Il matrimonio tra Paolo Maldini e il Milan salta prima ancora di essere consumato. I cinesi, infatti, dopo l’intervista dell’ex rossonero alla ‘Gazzetta dello Sport’, hanno fatto chiarezza, a mezzo stampa: “Non dobbiamo dare alcuna risposta a Maldini, che ha già in mano da giorno un’articolata offerta di lavoro scritta”. Quindi, la proprietà non ha alcuna intenzione di essere più chiara, di distinguere tra il ruolo che Paolo dovrebbe avere in Società e quello di Massimiliano Mirabelli (che già firmato il contratto) e di dargli carta bianca nella gestione dell’area tecnica.
Infine, Maldini aveva chiesto di incontrare i proprietari orientali, pur avendo già parlato con Han Li, considerato da Fininvest, dalle banche, dagli advisor e da Silvio Berlusconi come interlocutore sufficiente. Gli altri cinesi della cordata – un fondo composto da sette – otto imprenditori – non hanno alcuna intenzione di immischiarsi nella gestione del club.
Maldini al Milan: l’ex capitano vicino al ritorno
Paolo Maldini al Milan è una suggestione o c’è qualcosa in più? La risposta è che non è una semplice idea giornalistica, ma una vera e propria trattativa tra l’ex rossonero e la nuova proprietà cinese, che sta cercando personaggi di peso per presentarsi come si deve, soprattutto al pubblico che ha a cuore il Diavolo. Certo, Maldini non si era lasciato molto bene neanche con alcuni di questi tifosi (ricordate i fischi di una parte della curva alla sua ultima uscita a San Siro?). Ma il tempo cura tante cose. Oggi, l’ex terzino chiede chiarezza e ruoli definiti per dire sì.
Parlando in esclusiva alla Gazzetta dello Sport, Maldini non smentisce e rilancia. Dettando le condizioni. Quali? Prima vuole conoscere i cinesi, poi vuole avere mano libera nel ruolo di direttore tecnico. In una situazione confusa, dove non è chiaro chi ci sia dietro alla nuova proprietà e dove anche i ruoli dirigenziali sono doppi o tripli, Maldini chiede il minimo indispensabile per mettersi al lavoro.
Una carriera da leader
Da giocatore, Maldini jr. è stato forte come se non di più di illustri predecessori di ruolo, da Giacinto Facchetti ad Antonio Cabrini. Nella sua bacheca c’è tutto: sette scudetti, cinque Coppe Campioni o Champions che dir si voglia, 2 Coppe Intercontinentali e un Mondiale per club. Cinque Supercoppe italiane, una Coppa Italia e 5 Supercoppe europee. Soprattutto, 902 presenze in serie A tra il 1985 e il 2009: recordman del Milan.
Senza dimenticare i premi individuali: un Bravo, una volta nel Top 11 ai Mondiali, 1 World Soccer’s Player of the Year, miglior difensore italiano nel 2004. Per citarne soltanto alcuni. Ha vinto molto di più in rossonero di quanto abbia fatto in Nazionale, dove è mancata la ciliegina sulla torta, ovvero il titolo. Due volte ha avuto la grande occasione, terminando terzo nel 1990 in Italia e secondo nel 1994 negli Stati Uniti. Stesse due medaglie agli Europei. Completa il palmares un argento con la Nazionale Under 21 nel 1986.
San Siro lo fischia
Eppure, il 24 maggio del 2009 – in occasione dell’ultima uscita da calciatore a San Siro, Paolo Maldini è stato fischiato nel giro di campo conclusivo. Motivi extracalcistici, che hanno pesato però sull’umore del giocatore e sulla sua voglia di tornare al Milan. Anche perché la Società non lo ha difeso come avrebbe dovuto. Quel pomeriggio, il Milan perse 3-2 con la Roma. Ai tifosi vennero consegnati un album di figurine e sciarpe commemorative: ci si aspettava uno stadio in festa. La squadra indossò la maglietta celebrativa: “Tre solo per te”.
Al fischio finale, molti furono i tifosi che applaudirono il monumento, compresi quelli della Roma. Ma spiccarono soprattutto i fischi della Curva Sud: vennero intonati cori a favore di Franco Baresi ed esposti striscioni polemici contro Maldini, reo di alcune dichiarazioni del capitano contro il tifo organizzato. Una settimana dopo, in Fiorentina-Milan, una vera e propria standing ovation arriverà al ‘Franchi’ dal pubblico viola: tutti per Paolo Maldini. Che, alla fine, potè giustamente sbattere la porta di Milanello nonostante un amore lungo ben 24 anni.
Maldini dopo il Milan
Sette anni senza Maldini. Cosa ha fatto Paolo dopo l’addio alla maglia rossonera? Viene contattato dal Chelsea per entrare a far parte dello staff tecnico come team manager o vice di Carlo Ancelotti. L’ex difensore rifiuta. Verso la fine del 2009/2010 gli viene addirittura proposto di tornare a giocare nel Milan a causa dei tanti infortuni che hanno messo ko la difesa. Da dieci mesi fermo, anche questa volta Paolo declina l’offerta (lo avrebbe fatto solo per la maglia).
Nel gennaio 2012, il Paris Saint Germain pensa a lui come direttore sportivo. Ma Maldini ancora una volta risponde negativamente, ammettendo però che un giorno potrebbe lavorare per un club diverso dal Milan: “Da cui non ho mai ricevuto offerte di alcun tipo”. Il 20 maggio del 2015 fonda, insieme a Riccardo Silva, il Miami Fc, unica società calcistica professionistica della Florida. Che quest’anno partecipa alla Nasl.
Il diktat di Paolo
Nei prossimi giorni sapremo se Paolo Maldini riprenderà a lavorare per il Milan. Probabilmente salterà Adriano Galliani e i cinesi hanno deciso di puntare su di lui e su Marco Fassone (che ha incontrato l’ex capitano già quattro volte e che sarà amministratore delegato). Ma l’ex calciatore ha detto di aver visto soltanto David Han Li della nuova proprietà. Il primo punto, dunque, è conoscere chi c’è davvero dietro ai nuovi padroni. “Il vicepresidente del fondo cinese è l’unico con cui ho parlato, anche perché è l’unico che parla inglese. Non posso metterci la faccia senza conoscere i cinesi”.
Maldini vuole una responsabilità diretta nel ruolo di direttore tecnico: “Deve esserci chiarezza sul mio ruolo. Io vorrei condividere con i nuovi proprietari il progetto, per identificarmi con loro, con i loro obiettivi, con i loro piani. E’ la mia storia con il Milan che me lo impone. Io al Milan voglio dare qualcosa di reale e di concreto”. Lui ha posto le sue condizioni, ora attende sul fiume: “Non sono io a dover dare una risposta a loro, ma loro a me. Posso sembrare un uomo complicato, ma sono obbligato ad agire così. Questo è il Milan, non si scherza“.
Non sono i soldi il problema: “Mi fa sorridere che se ne parli, non siamo neanche arrivati a questo. Il punto è un altro: se mi si chiede di riportare a competere per la Champions, con un progetto triennale o quinquennale, una squadra che da tre anni è fuori dalle coppe, io devo condividere la responsabilità con i proprietari cinesi”.
Il disegno del nuovo Milan
E’ lo stesso Paolo Maldini a disegnare il Milan del futuro, così come gli è stato prospettato: “Fassone amministratore delegato, io direttore tecnico e Massimiliano Mirabelli direttore sportivo. Ma il punto è: cosa devo fare? Io e Mirabelli dovremmo gestire la parte sportiva, ma se c’è una differenza di vedute chi decide? Non posso avere un ruolo a metà con un’altra persona. Mi sembra inevitabile affrontare subito il problema”.