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L’Unesco dedica la giornata mondiale dell’istruzione alle donne  in Afghanistan

L’Unesco ha deciso di dedicare la giornata mondiale dell’istruzione alle donne  in Afghanistan, che ad oggi non ne possono ricevere una. A loro, infatti, già non era concesso da circa un anno e mezzo frequentare la scuola secondaria e a dicembre del 2022 anche le porte delle Università si sono chiuse davanti ai loro occhi.

Donne in Afghanistan – Nanopress.it

“Hanno distrutto l’unico ponte che poteva collegarmi al mio futuro. (…) Credevo di poter studiare e cambiare il mio futuro o portare la luce nella mia vita, ma l’hanno distrutta”: queste parole di una studentessa dell’Università di Kabul alla Bbc sono emblematiche di quello che è accaduto solo poco più di un mese fa in Afghanistan. Alle donne è stato impedito di studiare, di poter mettere le fondamenta per affrontare il futuro, ma soprattutto di sperare in un futuro migliore. Ecco perché oggi l’Unesco ha deciso di dedicare proprio a loro la giornata mondiale dell’istruzione: questo dovrebbe essere un diritto di tutti,

Le donne in Afghanistan non possono frequentare le università

Immagina di essere donna nel 2022, di non poter accedere alla scuola secondaria, non poter entrare nei parchi, né frequentare la palestra della tua città. Immagina di essere donna nel 2022, di andare all’università e di dover vedere aule separate per genere, di non poter cioè seguire le lezioni con i tuoi colleghi maschi. E poi immagina di essere donna nel 2022 e di vederti privare del tuo diritto allo studio, perché sei stata appena bandita anche dalle università. Potrebbe sembrare una scena risalente al 1800, ma è in realtà è attualissima: questo è quanto è accaduto praticamente negli ultimi mesi in Afghanistan. 

Per noi donne occidentali questo sembra quasi un film horror, eppure dovremmo arrivare a capire che quello che per noi sembra banale, scontato, perché fa parte della nostra vita quotidiana, per qualcuno potrebbe essere un’utopia. Noi possiamo scegliere: università oppure lavoro? Magari entrambe le cose. “Quale facoltà frequenterò?”, “Meglio giurisprudenza oppure economia?”, “Forse farò i test per accedere a medicina”.  Tutte domande che magari molte di noi si sono poste subito dopo il liceo, come se fosse una cosa normalissima, perché di fatto – per noi – lo è. Noi possiamo essere chi vogliamo, possiamo avere una famiglia, una professione, una vita a cui possiamo dare noi una direzione. Possiamo decidere liberamente chi amare, cosa fare, come trascorrere le nostre giornate, perché in Occidente non esistono divieti per le donne.

Ci sentiamo sfortunate perché viviamo in una società patriarcale, che pone sempre l’uomo al centro e la donna un passo indietro e in realtà è ancora così, nonostante il mondo stia andando avanti. Eppure, per quanto anche la nostra cultura si debba ancora evolvere da moltissimi punti di vista, si debba modernizzare e alcuni ambiti si debbano adattare ai tempi, quello che è certo è che ciò che ci contraddistingue è la libertà di pensiero, di opinione, di parola (qualcuno potrebbe obiettare in un certo senso, ma di fatto, ridimensionando il tutto e guardando il quadro globale, è comunque così).

Mentre tutto il mondo è indignato per le donne iraniane (giustamente) e cerca di difenderle in pubblica piazza, mentre l’Occidente ha aperto gli occhi su un mondo apparentemente distante da un punto di vista geografico, ma comunque vicino almeno emotivamente, mentre tutti sono scossi ancora oggi, dopo più di quattro mesi, per la morte di Mahsa Amini per aver indossato male il velo, c’è un altro Paese in cui le donne non hanno affatto un trattamento migliore. Ma se ne parla di meno.

Stiamo parlando dell’Afghanistan, in cui sul mondo femminile è calato il buio poco più di un mese fa, quando cioè i talebani, dopo aver impedito alle donne di frequentare la scuola secondaria, hanno chiuso per loro anche le porte delle università. Eppure l‘istruzione è un diritto di tutti. Anzi, dovrebbe esserlo, ma non lo è affatto in realtà. 

Sia chiaro: loro non hanno mai avuto gli stessi diritti degli uomini e quella per loro è stata solo l’ultima delle mosse di un regime che aveva promesso solo poco più di un anno prima di essere più moderato, ma che di fatto non ha mai mantenuto la sua parola. Le donne afghane non potevano già frequentare alcune facoltà, come ad esempio Ingegneria, Economia, Scienze veterinarie e Agricoltura, il Giornalismo era fortemente limitato, vi erano ingressi e aule separate per genere: da un lato le donne e dall’altro gli uomini.

Già quindi lo scorso anno, mentre molte donne tentavano di accedere alle università sostenendo gli esami di ammissione, altre si sentivano costrette ad abbandonare gli studi a causa delle “troppe difficoltà”, fermo restando che tra il 2001 e il 2018 – quindi fino a cinque anni fa circa – il numero di ragazze che frequentavano la scuola primaria era aumentato da quasi zero a 2,5 milioni, mentre le iscrizioni a tutti i livelli di istruzione era passato da circa un milione a 10 milioni di studenti e circa un anno e mezzo fa il numero di donne che invece frequentavano la superiore era aumentata di quasi 20 volte.

Ma non finisce qui, perché non riguardavano solo questo ambito le restrizioni: solo un paio di mesi fa le donne erano state bandite dai parchi, dalle palestre e dagli hammam della capitale.

E così, quando a dicembre a loro non è stato più concesso loro neanche di frequentare l’università, tutto il mondo aveva deciso di smettere di stare a guardare e di parlare. Il relatore speciale delle Nazioni Unite per l’Afghanistan aveva definito quella decisione “una nuova regressione che viola ulteriormente il diritto alla parità di istruzione e intensifica l’eliminazione delle donne dalla società afghana”. Il segretario di Stato deli USA, Antony Blinken, invece, avevano affermato: “I talebani non possono aspettarsi di essere un membro legittimo della comunità internazionale fino a quando non rispetteranno i diritti di tutti in Afghanistan. (…) E tale mossa avrà conseguenze per i talebani”.

Alla fine comunque il ministero dell’Istruzione aveva assicurato che in realtà le donne avrebbero dovuto solo smettere temporaneamente di frequentare le università, almeno fino a quando non sarebbe stato fornito loro “un ambiente adatto”. Ma alla fine non sappiamo né se né quando qualcosa si muoverà.

Donne in Afghanistan – Nanopress.it

Alla luce di tutto questo, l’Unesco ha deciso di dedicare la giornata mondiale dell’istruzione proprio donne in Afghanistan, perché non è possibile che non possano riceverne una, esattamente come gli uomini.

La decisione dell’Unesco

Il Goal numero quattro dell’ONU mira a “fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”. Tra i target – cioè quelli che potremmo definire i “sotto-obiettivi” – almeno tre hanno attirato in particolare la nostra attenzione: il 4.2, che si prefigge come scopo quello di “garantire entro il 2030 che ogni ragazza e ragazzo abbiano uno sviluppo infantile di qualità, ed un accesso a cure ed istruzione pre-scolastiche così da essere pronti alla scuola primaria”, il 4.3, finalizzato a “garantire entro il 2030 ad ogni donna e uomo un accesso equo ad un’istruzione tecnica, professionale e terziaria -anche universitaria- che sia economicamente vantaggiosa e di qualità” e il 4.5 che vorrebbe “eliminare entro il 2030 le disparità di genere nell’istruzione e garantire un accesso equo a tutti i livelli di istruzione e formazione professionale delle categorie protette, tra cui le persone con disabilità, le popolazioni indigene ed i bambini in situazioni di vulnerabilità”.

Anche l’ONU, quindi, nella sua Agenda 2030 ha inserito questi obiettivi, riconoscendo che, di fatto, un’uguaglianza effettiva non c’è nel mondo. Accanto a questa istituzione, vi è l’Unesco che, allo stesso modo, da tempo immemore lavora per garantire parità di accesso all’istruzione, a prescindere dal genere. Cosa che, di fatto, in Paesi come l’Afghanistan ad oggi sembra lontanissima da raggiungere.

Come ha affermato la direttrice generale dell’Unesco Audrey Azoulay: “Nessun paese al mondo dovrebbe impedire alle donne e alle ragazze di ricevere un’istruzione. L’istruzione è un diritto umano universale che deve essere rispettato. (…) La comunità internazionale ha la responsabilità di garantire che i diritti delle ragazze e delle donne afgane vengano ripristinati senza indugio. La guerra contro le donne deve finire”.

Secondo l’Organizzazione chi sta perdendo davvero è l’Afghanistan: le donne sono fondamentali per il suo sviluppo e, impedendo loro di studiare, stanno facendo solo rallentare l’evoluzione stessa del Paese. Nessuno Stato, infatti, “può avanzare se metà della sua popolazione non è autorizzata a perseguire un’istruzione e a partecipare alla vita pubblica”.

Qualcosa finalmente cambierà? Non possiamo saperlo, ma sicuramente sembra che – stando a quello che sta accadendo in Iran e per l’Iran – sembra che ormai nessuno più voglia restare a guardare passivamente.

Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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