo con l’Ukrainian Freedom Orchestra. Per quanto riguarda gli artisti russi, invece, si valuteranno i singoli casi.

Anche da noi in Italia l’argomento è molto sentito e a ragione. Oggi, infatti, a Milano ci sarà la prima della Scala e c’entra parecchio con ciò che vi abbiamo raccontato fino ad ora. Infatti, la scelta di aprire la stagione con Boris Godunov, ovvero un’opera del russo Modest Musorgskij, ha fatto storcere il naso a molti. A ragione o a torto, si sono verificate diverse proteste nelle ultime ore in piazza da parte dei centri sociali, ucraini e autonomi. E l’accusa è sempre la stessa: quella di promuovere la cultura russa in un Paese come l’Italia che è in prima fila contro l’invasione del Cremlino in Ucraina. Sono anche spuntati diversi manifesti e cartelloni con il volto di Putin per dire stop alla guerra, alle azioni russe e al suo leader. C’è da dire che la prima della Scala è un evento che ha raccolto grandi proteste dal 1968 in poi e che ci sono anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la premier, Giorgia Meloni.

Il capo dello Stato ha commentato la scelta, meglio le polemiche nel merito dicendo che non sono condivisibile. “La grande cultura russa è parte integrante della cultura europea, non si può cancellare. Mentre la responsabilità della guerra è del governo, non certo del popolo russo“.

Putin
Manifesto contro Putin alle porte della prima alla scala di Milano – Nanopress.it

Lasciamo a voi l’ultima parola sull’argomento, su come bisognerebbe davvero pensarla o agire. Inevitabilmente, è chiaro come ormai la guerra abbia invaso ogni piano della nostra vita, senza alcuna alternativa.

I danni di un conflitto a lungo termine, però, se davvero tali richieste fossero avallate, porterebbe a gravi ripercussioni sotto il profilo culturale. Non si pensi solo all’arte, alla musica, alla storia con tutto il fiume di bellezza e conoscenza che porta con sé. Si pensi alla grandezza della letteratura, all’anima. Quella destinazione che non ha partenza e non ha fine, ha solo un peso rivelante su chi siamo e su chi potremmo diventare.

E, quindi, paradossalmente, mettendo a tacere quella voce e quel destino, diventiamo noi più poveri e sterili, lo diventa un’umanità che non vuole andare nell’ottica della privazione e dell’oblio dell’essere. Della scoperta di se stessi. Sarebbe troppo, veramente troppo, da sopportare e verrebbe meno anche il diritto all’arte e alla libertà, anche quelli inviolabili. L’Ucraina non verrà e non verrebbe comunque lasciata sola. C’è tutta quell’architrave di aiuti inviati che comunque non possono essere dimenticati e poi ci sono le dichiarazioni. Nessuno ha evitato di condannare la Russia, tutti gli occidentali si sono presi il loro pezzo di responsabilità interna ed esterna per schierarsi verso chi si dovevano schierare e per puntare il dito verso chi ha attaccato in maniera illegittima. Ancora, nella ricostruzione ci saremo, come italiani ed europei, come ci saranno anche gli altri. E la cultura ucraina nel mondo potrebbe anche essere maggiormente valorizzata ed esportata, come lo stile fondante del suo popolo. Un popolo fiero, orgoglioso, votato al lavoro, al dovere e all’indipendenza.

Tutto ciò, però, non può oscurare i grandi pensatori russi, tutto quel pesantissimo malloppo artistico e culturale che ti forma senza volerlo fare ed esprime anche amore, disagio, passione, occulto e profondo. Che è storia che non può essere dannata. Sì, perché la damnatio memoriae del diritto romano – basta pensarci un attimo – ci ha privato di tanto, troppo di quel bello filosofico che è aspirazione inafferrabile ma concreta. E riproporlo nel 2022 che si sia russi o che si sia ucraini dovrebbe avere una sola risposta congiunta: assolutamente no. Che non vuol dire ignavia, non vuol dire non schierarsi, vuol dire appunto libertà ideologica, ragione e purificazione. Vuol dire amare la cultura e metterla al centro della vita del cittadino cosciente. Il vero potere che ognuno di noi può cullare in stanzetta prima di andare a dormire e che nessuno può levarci per sua scelta. Neanche una guerra scellerata, da cui ancora fiori dal cemento non ne sono spuntati. Si vada avanti così, perché qualsiasi altra mossa sarebbe puro masochismo, ci dispiace per l’Ucraina e il suo ministro della cultura.

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