Questa mattina l’ex attaccante di Juve e Sampdoria è morto nella clinica di Londra, dove era ricoverato da tempo per un tumore al pancreas scoperto nel 2017.
Nella sua ultima intervista con Alessandro Cattelan – nella serie Netflix ‘Una semplice domanda’ – il capo delegazione della Nazionale ha parlato della malattia che lo aveva colpito e del futuro che lo aspettava, e di quella che temeva di non poter vivere a lungo come avrebbe voluto.
Gianluca Vialli è morto: addio al campione
Lo scorso luglio aveva compiuto 58 anni – la gran parte dei quali li aveva passati su un campo di calcio – e quello è stato per Gianluca Vialli l’ultimo compleanno. Questa mattina, dalla clinica di Londra in cui era ricoverato, è giunta la notizia della sua morte. La terribile diagnosi era arrivata nel 2017: tumore al pancreas, una di quelle che fanno paura persino a pronunciarle, figuriamoci a portarsele attaccate addosso. Eppure Gianluca Vialli ha affrontato quel nemico con coraggio, consapevole che forse il tempo da vivere che gli sarebbe rimasto non sarebbe stato sufficiente a realizzare tutti i suoi desideri.
In quell’abbraccio con Roberto Mancini, che fortemente lo aveva voluto accanto a sé nel 2020 per i Campionati europei, come capo delegazione della Nazionale di calcio, era racchiusa tutta l’intesa tra i due ex compagni di squadra, rimasti insieme anche fuori dal campo. Un abbraccio a cui avevano preso parte, almeno virtualmente, tutti gli italiani, che non hanno mai mancato di dimostrare la loro vicinanza al grande campione, aldilà di ogni divisione calcistica.
L’ultima intervista con Alessandro Cattelan
Lo scorso marzo l’ex attaccante di Juve e Sampdoria aveva concesso una lunga intervista ad Alessandro Cattelan per la miniserie andata in onda su Netflix, dal titolo “Una semplice domanda”. Gianluca Vialli aveva ripercorso le varie tappe della sua vita, e la paura con cui conviveva da ormai 5 anni, quando i medici gli avevano diagnosticato la terribile malattia.
“Se mi mettessi a fare la battaglia col cancro ne uscirei distrutto. Lo considero una fase della mia vita, un compagno di viaggio, che spero prima o poi si stanchi e mi dica “Ok, ti ho temprato. Ti ho permesso di fare un percorso, adesso sei pronto”. Cerco di non perdere tempo, di dire ai miei genitori che gli voglio bene. Mi sono reso conto che non vale più la pena di perdere tempo e fare delle stronzate. Fai le cose che ti piacciono e di cui sei appassionato, per il resto non c’è tempo. Siamo qui per cercare di capire il senso della vita e io ti dico: ho paura di morire”
aveva raccontato a Cattelan, in un’intervista che ha commosso quanti avevano ascoltato le sue parole. Nelle scorse settimane aveva annunciato uno stop alla sua attività in Nazionale, per poter dedicarsi a quel mostro contro cui stava lottando e che questa mattina ce lo ha portato via.