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“Mamma, denuncia l’ospedale. Denuncia!” In questo SMS inviato alla madre ci sono le ultime parole di Giuseppe Esposito, ragazzo di 20 anni morto nella notte fra il 16 e il 17 maggio in un letto d’ospedale al Policlinico Umberto I di Roma. Il giovane era malato di fibrosi cistica ed era in attesa di essere sottoposto ad un trapianto di polmoni. Adesso i familiari vogliono capire perché Giuseppe sia morto.
Giuseppe non poteva gridare: una tracheotomia gli aveva tolto la voce, per cui si affidava agli SMS.
“Me lo hanno ammazzato – racconta in lacrime Michela – lo hanno attaccato a una macchina che aveva già dato problemi, mio fratello si lamentava, ci chiedeva aiuto e loro ci rispondevano che delirava per i sedativi, gli hanno tolto il cellulare e volevano farmi uscire dalla stanza per pulire via ogni traccia che potesse inchiodarli alle loro responsabilità. Questa è l’apoteosi della malasanità e io non mi arrendo. Voglio giustizia per Giuseppe, perché è stata la sua ultima disperata preghiera”.
La direzione generale del Policlinico Umberto I, che ha espresso vicinanza alla famiglia di Giuseppe, ha avviato un’indagine interna che scagiona i medici: “Il paziente è giunto dal Federico II di Napoli in gravi condizioni per l’attivazione della cosiddetta procedura di trapianto ‘in urgenza’ che in quanto tale, implica un’aspettativa di vita molto breve sulla scorta delle condizioni cliniche. La commissione ha appurato che durante il ricovero sono state prestate tutte le cure previste dal caso, senza ritardi né omissioni sia da parte del personale medico che di quello infermieristico”.
La dirigenza del Policlinico Umberto ribadisce di offrire “massima collaborazione per l’accertamento dei fatti” e dichiara “piena fiducia nell’operato della magistratura”.
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