L’Unione Europea sta pensando di reintrodurre l’operazione Sophia per contrastare l’emergenza migranti, che peggiora sempre di più.
Questa prevedeva di combattere i trafficanti di esseri umani ma venne stoppata perché la Lega la definì come un’operazione che invece favoriva l’ingresso dei migranti. Ora l’Ue potrebbe rimetterci mano estendendola a Unione Africana e Onu, per affrontare l’emergenza in modo concreto con un piano decisivo. La notizia è stata riportata da Repubblica.
La missione navale Sophia prevedeva il blocco delle partenze dei barconi dai Paesi del Nord Africa ma non è mai stata attuata questa fase per le perplessità della Lega di Matteo Salvini.
Il governo Meloni però già a ottobre si era detto favorevole a rimpugnare la questione in accordo anche con le autorità libiche, che fra le altre cose si erano detti favorevoli a creare hotspot nel territorio per vagliare le richieste di asilo e distinguere chi ha diritto ad essere accolto in Europa da chi invece non ce l’ha.
Al ritorno dell’operazione Sophia è favorevole anche l’Ue, che intende operare con l’Unione Africana e l’Onu militarmente sia in mare che a terra. Dell’emergenza migranti si è parlato molto negli ultimi tempi e il tema è stato affrontato largamente anche durante l’ultimo Consiglio europeo. Molti leader in realtà snobbano l’argomento che però ritorna prepotente non solo nelle discussioni ufficiali come i bilaterali ma anche nelle conversazioni ufficiose.
Da questi dialoghi, come quello fra Meloni e Macron, è emerso un piano che punterebbe a resuscitare Sophia del 2015, naufragato appunto per il veto di Salvini, imposto 3 anni dopo durante l’attuazione della terza fase.
Il presupposto è partito dai Paesi del Consiglio che si sono lamentati di un deficit di proposte italiane sull’emergenza dei flussi migratori, in particolare Germania e Francia, che rimproverano all’Italia di lamentarsi senza però prendere iniziative concrete.
Per questo motivo Parigi e Berlino hanno indicato delle opzioni possibili e si è parlato molto anche della crisi che sta attraversando la Tunisia ma in generale anche altri Paesi africani come il Corno d’Africa e la Libia. Da qui ci sono le maggiori partenze e per fermarle si sta pensando appunto alla reintroduzione del modello Sophia, che prevede il l’impiego di navi militari europee che pattugliano il mare fra l’Africa e l’Italia. Nella prima fase viene svolta un’attività di sorveglianza del traffico, poi si cercano navi sospette e infine si procede con la distruzione delle imbarcazioni usate dagli scafisti.
Il mosaico comprende anche l’Unione Africana e l’Onu, rispettivamente per gestire i rimpatri e per amministrare i centri di prima accoglienza nei territori da cui partono gli scafi.
Il piano ambizioso e complesso chiama in gioco anche i Centri di identificazione in Italia, in un clima incerto e allarmistico che si sta formando in Tunisia, dove oggi il commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, volerà per discutere di assistenza finanziaria da parte dell’Ue. Senza un impegno economico infatti è difficile procedere.
Il piano è ancora da definire e la scelta spetta a Meloni, molti capi di stato ora si chiedono se la presidente del Consiglio riuscirà a convincere Salvini a fare retromarcia rispetto alla strada intrapresa pochi anni fa.
Preoccupa così tanto la situazione della Tunisia che si è pensato a questa operazione proprio per risolvere in primis questo problema. Piantedosi effettuerà il primo viaggio di cooperazione a livello europeo in questo Paese, a fine aprile.
Sul tavolo del dialogo ci sono i fondi Ue, anche quelli bloccati, compreso il prestito di 1,9 miliardi di dollari destinato a sostenere la Tunisia e sospeso dal Fondo monetario internazionale.
Il ministro dell’Interno cercherà di stabilire un piano per fermare le partenze verso questo Stato che è diventato la rotta principale per coloro che si mettono in viaggio illegalmente verso l’Italia. Tra le principali ipotesi c’è quella di addestrare gli uomini, fornire mezzi ma anche aiuti finanziari, come dicevamo pocanzi.
La situazione della Tunisia è stata ripresa anche da Tajani, che ha affermato che il nostro Paese non può abbandonarla perché altrimenti si creerà instabilità nei rapporti e questo non va bene anche perché già la situazione è molto delicata perché da un lato la Tunisia chiede soldi per nuove riforme che regolarizzino l’immigrazione, i vertici del Fondo monetario internazionale però non li rilasceranno finché non vedranno cambiamenti.
È quindi un cane che si morde la code e il compromesso proposto dal ministro degli Esteri è di elargire soldi a scaglioni per vedere la risposta del Paese. Per il momento però non ci sono risposte e tutto è in stallo, ma nelle prossime settimane verrà data voce al governo di Tunisi, le cui richieste puntano a fermare le partenze all’origine, evidenziando che il territorio è solo una zona di transito, invece i migranti partono principalmente da Congo, Camerun, Nigeria, Marocco, Burkina Faso, Sierra Leone e Guinea.
I finanziamenti richiesti sono destinati alla lotta agli scafisti, che chiedono somme per proporre un viaggio proibitivo, alla gestione dei confini con più uomini e mezzi, al rimpatrio forzato dei migranti. Potrebbero arrivare per la Tunisia motovedette e droni da parte dell’Italia, con cui già c’è un’intesa che prevede lo stanziamento di diversi milioni di euro per la cooperazione sui migranti, quindi nonostante le problematiche con il Fondo, il nostro Paese sta cercando di aiutare il più possibile il governo di Tunisi.
Parlando di notizie in tempo reale, la Guardia Costiera ha riferito di aver bloccato 79 tentativi di partenza dalle coste tunisine solo negli ultimi 3 giorni, questo ci offre un quadro molto chiaro della gravità del problema.
Per quanto riguarda l’America, l’assistente del segretario di Stato, Barbara Leaf, ha spiegato che per qualche motivo il governo tunisino non ha ancora firmato il pacchetto di riforme e quindi gli aiuti potranno essere dati solo quando il Paese avrà le idee chiare sulla strada da percorrere. Fino a quel momento gli Stati Uniti non si espongono, tranne che su dure critiche al regime, accusato di aver tradito le promesse di una delle rivoluzioni arabe più promettenti.
Restiamo dunque in attesa di una svolta, intanto sappiamo che è stato dato più tempo alla Tunisia per completare i requisiti del programma di riforme, in modo che poi questo possa essere discusso con l’esecutivo del Fondo.
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