È strage di lupi in Italia: negli ultimi due anni, grazie al progetto di monitoraggio Life Wolfnet, realizzato in collaborazione dal Parco Nazionale della Majella e da Legambiente, è emerso che ben 115 esemplari sono stati vittime di morte per cause non naturali, e la principale ragione di questo eccidio è da imputare all’intensa attività di bracconaggio che è tornata a farsi sentire nelle varie regioni della penisola in cui i lupi hanno ripopolato le aree boschive e montane, sia degli Appennini che delle Alpi. Al primo posto delle cause di morte vi sono infatti le armi da fuoco, seguite dal veleno e dai lacci, mentre un numero esiguo è dovuto ad incidenti stradali o per l’aggressione di altri lupi.
Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente, ha voluto sottolineare ai media che ‘le cause di decesso dei lupi, se si escludono quelle accidentali come gli investimenti stradali, sono riconducibili ad azioni illegali e di bracconaggio, reati punibili per legge, tanto più inaccettabili se si considerano gli sforzi fatti dal nostro paese dal sistema dei Parchi e delle aree protette nel campo della ricerca e della conservazione per consentire che questo predatore, essenziale per ristabilire gli equilibri naturali, ritornasse a popolare i nostri territori‘. Sono le armi da fuoco, le torture con i lacci oppure avvelenamento i metodi usati dai bracconieri per uccidere i lupi, spesso per false credenze che vogliono questi animali come principali responsabili di razzie degli allevamenti. Un ‘castello di false credenze e pregiudizi‘ secondo il veterinario del Parco della Majella Simone Angelucci: ma se non è facile stimare i danni che i lupi provocano agli allevamenti, di certo c’è l’importanza di questo animale nell’ecosistema italiano, e il naturale ripopolamento avvenuto negli ultimi decenni ha consentito a questa specie di non essere più a rischio estinzione immediata.
Per evitare che l’azione dell’uomo possa nuovamente mettere in pericolo la sopravvivenza del lupo italiano, sono stati messi in campo nuovi gruppi operativi specialistici ribattezzati RIS dei lupi, allo scopo di prevenire e contrastare la ragione prima dei decessi, ovvero le armi da fuoco: parliamo di squadre specializzate composte da veterinari, biologi e forestali, in grado di analizzare e accertare le ragioni delle stragi, ed agire di conseguenza. Tornando ai dati del monitoraggio, in testa al triste primato dei decessi vi è la Toscana con 22 lupi uccisi negli ultimi tre anni, di cui ben 10 per le armi da fuoco, seguita da Piemonte e Abruzzo con 18 casi ciascuno, sebbene per il Piemonte parliamo principalmente di incidenti stradali. Conclude Franco Iezzi, presidente del Parco della Majella: ‘Il primo passo fondamentale è quello di mettere in campo un’ azione di trasparenza capace di migliorare la conoscenza sulla reale diffusione ed espansione del lupo in Italia, cominciando a smantellare leggende ancora molto diffuse e radicate, soprattutto nei territori dove il conflitto con l’uomo è più aspro, che ancor oggi insinuano che il lupo sia stato reintrodotto con rilasci di esemplari nelle aree protette. Il lupo non è mai stato reintrodotto, il ripopolamento è avvenuto per cause ‘naturali’, poiché se ne è vietata la caccia e i parchi ne hanno tutelato la presenza‘.