[didascalia fornitore=”ansa”]Filamento di DNA[/didascalia]
Il 28 febbraio è stata la Giornata Mondiale delle Malattie Rare. Abbiamo approfittato di tale occasione per capire come si muove la ricerca per la cura di una serie di patologie ‘non conosciute’ che vengono diagnosticate spesso con tempi lunghi e per le quali non c’è ancora una terapia valida. Gli esperti sono sempre al lavoro per cercare nuovi tipi di molecole che risultino efficaci per curare queste patologie. Insieme agli esperti abbiamo fatto il punto della situazione.
In occasione della Giornata mondiale dedicata alle patologie orfane di cura, l’azienda svizzera Roche, che supporta le iniziative organizzate da Uniamo Onlus, la Federazione italiana malattie rare, e Omar, l’Osservatorio malattie rare, ha illustrato i nuovi studi su cui sta lavorando per trovare nuove molecole che siano adatte per la terapia di alcune malattie rare.
Non dimentichiamo che l’80% delle malattie rare è dovuto a cause genetiche, per questo la ricerca e lo sviluppo farmacologico rappresentano un imperativo strategico nella ricerca di una soluzione terapeutica che possa portare a migliorare in maniera sensibile la condizione di vita delle persone affette da patologie rare. Si stima che il 3% della popolazione sia colpita da malattie rare, oltre 30 milioni di persone nell’Unione europea di cui circa 1-2 milioni in Italia. Una persona ogni 2 mila ha una malattia rara, quindi è prioritario indagare aree terapeutiche ancora poco esplorate, anche se richiedono elevate risorse e competenze.
E ssono 9 le molecole che i ricercatori stanno testando per la cura di emofilia, fibrosi polmonare idiopatica, fibrosi cistica, atrofia muscolare spinale, distrofia muscolare di Duchenne e malattia di Huntington. “Ci auguriamo che tutte possano rappresentare una svolta per la medicina del futuro”, afferma Anna Maria Porrini, direttore medico dell’azienda svizzera in Italia, che precisa: “Ogni persona con malattia rara è importante. Non è questione di numeri, ognuna di loro ha una storia” ed “è per questo che ci impegniamo con coraggio per fare la differenza nella vita dei pazienti con patologie ancora poco conosciute e non idoneamente trattate”.
Per i suoi test, la multinazionale svizzera ogni anno riserva 40 milioni di euro in investimenti “consapevoli dell’impatto sociale che le malattie rare possono avere nella vita di ogni singola persona e per l’intera comunità socio-sanitaria”. Solo nel 2017 sono stati condotti 217 studi clinici su varie patologie in 220 centri, coinvolgendo oltre 11 mila pazienti che hanno così potuto beneficiare di “un percorso clinico all’avanguardia”. Si lavora “a stretto contatto con tutti gli attori del sistema salute, ascoltando sia i pazienti che le istituzioni con l’obiettivo è creare un network efficiente di valore basato sull’innovazione medico-scientifica e sulla collaborazione, al fine di garantire un accesso equo alle terapie per ogni paziente”.
Il fine ultimo dei ricercatori è dunque sviluppare nuovi farmaci sempre più efficaci e sicuri per rispondere alle esigenze specifiche dei singoli pazienti, ossia scoprire soluzioni terapeutiche avanzate che possano concretamente cambiare il corso della medicina e la vita dei pazienti, oltre che dei loro familiari.
In collaborazione con AdnKronos