Il movimento dietro al Presidente Macron è costretto dalla sconfitta legislativa di tre suoi ministri, dalla perdita della maggioranza assoluta in Parlamento, e dalle accuse di tentato stupro contro un membro del suo gabinetto.
L’opposizione accusa Macron di cambiare faccia, ma non la sua politica quindi. Volti nuovi, nomi di veterani che tornano e tanto movimento di sedie, con qualche calcio, soprattutto quello del ministro della Solidarietà, Damien Abad, licenziato dopo le accuse di violenza sessuale su diverse donne.
Il nuovo gabinetto è stato un passaggio obbligato sia per le dimissioni di tre ministri
Il primo rimodellamento del governo francese del secondo mandato di Emmanuel Macron è stato reso noto questo lunedì, dopo intensi incontri a porte chiuse tra il capo dell’Eliseo e il suo primo ministro, Élisabeth Borne.
Era già stata confermata nonostante il fiasco delle elezioni legislative di giugno, in cui ha perso la maggioranza assoluta e, quindi, la sua capacità di governare senza grandi scossoni. La riconfigurazione non convince l’opposizione, che accusa il capo dell’Eliseo di un restyling che non mostra, dice, una reale intenzione di cambiare rotta.
Il nuovo gabinetto è stato un passaggio obbligato sia per le dimissioni di tre ministri dopo aver perso i loro seggi (come aveva stabilito Macron), sia per la situazione nell’Assemblea nazionale, dove il macronismo non ha più la maggioranza assoluta che ha permesso a Macron di agire – e riformare, con grande libertà i primi cinque anni.
Il presidente, al suo secondo e ultimo mandato consecutivo, ha bisogno sia di rafforzare i suoi alleati parlamentari – partiti come il MoDem centrista e la formazione Horizons, dell’ex primo ministro Édouard Philippe – sia di mostrare segni di apertura verso altri potenziali partner specifici dell’opposizione, almeno dai settori più moderati.
Uno dei gesti più evidenti in tal senso è stata la nomina di Christophe Béchu, finora Ministro delle Collettività Territoriali e uomo vicino a Philippe, al portafoglio chiave della Transizione Ecologica – il governo ha promesso di dare priorità alla lotta ai cambiamenti climatici – che ha dovuto lasciare Amélie de Montchalin dopo aver perso il suo posto. Dal canto suo, Béchu è sostituito da Sarah El Haïry, del MoDem e che nel primo mandato di Macron è stata Segretario di Stato per la Gioventù.
Nel nuovo governo di Macron 21 uomini e 20 donne in totale
Non sarà l’unico ritorno sull’arena politica di un ex ministro macronista. Nonostante abbia annunciato il suo allontanamento dalla politica, Marlène Schiappa, responsabile prima per l’Uguaglianza e poi per la Cittadinanza, torna con il portafoglio di Viceministro dell’Economia Sociale e Solidale. Altri nomi nella lunga lista del nuovo governo, 21 uomini e 20 donne in totale (Borne, la prima donna a capo del governo in tre decenni in Francia, è riuscita a mantenere la parità, anche se nei portafogli chiave ci sono più uomini che donne) suonano anche come vecchi armadietti.
Inoltre restano i pesi massimi del primo governo del Borne, come il ministro dell’Economia Bruno Le Maire; dell’Interno, Gérald Darmanin; Giustizia, Éric Dupond-Moretti, o Educazione, Pap Ndiaye. “Ampie consultazioni con le forze politiche che durano due settimane per, alla fine… riportare Marlène Schiappa. Il macronismo ha difficoltà a reclutare”, ironizza la presidente del gruppo parlamentare di France Insumisa, Mathilde Panot. Per il deputato populista di sinistra, il rimodellamento del governo non è altro che un “gioco di sedie” che mostra che il macronismo “è in ritirata” ed è un potere “in via di decomposizione”.
Il capo dei socialisti nell’emiciclo, Boris Vallaud, si è chiesto se Macron abbia capito il messaggio dei sondaggi dopo il suo urto alle elezioni legislative. “L’importante non è tanto il casting quanto la tabella di marcia”, ma anche “le conseguenze che Macron e Borne traggono dalla loro sconfitta elettorale”, ha detto alla radio Franceinfo. “Quali compromessi sei disposto a fare?”
I cambiamenti non sono convincenti nemmeno nell’ala destra della politica francese. Secondo la leader di estrema destra Marine Le Pen, che con 89 deputati è diventata una delle principali forze dell’Assemblea nazionale, Macron “ha ancora una volta ignorato il verdetto delle urne e la volontà dei francesi per una nuova politica”.