Continua la sanguinosa guerra in Sudan e poco fa c’è stata un’evacuazione speciale portata a termine grazie alla collaborazione della Spagna.
Il governo ha infatti messo a disposizione una nave militare per organizzare il rimpatrio di 162 cittadini di diverse nazionalità, fra cui si sono anche degli italiani, tutti diretti in Arabia Saudita. Oltre a loro ci sono cittadini francesi, tedeschi, austriaci e svedesi. A dare la notizia è stato Peter Stano, portavoce di Josef Borrell, Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che ha precisato che l’operazione è diversa da quelle effettuate finora, infatti non verranno utilizzati aerei ma una nave militare offerta dal governo spagnolo.
Si continua a lottare in Sudan, dove dal 15 aprile è ripresa la guerra che in realtà sembrava terminata alcuni anni fa. Da una parte abbiamo le forze del generale Abdel Fattah al Burhan, dall’altro quelle del generale Mohamed Hamdan Dagalo, rispettivamente esercito regolare e gruppo paramilitare Rsf.
Si combatte per il destino del governo sudanese e il tema centrale sono le modalità di un passaggio al governo civile ma a rispondere degli attriti fra le due forze militari sono soprattutto i cittadini. Stanno morendo a centinaia in un territorio che da sempre è stato martoriato da fatti analoghi ma da alcuni anni sembrava vivere una tregua.
Mentre l’Onu ha diffuso la notizia alcuni giorni fa, che i morti sono circa 500, i militari continuano a bombardare le città sudanesi e sebbene sia stata concessa una tregua di alcuni giorni, c’è stato chi non l’ha rispettata e si sono sentite ugualmente esplosioni, mentre erano in corso le evacuazioni dall’aeroporto di Wadi Sednia.
Ora sono state disposte delle evacuazioni speciali, diverse da questa prima tranche. Infatti, il governo spagnolo ha deciso di collaborare visti numeri di morti e feriti in aumento, offrendo la nave Reina Sofia per portare via 162 cittadini di diverse nazionalità, fra cui molti italiani.
Lo ha annunciato il portavoce di Borrell, Peter Stano, precisando che in questi giorni c’è stata una forte collaborazione fra i vertici dell’Ue e i rappresentanti degli Stati membri per studiare un piano per portare fuori dal Sudan i cittadini ancora presenti sul territorio.
Questa operazione è stata sostenuta anche sul campo dalle Nazioni Unite. Gli sforzi hanno consentito di portare via dalle zone di guerra circa 2.400 persone con 32 voli e 2 evacuazioni navali.
Sono in continua crescita i numeri di questa guerra, che costruiscono un bilancio che cambia repentinamente. A fare le spese delle diatribe politiche dei grandi capi sono sempre i civili, che si trovano nei territori bersagliati dai missili e dagli attacchi aerei.
Il Sudan è diventato nell’ultimo mese una vera e propria trincea e la zona più colpita è la capitale Khartum ma anche le zone che si trovano nei dintorni. Molte strutture sono state costrette a chiudere i battenti, in particolare è molto preoccupante il dato che riguarda 20 ospedali sudanesi, che hanno chiuso per danni strutturali importanti oppure a causa della carenza delle risorse necessarie.
Anche l’aeroporto della capitale non è utilizzabile, per questo motivo le evacuazioni precedenti a quella di oggi sono state portate a termine, non con poche difficoltà, da un aeroporto più piccolo in una cittadina vicina.
Il conflitto viene condannato da molte personalità importanti, come Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu che ha affermato che le incomprensioni non devono essere risolte sul campo ma negoziando pacificamente e durante il Consiglio di Sicurezza ha esortato i Paesi membri a fare ciò, anche perché la guerra si inserisce già in un contesto molto difficile in cui il Sudan è particolarmente instabile per scontri etnici in corso. Questa guerra sta destabilizzando ancore di più il Sudan e l’effetto potrebbe essere una crisi che durerà anni. Questo se guardiamo a lungo termine, se invece volgiamo lo sguardo ai fatti attuali ci accorgiamo che aldilà delle questioni politiche c’è un popolo che sta soffrendo, decimato da una guerra come un doloroso flashback.
Il Paese infatti è stato colpita da un golpe per ragioni politiche ed economiche già nel 2019 e nel 2021. Questo è il terzo e molti lo hanno soprannominato come la battaglia di Khartum poiché proprio in questa città si stanno verificando gli scontri più violenti per il controllo della stessa. Le fazioni militari combattono dopo che la Rsf ha preso con la forza l’aeroporto della capitale, alcune basi militari e il palazzo presidenziale. Così l’esercito ha risposto e ora l’attenzione è sulla risposta dell’Ue, che sta mettendo a punto un piano per riportare la pace in Sudan, prima però è importante allontanare gli abitanti da questa terza guerra civile.
È difficile pensare che in un momento storico così grave dato dalla terribile guerra in Ucraina, scoppino altri conflitti nel resto del mondo, come se i morti non bastassero mai e la violenza potesse comunque risolvere tutto. Di certo, come ha sottolineato il segretario dell’Onu, non è questa la strada di intraprendere, piuttosto bisognerebbe dialogare e cercare una soluzione a metà strada che vada bene a entrambe le parti, ma questa in realtà è la regola generale di ogni conflitto.
Non è accettabile che dei civili muoiano perché i potenti lanciano bombe sulle loro case e l’Ue è intenzionata a porre fine a questa nuova ondata di violenza.
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