Dal 25 agosto, i Big Tech di internet, ovvero 17 siti e due motori di ricerca, saranno messi sotto sorveglianza dalla Commissione europea se non dovessero mettersi in regola con le direttive di Bruxelles. In particolare dovranno rispettare i paletti posti sulla profilazione degli utenti, specialmente i bambini, ma anche proseguire la lotta sulla disinformazione in rete.
Thierry Breton, il francese commissario per il Mercato interno e i Servizi della Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen, oggi ha voluto lanciare un avvertimento alle major di internet, in ordine alfabetico Alibaba, AliExpress, Amazon, l’App Store di Apple, Booking.com, Facebook, Google Play, Google Maps, Google Shopping, Instagram, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, TikTok, Twitter, Wikipedia, YouTube, Zalando e Google Search e Bing come motori di ricerca, che “dovranno cambiare i loro comportamenti se vorranno continuare a operare in Europa” dal 25 agosto, giorno in cui partirà la sorveglianza per le piattaforme digitali se non dovessero recepire i diktat di Bruxelles.
Le aziende, infatti, sono chiamate a rispettare gli obblighi di trasparenza e affidabilità previsti dal Digital Services Act, ovvero il regolamento dell’Unione europea volto a frenare il “far west digitale”. Dovranno limitare i contenuti pubblicitari basati sulle ricerche degli utenti – controllo un sito per un paio di scarpe e vengo inondato da scarpe dello stesso genere – dovranno proteggere quindi le persone, in particolare i minori, per cui è vietata ogni profilazione in base a valutazioni speciali del rischio che includano anche i potenziali effetti negativi sulla loro salute mentale, e dovranno prevenire i rischi sistemici e moderare i contenuti.
Per quanto riguarda gli inserti pubblicitari, chi naviga in rete dovrà sapere perché gli vengono raccomandate determinate informazioni, si dovrà rinunciare ai sistemi di raccomandazione basati sulla sua profilazione, e si dovrà segnalare facilmente i contenuti illegali, senza ostacoli o complicazioni. Sugli annunci, ancora, i colossi della Big Tech non potranno più mostrarcene basandosi su dati sensibili, come l’origine etnica, le opinioni politiche, ma anche l’orientamento sessuale, quelli che rimarranno, che finiranno in un archivio digitale in modo che venga tenuta traccia del fatto che sono apparsi sotto i nostri occhi, dovranno avere un’etichetta, mostrando agli utenti il nome dell’impresa che li sta promuovendo.
Entro il 25 agosto, e quindi con quattro mesi di tempo per adeguarsi, i giganti della Rete dovranno anche riprogettare i propri sistemi per garantire un elevato livello di privacy e sicurezza, le loro condizione d’uso dovranno essere riassunte in schede di immediata comprensione, e dovranno comunicare a Bruxelles come intendono gestire il problema della disinformazione.
Se entro quella data, però, non dovessero essere recepite le linee guida della Commissione europea arriverebbero multe fino al 6% del fatturato annuo dell’azienda (tanti soldi in pratica), e in caso di recidiva non avrebbero più neanche il permesso di operare sul territorio europeo, perdendo tantissimi altri soldi.
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