Pensava che la compagna stesse per prendere parte a un film hard e l’ha offesa, maltrattata, malmenata. Questo è quello che è accaduto nell’astigiano di recente. Eppure su questa storia restano anche tanti interrogativi.
Quello che è accaduto ad Asti è abbastanza peculiare: una donna sarebbe stata accusata dall’ormai ex compagno, un meccanico di 40 anni, di voler prendere parte a un film hard. I due vivevano insieme ai loro rispettivi figli, formavano una famiglia allargata apparentemente molto unita, eppure l’apparenza nascondeva disguidi interni che invece appartenevano alla realtà. Quando le porte di casa loro si chiudevano, infatti, partivano offese, insulti, violenze anche fisiche. Tutto, pare, davanti ai bambini. Pare, perché ad oggi nessuno sa la verità.
Film hard o non film hard, questo è il dilemma. E no, non parliamo di un interrogativo che qualcuno si sta ponendo, ma del capo di accusa a carico di un 40enne di Asti, incolpato dall’ormai ex compagna di averla insultata, offesa, maltrattata perché pensava volesse prendere parte, appunto, a un film hard.
Alt: quella che vi stiamo per raccontare non è la (tristemente) “tipica” storia di violenza (fisica e verbale), ma è una narrazione abbastanza intricata e complessa che riporta delle evidente crepe, discrepanze e vuoti che nessuno, tribunale compreso, è riuscito a colmare. Almeno per adesso.
L’imputato è un meccanico di circa 40 anni, residente nel Canellese, con un figli a carico, la cui madre è sparita. Un padre esemplare, pare, molto presente con il bambino, sempre interessato alla sua condotta, anche scolastica, come hanno confermato le maestre della scuola elementare della Valle Belbo, che il piccolo frequentava in pratica un paio di anni fa, quando cioè sarebbe accaduto tutto. A detta loro, alla domanda “cosa vuoi fare da grande”, il bambino avrebbe risposto “Il meccanico, come mio papà”, chiaro segno che per lui il padre era, almeno allora, un vero e proprio punto di riferimento.
Eppure quello stesso uomo così premuroso verso il figlio, pare aver riservato un trattamento del tutto diverso alla compagna. Pardon, ex compagna ormai.
I quattro – il meccanico, la donna, il figlio di lui e la figlia di lei, avuta da una precedente relazione – vivevano insieme. Sembravano la tipica famiglia allargata, anzi no, non la tipica, perché spesso queste prevedono anche una massiccia dose di liti, gelose, rancori repressi, ma una di quelle sane, equilibrate, in cui vigeva solo l’amore. Quando lui era a lavoro, era la sua compagna a occuparsi del figlio, che era abituato a vivere senza sua madre già da tempo. Tutto sembrava andare come doveva andare, la routine procedeva senza troppi intoppi, non c’erano grossi problemi interni. Sembrava, appunto, ma non era così.
Ad un tratto, infatti, tutto è cambiato: la donna ha accusato l’allora compagno di averla offesa, maltrattata, malmenata, perché pensava che avrebbe preso parte a un film dai contenuti hard, come abbiamo anticipato.
A quanto pare, tutto sarebbe partito dalla scoperta da parte dell’uomo che la sua compagna aveva firmato un contratto per prendere parte a un film hard. A quel punto sarebbero iniziati insulti, offese, che sarebbero poi scaturite nella violenza, anche fisica.
Ma questo punto è assai controverso, perché bisognerebbe capire la veridicità di questo contratto. Come ha affermato l’avvocato della donna, Francesca Maccario: “Vi sono stati episodi gravi e la circostanza della partecipazione ad un film pornografico è destituita di ogni fondamento. (…) Noi contestiamo anche l’autenticità della firma sul contratto con l’agenzia di produzione: è una mossa dell’imputato per screditare la persona offesa e cercare di renderla meno credibile”. In sostanza, stando alla loro versione dei fatti, l’uomo avrebbe architettato tutto: avrebbe contattato un’agenzia di produzione di film hard, si sarebbe fatto stampare un contratto a nome della sua ex compagna, avrebbe firmato al posto suo e avrebbe usato quella come “scusa” per giustificare il suo comportamento violento.
A rendere la situazione ancora più intricata, però, ci hanno pensato dei profili Facebook. Falsi chiaramente. Qual è il nesso tra questi profili e la vicenda? Semplicemente, stando alle dichiarazioni della donna, questi sarebbero stati un ulteriore mezzo del suo compagno per screditarla. Rientra nella sua querela anche l’accusa di aver creato un profilo a suo nome per poter inquinare la sua reputazione. E anche questo punto è assai controverso perché, come ha affermato Claudia Malabaila, l’avvocato del meccanico, attualmente non vi sono indizi che portano a riconoscere l’uomo colpevole anche di questa accusa: “Dalle indagini non è emerso che le pagine sui social siano state create dall’ex compagno all’insaputa della donna”.
Attualmente c’è un altro però: come ha evidenziato la corte presieduta dal giudice Alberto Giannone, questi presunti maltrattamenti sono aggravati, perché sarebbero avvenuti alla presenza dei due bambini (il figlio di lui e la figlia di lei). Sia chiaro: i due piccoli non hanno subito alcuna violenza, com’è emerso dal pm Simona Macciò. Resta da capire però cosa abbiamo visto i loro quattro occhi.
Nel frattempo, quello che è certo è che la madre naturale del figlio del meccanico non ha voluto prendere parte all’udienze e, nel frattempo, il tribunale civile ha decretato una forma di tutela, nominando un curatore che si è costituito parte civile con l’avvocato Chiara Pescarmona.
Eppure in questa storia ci sono tanti punti che non tornano: perché l’uomo avrebbe usato proprio la “scusa” del film hard per scagliarsi contro la sua ex compagna? Il 40enne si è preso la briga di cercare una casa di produzione, stampare un contratto falso e firmare a nome dell’ex compagna? Chi ha fatto i profili Facebook a suo nome in realtà? Insomma, tutti questi interrogativi ad oggi non hanno ancora trovato una risposta, quindi ad oggi restano solo tante domande.
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