I rischi dell’intromissione della mafia nell’economia italiana, specie in concomitanza all’arrivo dei copiosi fondi del PNRR, mette in allerta il governo che rafforza gli strumenti di controllo.
Quello delle cosche mafiose è un problema quasi endemico per lo stato italiano, una piaga sociale innanzitutto, ma anche economica. Investimenti e fondi pubblici sono spesso intercettati dalla criminalità organizzata mediante appalti, concessioni o investimenti che sotto una parvenza di legalità nascondono riciclaggio di denaro e aumento di potere.
L’arrivo (non certo ma condizionato a degli obiettivi da centrare, è bene ricordarlo) di oltre 220 miliardi di euro dall’Unione Europea per permettere la ripresa delle economie dei paesi membri, è un lauto boccone per le mafie peninsulari.
Già nel corso dei momenti più duri della pandemia, alcuni esperti della mentalità di azione e pressione delle associazioni a delinquere di stampo mafioso avevano posto il problema dei molti commercianti e liberi professionisti che, costretti per mesi a chiusure coatte dovendo comunque rispondere alle spese di mantenimento e gestione della propria attività, avrebbero potuto cedere a invitanti e facili aiuti economici provenienti proprio dalle mafie.
Un modo per queste ultime di acquisire potere in settori dell’economia locale e di gestione del territorio tramite appunto quella che potremmo banalmente definire un’opera di strozzinaggio, tanto più meschina quanto più si tiene conto del contesto in cui la si “propose”.
Stante questo rapido affresco, non sorprende che il governo guidato da Mario Draghi, nato con lo specifico intento di predisporre ed organizzare la ripartizione dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ponga un focus particolare sul tema mafie, al fine di non sperperare tale fondamentale occasione di rilancio per la nazione andando oltretutto ad abbeverare e quindi rinforzare le cosche.
L’elemento cardine volto al contrasto di atti delinquenziali di origine organizzata è il monitoraggio pedissequo degli stanziamenti europei.
In tal senso fondamentale risulta il ruolo dell’Organismo permanente di analisi e monitoraggio sul rischio di infiltrazione nell’economia da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso (parte del Dipartimento di Pubblica Sicurezza della Polizia Criminale), il quale farà largo impiego della Banca Dati Nazionale Unica della Documentazione Antimafia (BDNA).
La BDNA tiene infatti traccia di tutti i soggetti destinatari dei fondi UE e garantisce così un costante controllo delle movimentazioni finanziarie legate al PNRR.
Nel caso in cui emergano perplessità, forze dell’ordine ed inquirenti possono provvedere tanto all’interdizione del sospettato quanto a formule più blande di intervento, come l’uso dell’articolo 94bis del Codice Antimafia, il quale permette all’operatore economico di continuare a lavorare pur con alcune misure e controlli da rispettare per un periodo che può andare dai 6 mesi all’anno.
In definitiva, Draghi confida che controlli più stringenti e procedure più snelle consentano ai soldi del PNRR di aiutare la cosa pubblica e non cosa nostra.
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