Mangrovie in Messico: la distruzione delle piante in nome del turismo

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Triste destino quello delle mangrovie in Messico: una delle specificità naturali tipiche del paesaggio nazionale viene sistematicamente distrutta in nome del turismo, nonostante negli ultimi anni il governo sia corso ai ripari approvando delle norme a tutela. L’ultimo caso è esploso nel gennaio 2016 nel cuore di Cancun, una delle mete più gettonate del turismo messicano: gli ambientalisti sono furiosi per la distruzione di 143 acri di foresta di mangrovie allo scopo di costruire un resort di lusso, con alberghi, uffici, appartamenti, centri commerciali, e una grande chiesa che promette di avere la croce più alta in America Latina, qui dove una volta sorgeva una fitta vegetazione costituita da mangrovie nere, rosse e bianche.

Il progetto noto come ‘Malecón Tajamar’ è stato temporaneamente sospeso grazie all’impegno degli attivisti, mettendo per ora un argine all’avidità di decine di società edilizie, impegnate a spartirsi una golosa fetta di affari intorno a quest’area: ufficialmente la legge messicana impedisce dal 2010 la distruzione delle mangrovie, ma questo progetto è stato in origine approvato cinque anni prima delle norme, ed ora è stato ripreso tra le proteste della popolazione, che hanno immediatamente intrapreso azioni legali per bloccarlo. A seguito delle ultime proteste, il tribunale ha concesso una nuova sospensione di costruzione almeno fino a quando non verranno spostati tutti gli animali sopravvissuti in un luogo sicuro.

Non è solo per le magrovie, migliaia di animali vivevano lì. La maggior parte di loro sono ormai morti, e quelli che sono riusciti a sopravvivere all’attacco sono ora senza cibo, acqua o anche un posto dove vivere‘, ha dichiarato l’attivista locale Aracely Domínguez a Vice News. La scomparsa dell’habitat naturale di tante biodiversità, tra cui anche specie rare o in via di estinzione come iguane nere dalla coda spinosa, rane leopardo, e coccodrilli di palude, è solo uno dei molteplici problemi derivanti dalla distruzione delle foreste, che fungono anche da barriera a catastrofi come tifoni e uragani, oltre che essere terreno fertile per i pesci che vengono sfruttati commercialmente, ha ricordato in una nota Greenpeace. Cancun viene considerata da coloro che si occupano di queste faccende come esempio paradigmatico del turismo eco-distruttivo in Messico: il business dei resort che ha avuto inizio nel 1990 è stato portato avanti nessuna attenzione al contesto naturale, sopprimendo molti ecosistemi tra cui le mangrovie che si affacciavano sulla costa. Ottenuta la sospensione, la prossima sfida degli attivisti è quella di cercare di garantire che i lavori non inizino, in modo da consentire alla foresta la possibilità di rigenerarsi.

Il caso Holbox

holbox

Come abbiamo detto in precedenza, quello di Cancun è solo l’ultimo caso di deforestazione in nome del turismo di massa in Messico: nell’ottobre del 2015 un reportage dell’Espresso ha portato alla luce il caso Holbox, una piccola isola incastonata tra le bellezze naturali della riserva di Yum Balam, a 30 minuti di barca dalla costa dello Yucatan. Un paradiso terrestre di acqua cristallina, spiagge bianche e le immancabili mangrovie, alveo protettivo di numerose specie in via di estinzione come fenicotteri rosa, squali balena, tartarughe marine e tantissime altre, minacciate da un progetto che prevede la costruzione di un complesso turistico su un’area di 980 ettari, in attesa dal 2012 della valutazione dell’impatto ambientale da parte dei giudici preposti. Un progetto di sviluppo che ha fatto gola non solo agli imprenditori, ma anche a parte della popolazione dell’isola, che ora si divide tra chi è favorevole al progetto e chi vorrebbe continuare a vivere di pesca e turismo eco-sostenibile come da sempre, senza edificare resort nel cuore di una riserva naturale unica al mondo. Inutile sottolineare che qualora i resort, comprendenti alberghi, campi da golf e piscine come da progetto, venissero costruiti, Holbox rischierebbe seriamente di perdere la sua biodiversità, protetta dal 1994. L’ultima parola spetta ai giudici, il solo argine legale rimasto affinché le meraviglie naturali di Holbox non diventino l’ennesimo paradiso perduto sacrificato sull’altare del profitto.

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