Marco Cappato è indagato ufficialmente per aiuto al suicidio: l’esponente radicale si era autodenunciato per aver accompagnato DJ Fabo in Svizzera alla clinica della ‘dolce morte’ dove poi il 40enne aveva ricevuto l’assistenza per il suicidio assistito. La sua storia è diventata il simbolo della battaglia per l’eutanasia dopo aver lanciato un appello per una legge sul testamento biologico, ferma da anni in Parlamento. Sui temi etici infatti la politica italiana non ha mai legiferato, lasciando senza risposta lui e tanti altri che sono costretti a recarsi all’estero per mettere fine alle proprie sofferenze. Marco Cappato invece si è sempre occupato del tema, come ci aveva raccontato già qualche anno fa: il fine vita e la libertà di poter scegliere come affrontare il dolore spesso indicibile dei malati terminali o di chi soffre per condizioni al limite, è una battaglia sua e dei Radicali che hanno già tentato più volte di sollevare il velo che le ricopre. Dopo il clamore delle vicende di Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro, è stata la vicenda di Dj Fabo a far riparlare del tema: proprio perché non si spenga l’attenzione, Marco Cappato si è autodenunciato e ora è indagato per aiuto al suicidio, ma cosa rischia realmente?
“Continueremo fino a quando non saremo fermati, allora diventerà evidente che lo Stato non si sarà assunto la propria responsabilità”, aveva dichiarato l’esponente radicale ai giornalisti che lo avevano atteso davanti alla Caserma dei Carabinieri di Milano dove si era recato per autodenunciarsi.
L’ULTIMO VIAGGIO DI DJ FABO IN SVIZZERA: ‘SE N’È ANDATO COME VOLEVA MA NON NEL SUO PAESE’
Il pm di Milano Tiziana Siciliano l’ha iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di aiuto al suicidio per la morte di Dj Fabo: per gli inquirenti l’iscrizione è “atto dovuto” ed è stata formalizzata dopo la trasmissione del verbale dell’autodenuncia sottoscritta dallo stesso Cappato davanti agli uomini dell’Arma.
Istigazione o aiuto al suicidio, cos’è e che pena prevede
Il reato che viene contestato a Marco Cappato è di “aiuto al suicidio”. Si tratta di un reato previsto dall‘articolo 580 del codice penale che recita:
“Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1) e 2) dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità di intendere e di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio”.
La pena prevista dal reato di istigazione o aiuto al suicidio va da 5 a 12 anni di carcere nel caso in cui ci sia la morte del soggetto attivo: il caso di Marco Cappato rientra in questa casistica visto che Dj Fabo alla fine ha ottenuto il suicidio assistito grazie all’intervento del radicale che lo ha portato materialmente in Svizzera.
Il testamento di DJ Fabo
Come abbiamo visto, chi istiga al suicidio una persona non in grado di intendere e volere, può incorrere nel reato contestato di omicidio. In questo caso non si configura questo reato perché lo stesso Dj Fabo ha lasciato un testamento in cui rivendica la scelta del suicidio assistito.
“Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione non trovando più il senso della mia vita ora. Fermamente deciso trovo più dignitoso e coerente, per la persona che sono, terminare questa mia agonia“, si legge nelle sue ultime volontà. Per questo motivo aveva contatto l’Associazione Luca Coscioni di cui Marco Cappato è il tesoriere, “una realtà che difende i diritti civili in ogni fase dell’esistenza dei cittadini. Compreso il diritto sacrosanto di morire. Grazie. Fabiano Antoniani”.
Cappato: ‘No istigazione, l’ho solo aiutato’
Alla notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati, Marco Cappato ha tenuto una conferenza stampa per chiarire la sua posizione. L’autodenuncia è il modo dell’esponente radicale di portare avanti una battaglia secondo i principi della disobbedienza civile. “Attendo arrivi l’avviso di garanzia e sono pronto a assumermi la responsabilità fino in fondo per aver aiutato Fabo”, ha spiegato. Ai Carabinieri ha raccontato quanto successo. “Ho detto loro di aver fatto salire Fabo con la sua carrozzella nella sua macchina e aver guidato la macchina fino a Zurigo. La ragione per cui lui mi ha chiamato è non coinvolgere nella responsabilità le persone che amava. L’ho l’aiutato ad ottenere l’assistenza medica alla morte volontaria in un Paese in cui è consentito quello che dovrebbe esser consentito anche da noi”, ha ribadito.
Il passaggio è centrale per Marco Cappato: non c’è stata istigazione ma aiuto, cioè non si è convinto Dj Fabo a richiedere il suicidio assistito, c’è stato l’aiuto per fargli ottenere ciò che voleva. “È successa la stessa cosa per Dominique Velati, ovvero le abbiamo pagato il biglietto per andare in Svizzera a morire. Dissi allora che lo avrei rifatto, annunciando una reiterazione del reato”, ha aggiunto. “Ovviamente non c’è stata nessuna istigazione al suicidio di Fabo. Abbiamo ottenuto di dissuaderlo per qualche settimana in più, facendogli venire la forza e la voglia di lottare per i diritti di tutti. L’aiuto, sì quello l’ho dato su sua richiesta”. Tra l’altro, Cappato ha chiarito di essere pronto a continuare nella sua azione di aiuto. “Sono contento di fornire questo tipo di aiuto a altre due persone che hanno avuto appuntamento per recarsi in Svizzera per le stesse ragioni. Questo aiuto da parte mia ci sarà”, ha aggiunto.
Dal punto di vista giuridico, l’articolo del codice penale non fa distinzioni tra istigazioni o aiuto che anzi sono equiparati di fronte alla legge. L’istigazione si può definire come la “partecipazione psichica“, cioè il portare qualcuno al suicidio sia instillando l’idea sia rafforzandone una già presente; l’aiuto è invece la “partecipazione materiale“, cioè azioni che agevolano il suicidio in qualsiasi modo. Cappato ricade in questo caso: ha guidato la macchina di DJ Fabo, aiutandolo ad arrivare in Svizzera e compiendo così un’operazione che non avrebbe potuto fare da solo.