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Malafemmena, testo e storia della celebre canzone di Totò

E’ una delle canzoni napoletane più famose di sempre Malafemmena, il cui testo scritto da Totò nel ’51 è stato interpretato da alcuni degli artisti più celebri della storia della musica. La canzone, considerata un capolavoro poetico e musicale, è dedicata – com’è facile intuire – ad una donna dal comportamento moralmente discutibile, inteso non solo in senso letterale ma con un significato ben più profondo: ‘malafemmena‘ è, sì, una donna di malaffare, una prostituta, ma nel caso della canzone di Totò è colei che procura sofferenza all’uomo che l’ha amata (e la ama ancora), a causa di un atteggiamento cinico, egoistico e da ingannatrice. Ma com’è nato il testo del brano? E perché, ancora oggi, è tra quelli più interpretati, ed amati, della musica napoletana?

Antonio De Curtis, in arte Totò, è uno degli attori italiani più conosciuti in assoluto. Interprete e caratterista unico della commedia dell’arte declinata in napoletano, si è distinto non solo per le sue doti attoriali ma anche come poeta, drammaturgo e paroliere. Dalla sua straordinaria sensibilità sono usciti capolavori di poesia come ‘A livella, Pe nun te scurdà cchiù e Napule, tu e io – tanto per citarne solo alcune – e canzoni entrate ormai nell’immaginario collettivo mondiale come Con te (cantata da Achille Togliani al Festival di Sanremo del ’54) e la ben più celebre Malafemmena, canzone scritta nel ’51 ed incisa nello stesso anno da Mario Abbate, in occasione del concorso di Piedigrotta dal titolo La Canzonetta. A lanciarla con successo fu però, sempre nel ’51, Giacomo Rondinella, seguito dalle altrettanto straordinarie interpretazioni di Teddy Reno, che la cantò nel famosissimo Totò, Peppino… e la malafemmina, e da Nunzio Gallo, che la interpretò nel film dal titolo, appunto, Malafemmena. Ma tantissimi, tra passato e presente, sono stati gli interpreti di questo pezzo, da Patty Pravo a Gigi D’Alessio, da Claudio Villa a Mina, da James Senese a Jerry Vale.

Malafemmena, testo e significato

Malafemmena, dunque, è la canzone in cui Totò descrive, con versi piuttosto struggenti, la sofferenza causata da una donna e dal suo comportamento poco consono alla vita di coppia. Sono sentimenti assai contrastanti – ‘te voglio bene e t’odio, nun te pozzo scurdà‘ – quelli descritti da Totò: interamente in napoletano, i versi del principe De Curtis rendono poeticamente bene le emozioni e lo strazio amoroso che prova nei confronti della sua donna. Ma di chi parla Totò nella canzone?

Nonostante ne avesse avute diverse, Totò fu profondamente segnato dall’amore per un’unica donna, quella malafemmena descritta nella canzone, che in tanti inizialmente associarono a Silvana Pampanini, rea di aver rifiutato la proposta di matrimonio del principe, conosciuto sul set del film 47 morto che parla. In realtà (fu la figlia Liliana, parecchio tempo dopo, a svelare la verità) la malafemmena cantata da Totò era sua moglie Diana Bandini Lucchesini Rogliani, colpevole di non aver mantenuto la promessa che i due si fecero dopo la separazione – rimanere sotto lo stesso tetto finché la figlia non avesse compiuto diciott’anni. La donna invece, stufa delle continue scappatelle dell’attore, lasciò la casa per sposare un altro, lasciando il principe profondamente ferito. Stato d’animo facilmente comprensibile guardando i versi che il principe le dedicò, forti e taglienti da una parte, dolci e pieni d’amore dall’altra.
Ecco, dunque, qui di seguito, il testo della canzone Malafemmena, scritto di getto su un pacchetto di sigarette mentre Totò si trovava a Formia per girare uno dei suoi tantissimi film:

Si avisse fatto a n’ato
chello ch’e fatto a mme
st’ommo t’avesse acciso,
tu vuò sapé pecché?
Pecché ‘ncopp’a sta terra
femmene comme a te
non ce hanna sta pé n’ommo
onesto comme a me!…

Femmena
Tu si na malafemmena
Chist’uocchie ‘e fatto chiagnere..
Lacreme e ‘nfamità.

Femmena,
Si tu peggio ‘e na vipera,
m’e ‘ntussecata l’anema,
nun pozzo cchiù campà.

Femmena
Si ddoce comme ‘o zucchero
però sta faccia d’angelo
te serve pe ‘ngannà…

Femmena,
tu si ‘a cchiù bella femmena,
te voglio bene e t’odio
nun te pozzo scurdà…

Te voglio ancora bene
Ma tu nun saie pecchè
pecchè l’unico ammore
si stata tu pe me…

E tu pe nu capriccio
tutto ‘e distrutto,ojnè,
Ma Dio nun t’o perdone
chello ch’e fatto a mme!

Caterina Padula

Giornalista pubblicista, appassionata di scrittura, mi occupo da anni di approfondimenti culturali e di informazione online. Da sempre lettrice accanita e curiosa, amo la musica, l'arte e tutto ciò che è natura.

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