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Ieri sera a Parallelo Italia durante l’esibizione di Malika Ayane sono volate bottiglie sul palco che hanno costretto la cantante a interrompere la sua performance dal vivo. Ma in realtà ci sono stati momenti di tensione per tutta la durata della trasmissione, condotta da Gianni Riotta in diretta da piazza Municipio a Napoli, a causa della presenza di numerosi contestatori, molto probabilmente lavoratori precari e disoccupati del posto. Al termine del programma lo stesso Riotta ha twittato il seguente messaggio di scuse: ‘Pensavamo di essere un think show siamo un fight show. @ParalleloItalia si scusa con @malikayane per la violenza degli intolleranti‘.
Prima di lanciare la bottiglia verso Malika Ayane (che, specifichiamo, non è stata colpita) i contestatori hanno intonato cori come ‘Andatevene’ e ‘Vergogna’, suscitando la reazione di un Gianni Riotta visibilmente infastidito che ha commentato: ‘È una vergogna non permettere una discussione libera‘. Da sottolineare che la movimentatissima puntata di Parallelo Italia si era aperta con il tentativo di irruzione sul palco da parte di un manifestante, fortunatamente bloccato dalla security.
La trasmissione si è poi chiusa alle 23:30 circa con Riotta che si è scusato in diretta con Malika Ayane citando il brano ‘Senza fare sul serio’ che l’artista stava cantando prima della forzata interruzione. Il presentatore ha molto apprezzato il fatto che Malika sia voluta tornare sul palco dopo l’increscioso episodio per salutare il pubblico televisivo, abbozzando anche un mezzo sorriso e dando l’appuntamento ai napoletani (quelli civili, che sono la maggioranza) al concerto che terrà nel capoluogo campano in autunno.
Poco fa Gianni Riotta ha commentato l’intera serata attraverso un lungo messaggio postato su Facebook del quale vi riportiamo i punti salienti: ‘Martedì sera con i colleghi di Parallelo Italia e Rai Tre abbiamo organizzato una diretta da Napoli, per la nostra inchiesta sul”Italia del 2015. […] Purtroppo un gruppo di facinorosi, camuffati da contestatori, ha immediatamente circondato la nostra postazione, urlando insulti e minacce, a me e ai miei gentili ospiti. Nel pomeriggio avevano diffuso le loro minacce online e un mio collega aveva loro ricordato che era un dibattito libero e se avessero avuto una loro rivendicazione potevano presentarla. Lo hanno irriso dicendo ‘Noi protestiamo di mestiere mica parliamo’. La trasmissione è risultata inascoltabile, insulti e urla hanno coperto le voci del dibattito, con i presenti imbarazzati e tesi. Alla fine, quando era previsto il concerto della brava cantante Malika Ayane i contestatori di professione, che sono manovrati da un noto politico locale, hanno bersagliato il palco e Malika di bottigliate. Il nostro lavoro perduto, un’occasione mancata. Quanto alle forze dell’ordine che avrebbero dovuto garantirci di lavorare serenamente non hanno neppure identificato gli aggressori, e alle nostre rimostranze per l’attacco un dirigente ha riso ‘Che volevate? Le maniere forti?’. Per nulla, volevamo – pagando le tasse – un’Italia libera e serena dove si potesse lavorare in tranquillità raccontando anche il disagio. Invece le vittime sono state criminalizzate, siamo finiti noi sotto accusa perché ci han preso a bottigliate. Mi scuso con gli ospiti e con Malika Ayane. Ho imparato una nuova cosa sul degrado del mio Sud, e non parlo solo dei facinorosi violenti di professione, purtroppo‘.
Anche Malika Ayane ha commentato la vicenda su Facebook, cercando di smorzare un po’ i toni: ‘Devo dire la mia su ieri sera che a leggere Twitter o i siti di quotidiani sembra sia successo chissà cosa. […] Il motivo per cui ho smesso di cantare è molto semplice. Nessuno mi ha preso a bottigliate come ho letto in giro, ho visto una bottiglia di plastica sfiorare Brando e ho visto contestatori e polizia correre, il pubblico dentro la transenna attonito e spaventato. Quando ho percepito un clima teso e surreale mi sembrava di estremo cattivo gusto rimanere sul palco a favore di camera. Nessuna indignazione, mi sentivo solo un filo fuori luogo. Se fossi rimasta lì a finire di fare il mio lavoro, forse non se ne sarebbe accorto nessuno‘.
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