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Mafia Capitale: salviamo gli operai della cooperativa 29 Giugno

Lo scandalo Mafia Capitale non ha solo risvolti politici e giudiziari. La corruzione e il malaffare si sono infatti abbattuti sulle cooperative sociali, in particolare sulla 29 Giugno e le altre facenti capo a Salvatore Buzzi e che ora rischiano di affondare. Stiamo parlando di associazioni che sono nate con uno scopo ben preciso, quello di aiutare i più deboli, che siano ex detenuti, come lo stesso Buzzi, gli immigrati, i rom, i tossicodipendenti. I reati commessi dal gruppo criminale hanno colpito due volte la società italiana: rubando soldi pubblici e colpendo i soggetti che più hanno bisogno di aiuto. Gli operai che lavorano nelle cooperative di Buzzi non sono responsabili delle azioni criminali e non possono pagare per crimini che non hanno commesso. È il caso, per esempio, della cooperativa Formula Sociale.

La cooperativa è una delle più importanti del gruppo di Buzzi e il suo presidente, Claudio Caldarelli è stato arrestato nell’ambito delle indagini del “Mondo di mezzo”. Formula Sociale dà lavoro a molte persone, circa un’ottantina: si occupa di raccolta della differenziata e dei rifiuti nei mercati rionali, della gestione e manutenzione del verde, dell’accoglienza agli immigrati e la gestione dei campi rom. Tutte attività che vengono portate avanti da anni e che hanno permesso a molte persone di avere un lavoro, pur se visti come soggetti pericolosi o deboli. Lo scopo principale delle cooperative di Buzzi, tra cui anche Formula Sociale, è infatti il reinserimento degli ex detenuti.

La stessa storia personale del suo fondatore parla di redenzione e recupero: ex omicida (ha ucciso un uomo che era suo complice di ruberie quando lavorava in Banca), ha scontato la sua pena, ha trovato nel carcere di Rebibbia il modo di ricominciare, si è laureato con il massimo dei voti: un detenuto modello che proprio per il suo percorso personale ha ottenuto la grazia dall’allora Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro.

Come lui, molti altri hanno trovato nelle sue cooperative la voglia e soprattutto la possibilità di riscatto. È il caso di Michelangelo Misso, ex detenuto per reati di mafia, membro di una famiglia criminale che ha scritto parte della storia della camorra. Ha scontato la sua pena e ha deciso di cambiare vita, per lui e per i suoi figli, trovando nella cooperativa Formula Sociale una via per rinascere. Ora però ha paura, non sa che fine farà, teme che tutto possa finire e di ritrovarsi in mezzo a una strada.

In questo progetto ho dato tutto me stesso”, ci racconta. “Il fatto che la mia cooperativa sia stata investita da uno scandalo in odor di mafia per me è uno smacco, un dolore, una delusione. È una vergogna: io credevo che fossero persone perbene”.

Il timore è reale. Mentre la 29 Giugno e la Eriches 29, le due onlus che erano al vertice del gruppo di Buzzi, sono state commissariate, Formula Sociale insieme a Società Cooperativa Sociale Onlus e la 29 Giugno Servizi, non hanno ancora avuto il commissariamento. Questo significa non avere la sicurezza del futuro, anche immediato. Il giudice, nel commissariare le due società di Buzzi, ha riconosciuto l’urgenza proprio perché lavorano a favore delle persone deboli. L’intervento è stato fatto in tempi rapidi per non sprecare quanto fatto in tanti anni; per Formula Sociale e le altre cooperative, la decisione non è ancora arrivata, anche se il giudice l’ha già messa in conto, una volta che saranno sequestrate le quote agli arrestati.

L’incertezza però è tanta, troppa. “Nessuno aveva mai sospettato nulla: ora siamo tutti spaventati perché non sappiamo che fine faremo”, spiega Misso. “Continuiamo a lavorare, ma senza certezze: sappiamo che la tredicesima è bloccata fino al commissariamento e non sappiamo nulla del prossimo stipendio”.

C’è poi il rischio di perdere il lavoro. Lo scandalo ha macchiato il nome delle cooperative sociali, si teme che molti appalti possano essere persi e che quindi contratti in scadenza non vengano rinnovati. “Si sono trincerati dietro un silenzio assordante”, continua Misso, che teme per sé e per i suoi colleghi. “Tira una brutta aria, si cerca di essere sereni, ma fuori ci guardano già con sospetto: quando vedono la divisa e ci riconoscono arrivano sguardi schifati”.

Lui stesso ha incontrato Buzzi un paio di volte in sede e gli è sembrato una brava persona, disponibile e tranquilla, che negli anni ha davvero aiutato molte persone. Lo scandalo rischia di rovinare tutto quanto fatto di buono, tanto che i dipendenti della 29 Giugno hanno emesso un comunicato in cui si dissociano dai vertici.

Noi siamo davvero recuperati, non come loro che lo sembravano e basta”, ricorda Misso che sta lavorando per creare una sua cooperativa. “Anche il mio progetto è fermo, ora quando sentono il nome delle cooperative sociali hanno paura”, spiega. Lui andrà avanti, così come gli altri lavoratori delle cooperative: a pagare devono essere solo i veri colpevoli.

Lorena Cacace

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