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Malta, rischia di morire dopo aborto spontaneo: medici negano assistenza

Il divieto di interruzione di gravidanza a Malta rischia di uccidere una donna: la storia di una turista a cui, dopo un aborto spontaneo, i medici avrebbero negato l’assistenza necessaria per portare a termine la sua situazione critica.

Manifestazione contro divieto aborto – Nanopress.it

A Malta non si può salvare una donna in caso di aborto spontaneo, e a vietarlo è la legge contro l’interruzione di gravidanza. I medici avrebbero rifiutato di prestare assistenza a una turista americana per evitare di rischiare 4 anni di carcere previsti dalla giustizia dell’isola.

A Malta una turista rischia di morire per un aborto spontaneo: all’ospedale nessuna assistenza

Il divieto di aborto a Malta è praticamente una condanna a morte per una donna che, in caso di aborto spontaneo, non può ricevere assistenza.

È la sintesi della storia di una turista americana, in viaggio nell’isola e incinta di 16 settimane, e di una legge che non fa sconti e che continua a mietere vittime.

L’interruzione di gravidanza a Malta è illegale in ogni caso, anche in quello di stupro, e i sanitari che la praticano possono vedersi condannati a 4 anni di reclusione.

Per questo, i medici del policlinico Mater Dei avrebbero rifiutato di concludere le portare a termine le necessarie procedure per assistere la turista, una paziente a rischio setticemia, dopo un aborto spontaneo avvenuto durante la sua vacanza nel Paese.

Malta unico Paese Ue che vieta l’aborto in ogni caso

Malta è l’unico Paese dell’Unione europea in cui l’interruzione di gravidanza è vietata in qualsiasi circostanza. Anche se la madre ha subito violenza o se rischia di perdere la vita in attesa del suo bambino.

La vicenda che vede protagonista la donna statunitense, in viaggio a Malta con il compagno, è stata raccontata da The Guardian e sta facendo il giro del mondo.

Paziente in ospedale – Nanopress.it

La 38enne Andrea Prudente, questo il suo nome, secondo quanto dichiarato dall’uomo al quotidiano sarebbe stata rimandata in hotel dal personale dell’ospedale maltese così da “aspettare che il battito cardiaco del feto si fermasse“, oppure che si sviluppasse una condizione critica per la sua sopravvivenza, come una infezione, così da intervenire in emergenza.

I medici si sarebbero limitati a monitorare quotidianamente il battito del feto, come ha raccontato ancora il compagno della donna sottolineando che si tratti di

una forma inconcepibile di tortura emotiva e psicologica

Le donne che vogliono o devono abortire, a Malta non hanno altre possibilità oltre l’assunzione di farmaci illegali o l’interruzione di gravidanza all’estero.

Giovanna Tedde

Giornalista pubblicista, mi occupo da anni di contenuti web e nello specifico di editoria online. Per Nanopress mi occupo di cronaca nera e attualità.

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