Da quasi certezza a certezza granitica: Luigi Di Maio sarà il candidato premier del M5S. Alle 12 di lunedì 18 settembre sono infatti scaduti i termini per la presentazione delle candidature per le “primarie” del movimento di Beppe Grillo e l’unico big rimasto in corsa è proprio Di Maio. Alessandro di Battista ha rinunciato con un post su Facebook pubblicato intorno alle 11 (quindi un’ora prima della scadenza); Roberto Fico, che doveva incontrarsi con Beppe Grillo per esprimere il suo dissenso, ha rinunciato allo scoccare delle 12, come anticipato da Adnkronos. Al momento non si hanno notizie di altri nomi importanti del movimento a essersi presentati senza uscire allo scoperto, il che porta il vicepresidente della Camera a essere l’unico a poter vincere le “primarie” del M5S.
Le votazioni sono state indette dal movimento per la scelta del candidato premier (ricordiamo che in ogni caso in Italia non si elegge il candidato premier, cioè il Presidente del Consiglio), come si legge sul blog di Grillo (qui il link). Che Di Maio fosse stato scelto per guidare un ipotetico governo a 5 Stelle era ormai chiaro da tempo: ad aiutarlo nella scalata ha avuto molto peso essere vicepresidente della Camera, rivestendo un ruolo istituzionale fin dal suo ingresso in Parlamento nel 2013.
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Ora la candidatura è ufficiale: il tempo di fare le votazioni online e non solo avremo il candidato premier ufficiale del M5S ma anche il suo nuovo capo politico, come ha chiarito Grillo nel presentare le regole per la votazione. Di Maio dunque sarà il nuovo Beppe Grillo e sarà lui a guidare il movimento.
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Fin dalla presentazione delle regole però il malcontento interno è stato piuttosto palpabile. Ciò che più ha disturbato i puristi del movimento è stata infatti la clausola dei candidati indagati, cioè la possibilità di presentarsi anche per chi abbia procedimenti giudiziari in corso, purché non relativi a fatti gravi. L’accusa di molti è che le regole siano state fatte apposta per Di Maio, indagato per diffamazione a Genova: per il movimento che ha fatto dell’onestà la sua massima bandiera un brutto colpo d’immagine, ma non solo.
Riccardo Nuti, indagato per la vicenda delle firme false a Palermo, è stato sospeso dallo stesso Movimento e oggi si chiede il perché di questa disparità di trattamento.
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Non è neanche la prima volta che succede: basti pensare alla vicenda di Federico Pizzarotti, prima sospeso e poi espulso dal movimento perché indagato e a come invece Virginia Raggi o Filippo Nogarin, sindaci di Roma e Livorno, siano stati difesi a spada tratta anche da indagati.
L’altro aspetto di queste primarie alla 5Stelle che non è andato giù a molti big è la contemporanea elezione del candidato premier a capo politico del movimento. In particolare, è stato Roberto Fico a manifestare un grave dissenso su questo passaggio, tanto da richiedere la presenza di Grillo a Roma per placare gli animi.
La polemica è rientrata (o è stata fatta rientrare), tanto che lo stesso Fico non ha presentato la propria candidatura, così come Di Battista che da Facebook ha fatto il suo “in bocca al lupo” a “colui che sarà candidato”. Anche Carlo Sibilia, con un lungo post su Facebook, fa gli auguri a “chiunque avrà deciso di candidarsi e sarà scelto”, accompagnando il tutto con una foto di Di Maio durante un comizio.
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L’impressione è che le votazioni online siano più di facciata che altro e che le tensioni interne al movimento siano state messe a tacere con l’obiettivo di vincere le prossime politiche e arrivare al governo del Paese: staremo a vedere.
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