Il presidente francese Macron, nel formare il suo governo, dopo la vittoria alle elezioni, ha unito le vare sensibilità di centro destra e centro sinistra del Paese, dopo aver nominato lunedì primo ministro la socialdemocratica Élisabeth Borne.
Emmanuel Macron, con la formazione del suo nuovo governo, prosegue con la metodica occupazione dell’intero spazio politico, che va dal centrosinistra alla destra moderata. Una sorta di ‘manuale Cencelli’ allargato insomma.
Il presidente francese, rieletto ad aprile per cinque anni, ha nominato un nuovo governo con diversità pesi massimi dell’orbita conservatrice. Che però sarà guidato da un primo ministro socialdemocratico, Élisabeth Borne.
La nomina di Borne, annunciata lunedì, e quattro giorni dopo, quella di ministri moderati, riflette gli equilibri del macronismo, un centro ampio, ideologicamente fluido, “ne sinistra né destra”.
Tra le novità del Governo ci sono due personaggi importanti della destra moderata. Catherine Colonna, il nuovo Ministro per l’Europa e gli Affari Orientali, è stata il portavoce del Presidente Jacques Chirac e come suo Ministro degli Affari Europei.
Fino ad oggi ha servito il suo Paese come ambasciatore francese a Londra. Più significativa, politicamente, è la nomina di Damien Abad a Ministro delle Solidarietà, dell’Autonomia e delle Persone con disabilità.
Non tanto per la posizione, di secondo piano, ma per quello che rappresenta la sua figura. Abad, fino a giovedì, è stato a capo del gruppo parlamentare Repubblicano (LR), primo partito di opposizione all’Assemblea nazionale in questo quinquennio e, formazione storica della destra tradizionale, quella dei presidenti Chirac e Nicolas Sarkozy.
Nel nuovo Governo, oltre a Colonna e Abad, restano i due uomini forti del precedente esecutivo: il capo dell’Economia, delle Finanze e della Sovranità Industriale e Digitale, Bruno Le Maire, e il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin.
Sia il partito Repubblicano (LR) che il Partito Socialista (PS) sono rimasti in una situazione di estrema debolezza dopo le elezioni presidenziali di aprile. La candidata di LR, Valérie Pécresse, ha ricevuto il 4,8% dei voti. Quella del PS, Anne Hidalgo, 1,7%.
Ci sono anche gesti verso i progressisti. Il più degno di nota è la nomina a Ministro dell’Educazione Nazionale, di una figura intellettuale importante come lo storico Pap Ndiaye, attuale direttore del Museo dell’Immigrazione e autore di The Black Condition, un libro di riferimento sulle minoranza francesi.
Ndiaye, formatosi negli Stati Uniti, sostituisce Jean-Michel Blanquer, che in questi anni ha guidato la lotta contro l’avanzata, nel mondo accademico ed educativo francese, del multiculturalismo di stampo americano.
Il governo, tra ministri, ministri delegati e segretari di Stato, è uguale: 14 uomini e 13 donne, oltre al presidente del Consiglio, Borne. Una delle priorità di Macron in questo quinquennio è la cosiddetta “progettazione ecologica”.
Sotto la supervisione di Borne, si occuperanno della questione due ministri: Agnès Pannier-Runacher, con il portafoglio della Transizione energetica, e Amélie de Montachalin come responsabile della Transizione ecologica e coesione territoriale.
L’annuncio del nuovo governo ha seguito il consueto rituale. Il brusio dei giorni precedenti sul cambiamento. Voci con tutti i tipi di nomi. La suspense. I nervi dei ministri. E infine l’apparizione di Alexis Kohler, il potente segretario generale della presidenza, davanti all’Eliseo e alla lettura degli eletti. Lunedì è previsto il primo Consiglio dei ministri.
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