La Polizia di Stato ha fatto scattare oggi un blitz contro un’organizzazione criminale capeggiata da esponenti della Mala del Brenta, e composta anche da molti fiancheggiatori pluripregiudicati provenienti dal Veneto, che si sono resi responsabili di decine di rapine a mano armata a numerose banche, centri commerciali, attività private come laboratori orafi del nordest d’Italia e della Toscana. Gli assalti avvenivano anche con kalashnikov. La squadra mobile della questura di Venezia ha eseguito 16 ordinanze di custodia cautelare, perquisizioni e sequestri nei confronti dei componenti del violento gruppo criminale.
L’operazione di polizia contro il gruppo criminale è stata piuttosto complessa, effettuata da circa 150 uomini della polizia di Stato, appartenenti ai vari Uffici e Commissariati della Questura di Venezia, oltre alle squadre mobili del Veneto, al reparto prevenzione crimine, agli artificieri, alle unità cinofile antiesplosivo.
Impiegato anche un elicottero del reparto volo di Milano.
Il gruppo ciminale era prevalentemente costituito da pericolosi pluripregiudicati veneti, già collusi con quella che viene conosciuta come ‘Mala del Brenta’, la cui base operativa era nella provincia di Venezia.
I rapinatori assaltavano centri commerciali, supermercati, piccole attività artigianali e banche a suon di kalashnikov, ma anche con comuni armi da sparo.
In tutto, nel corso di una delle perquisizioni sono stati sequestrati: 1 fucile mitragliatore, 4 kalashnikov, una pistola semiautomatica Beretta, una pistola semiautomatica Glok, caricatori a mezza luna ed un migliaio di cartucce, giubbotti antiproiettile, pettorine della guardia di finanza, palette delle forze dell’ordine, lampeggianti blu, e auto rubate. Un altro kalashnikov è stato sequestrato in un nascondiglio a Marghera, dove sono state rinvenute anche le maschere in lattice utilizzate durante le rapine.
Il via all’indagine è stato dato dopo il controllo di due persone vicino a un supermercato a Marghera. L’auto su cui viaggiavano era risultata rubata, e loro furono trovati in possesso di una borsa contenente una pistola a salve e una maschera in lattice.
L’organizzazione era in possesso di sofisticate apparecchiature per effettuare la bonifica dei veicoli e dei luoghi, per scoprire l’eventuale installazione di microspie ambientali o sistemi di rilevazione gps utilizzati da parte delle forze di polizia.
Il gruppo contiguo alla Mala del Brenta si era organizzato secondo gli schemi operativi delineati negli anni Ottanta e Novanta da Felice Maniero.
La mala del Brenta negli anni ’80 e ’90
La mala del Brenta fu protagonista della cronaca italiana fino agli anni ’90, una pagina tra le più nere della storia recente del nostro Paese. Il suo artefice, Felice Maniero, fece di questo gruppo un’organizzazione criminale mafiosa di alto livello. Nacque in Veneto intorno agli anni sessanta ed in seguito è riuscita a ramificarsi nel resto dell’Italia nord-orientale, fino alla sua dissoluzione negli anni novanta. Verso la fine degli anni settanta la piccola banda criminale si dedica principalmente a furti di generi alimentari, di bestiame e di pellame. A guidare i lavori c’è già Felice Maniero, detto Faccia d’angelo.
Attorno a lui ruotano personaggi del calibro di Gilberto Sorgato, detto Caruso, Ottavio Andrioli, Sandro Radetich, detto il Guapo, Gianni Barizza, Zeno Bertin, detto Richitina, Stefano Carraro, detto Sauna, Antonio Pandolfo, detto Marietto, e Fausto Donà. Inoltre Maniero stringe alleanze con altre bande criminali del Veneto, come quella dei fratelli Maritan a San Donà di Piave o dei fratelli Rizzi a Venezia. Le attività delinquenziali sue e della sua banda composta da oltre 300 “strumentisti criminali”, spaziavano dai sequestri di persona alle rapine, dal traffico di sostanze stupefacenti al traffico d’armi, dal riciclaggio di danaro agli omicidi.
Con il passare degli anni l’attivitò criminale si è ampliata con rapine ai danni di laboratori orafi, istituti di credito e uffici postali, per arrivare ai sequestri di persona, al controllo delle bische clandestine e dei cambisti del Casinò di Venezia, nonché al più remunerativo traffico di sostanze stupefacenti.
Chi è Felice Maniero
“Carismatico, imprendibile, Felice Maniero negli anni ottanta regnava con le armi sul Veneto, sul Friuli e sull’Emilia-Romagna. Era il boss della Mala del Brenta, una sorta di piccola ma potente Cosa Nostra della Val Padana che puntava in alto, ad accumulare denaro e potere, attraverso atroci azioni di sangue“.
Capo capace di guidare i suoi gregari anche dal carcere, o dai nascondigli nei quali si rifugiava tra una evasione e l’altra, Felice Maniero è stato accusato di omicidi, traffico di armi, droga e associazione mafiosa.
Dopo aver tessuto per anni relazioni con esponenti della mafia e della camorra, Maniero fu arrestato per la prima volta nel 1980, ed evade per due volte. Nel 1987 fugge dal carcere di Fossombrone; nell’agosto 1993 è arrestato sul suo yacht al largo di Capri e viene detenuto nel carcere di Vicenza. Qui tenta l’evasione corrompendo due guardie penitenziarie con 80 milioni di lire. I due in seguito avvertono la direzione del carcere. Viene trasferito a Padova dove però, il 14 giugno 1994, evade nuovamente assieme ad altri complici, sempre dopo aveer corrotto una guardia penitenziaria.
Catturato a Torino nel novembre successivo, viene condannato a 33 anni di reclusione, poi ridotti nel giudizio definitivo a venti anni e quattro mesi.
Nel febbraio 1995 si pente e contribuisce a smantellare la sua banda.
L’ex malavitoso, nel frattempo diventato collaboratore di giustizia, il 14 dicembre 1996 è condannato dalla Corte d’assise d’appello di Venezia a 11 anni di carcere e 60 milioni di lire di multa grazie alle attenuanti generiche e alla diminuente per la collaborazione. Solo il 2 maggio 1998 è arrestato per scontare la pena residua, quattro anni.
Ciò che va ricordato è che dopo essere diventato collaboratore di giustizia, ed essere stato ammesso al programma di protezione, Felice Maniero ha cambiato nome e ha scontato la pena in una località segreta.
In libertà c’è tornato nel 2010 (23 agosto), Felice Maniero da allora vive affrancato dal suo passato, grazie a una nuova identità fornitagli dallo Stato Italiano.