Dopo varie discussioni e aggiustamenti, il Parlamento Europeo ha approvato la nuova legislazione UE che indica i requisiti essenziali che ogni stato deve rispettare affinché sia fornita a ciascun lavoratore una retribuzione dignitosa rispetto al livello di vita nazionale.
Ora il testo sarà recapitato nelle varie cancellerie europee le quali avranno un paio di anni per adeguare la legislazione patria alle direttive comunitarie.
Innanzitutto un po’ di chiarezza: l’Unione Europea non ha approvato un salario minimo coatto, ossia non ha imposto un obbligo di retribuzione minima da estendere ad ogni stato UE in modo indiscriminato.
La misura europea, oltretutto non vincolante, prevede la completa attuazione del salario minimo o della contrattazione collettiva al fine di permettere ad ogni lavoratore sul continente di percepire una retribuzione degna ed adeguata al livello dei consumi del Paese specifico in cui questi vive.
Quindi l’obiettivo è un livellamento verso l’alto delle paghe affinché ogni impiegato possa condurre una vita dignitosa senza dover ricorrere ad espedienti illegali quali lavoro nero o evasione fiscale.
Pertanto nel caso italiano ad esempio, dove non è previsto un salario minimo per legge (solo 6 stati UE su 27 ne sono sprovvisti), i requisiti UE prevedono la copertura tramite contratto nazionale di almeno l’80% degli occupati, garanzia da monitorare e verificare attraverso serrati controlli periodici (previsti naturalmente anche sul salario minimo, per quelle nazioni che già lo prevedono).
Perciò massima allerta sarà anche richiesta verso quelle forme di contratto abusive, scadute e ormai anacronistiche.
Altra importante novità di politica economica europea è il blocco alla vendita e all’importazione di merci frutto di condizioni di lavoro forzoso.
L’Unione Europea ha individuato zone del mondo e requisiti di svolgimento del lavoro che impongono lo stop all’acquisto di prodotti sottostanti la soglia minima richiesta.
Anche in questo caso, come per il salario minimo, bisognerà attendere almeno due anni per registrare i primi effetti del provvedimento, questo poiché ogni cancelleria nazionale dovrà prima recepire le nuove regolamentazioni e attivare i controlli doganali e commerciali adeguati a monitorare i prodotti venduti sul mercato nazionale, eventualmente ritirando quelli non conformi agli standard etici.
Tramite i controlli l’UE vuole mettere al bando dal proprio territorio i manufatti realizzati attraverso condizioni di lavoro meschine e degradanti, da individui costretti in condizioni di semi-schiavitù.
È prevista anche la codificazione di un database europeo indicante merci e aree geografiche particolarmente soggette al rischio di lavoro sfruttato, in modo da consentire controlli più efficienti e livelli più uniformi di intervento.
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