Roberto Mancini è il nuovo allenatore della Nazionale italiana. E si presenta alla stampa con il volto di chi sa di avere l’esperienza giusta per ridare orgoglio all’Italia del calcio ancora stordita e imbarazzata dalla mancata qualificazione alla fase finale dei mondiali 2018 in Russia. Un pugno nello stomaco che fa ancora male e un boccone duro da digerire. Ora toccherà al Mancio far dimenticare questa catastrofica parentesi calcistica e dalle prime parole in conferenza stampa a Coverciano si capisce che le premesse ci sono tutte.
“Penso che fare il ct sia la massima aspirazione di chi fa questo mestiere” – risponde Mancini a chi lo incalza sull’abbandono della panchina di un club e prosegue – “Poi è ovvio che ci sono momenti della carriera in cui un allenatore si sente di volere allenare un club. Personalmente sono tanti anni che alleno e questo mi sembra il momento giusto per quest’esperienza. Bisogna fare qualcosa per la Nazionale in un momento così difficile, dopo il Mondiale mancato“.
Il primo messaggio alla nazionale?: “Sono emozionato: diventare commissario tecnico non è una cosa banale. Sono orgoglioso di guidare la Nazionale. Per uno come me, che ha messo per la prima volta piede a Coverciano con l’Under 14 nel 1978, non ci potrebbe essere niente di più bello“.
Mancini apre anche le porte al ritorno di Mario Balotelli in azzurro: “Mario? Sicuramente gli parleremo e probabilmente lo chiameremo, perché fa parte del gruppo di quelli che vorrei rivedere. Lo vorrei rivedere come ai tempi dell’Europeo di Prandelli“.
E Andrea Pirlo nello staff? “Con Pirlo parleremo prestissimo, anche insieme a Costacurta“. Mancini parla poi del suo rapporto con la nazionale e cita gli allenatori del suo passato “Il mio rapporto con la Nazionale è durato tantissimo: sono stato l’unico ad avere avuto Bearzot, Vicini e Sacchi. Non sono stato fortunatissimo, ma ho sempre amato la maglia azzurra.”
C’è anche spazio per una domanda su Buffon e sul suo addio alla nazionale previsto il 4 giugno a Torino con l’Olanda: “Con Gigi parlerò per la partita di Torino, per adesso ho avuto ancora poco tempo“.
Mancini è la sfida più difficile della sua carriera?: “Tutte sono sfide, la differenza è che qui, se perdi, si arrabbiano 50 milioni di persone. Ma è anche il bello, se riesci a vincere.“