Trovata una prova convincente che l’Universo ha una voce e che le onde gravitazionali siano in grado di generare un “ronzio di sottofondo”. È stato possibile confermare quanto ipotizzato anni fa da Albert Einstein.
A prendere parte a l’esperimento più di cento scienziati provenienti di ogni parte del mondo che negli ultimi anni hanno studiato le onde gravitazionali e sono riusciti a captare i rumori che emettono.
Per molto tempo si è ipotizzato che le onde gravitazionali siano in grado di generare un “ronzio di sottofondo” che sia in grado di risuonare in tutto l’universo. Recentemente è stata annunciata una scopetta incredibile e che conferma questa ipotesi.
È stata infatti trovata una prova convincente che l’Universo ha una voce ed è stata catturata grazie a un gruppo si astronomi internazionali.
Sono centinaia gli scienziati che sono stati coinvolti in questo studio e che hanno eseguito i test necessari avvalendosi di radiotelescopi da diverse parti del mondo, in particolare dall’Europa, dal Nord America, dalla Cina, dall’Australia e dall’India.
Il primo ad ipotizzare che oggetti di enorme massa si possono muovere nello spaziotempo fu Albert Einstein, secondo cui il tessuto dell’universo si distorce creando una serie di onde che si propagano attraverso di lui.
Queste onde e distorsioni sono state spesso paragonate ad una musica di sottofondo che si può udire nell’universo.
La prima volta che gli scienziati riuscirono a rilevare le onde gravitazionali fu nel 2015 quando utilizzare un esperimento conosciuto con il nome di LIGO, grazie a questo esperimento si riuscì a confermare le ipotesi avanzate da Albert Einstein.
Chiara Mingarelli, membro di NANOGrav e astrofisica all’Università di Yale, ha però spiegato che tutti gli strumenti e i metodi utilizzati fino ad oggi erano in grado solamente di rilevare le onde ad alta frequenza.
Queste onde che venivano e vengono catturate però provengono fa buchi neri piccoli o stelle morte che si scontrano tra loro provocando l’onda.
Nell’ultima ricerca eseguita dai circa cento scienziati di tutto il mondo si era alla ricerca di onde a frequenza molto più bassa di quelle che erano state rilevate fino ad oggi.
Queste onde più basse possono impegnare molti anni se non decenni per percorrere l’universo e sicuramente provengono da oggetti che sono più grandi del nostro universo come ad esempio buchi neri che hanno una massa superiore al nostro sole.
In tutto l’universo le galassie si scontrano e si fondono in continuazione, mentre questo accade secondo gli scienziati i buchi neri che si trovano al centro di queste galassie si uniscono prima di collassare l’uno nell’altro.
Nella fase di unione i buchi neri emettono delle onde gravitazionali che viaggiano poi nell’universo e che rappresentano, secondo Marka astrofisico della Columbia University, “i tenori e i bassi dell’opera cosmica”.
A commentare le recenti scoperte c’è stato anche Michael Lam, uno scienziato del SETI Institute, coinvolto direttamente nella ricerca scientifica.
Secondo Lam nessuno strumento presente sulla Terra è in grado di captare delle increspature così grandi per questo è stato necessario costruire un rilevatore che avesse le dimensioni della galassia.
I dati che sono stati diffusi nell’ultima settimana provengono da 15 anni di lavoro e di dati raccolti da NANOGrav che ha utilizzato dei telescopi in tutto il Nord America per trovare le onde.
Gli scienziati che hanno preso parte all’esperimento hanno puntato i telescopi su stelle morte che vengono chiamate pulsar e che sono in grado di emettere lampi di onde radio mentre ruotano nello spazio.
Si tratta di eventi regolari e ciò permette agli scienziati di sapere esattamente quando le onde radio arrivano sulla Terra, ci ha tenuto a precisare Sarah Vigeland astrofica presso l’Università del Wisconsin-Milwaukee.
Le onde gravitazionali però cambiano e deformano il tessuto dello spaziotempo quindi cambiano anche la distanza che c’è tra la Terra e le stelle pulsar e ciò elimina il ritmo costante che permette di sapere quando arriveranno con precisione.
Il rumore di sottofondo che è stato trovato dagli scienziati è più forte rispetto a quanto si aspettavano, secondo Mingarelli questo lascia ipotizzare che ci siano più buchi nei o più grandi buchi neri di quello che ci si aspetta.
Gli scienziati continueranno a studiare il fenomeno nella speranza che questo ci aiuti a comprendere meglio il nostro universo ma soprattutto gli oggetti più grandi lui.
Secondo Marka questa scoperta apre le porte alla possibilità di tracciare la storia dei buchi neri e delle galassie che frequentemente si fondono intono a noi.
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