Marco Travaglio ha deciso di fare coming out, politico si intende, e circoscritto a una specifica situazione: la guerra all’Isis. In un editoriale a ridosso degli attentati di Parigi, il direttore de Il Fatto Quotidiano sottolinea forse il vero punto debole del M5S, la politica estera, arrivando a preferire “l’arcinemico” Matteo Renzi, almeno su questo fronte. Di certo non è uno scaricare del tutto Beppe Grillo e il suo movimento, ma è sicuramente una prima presa di posizione contraria ai pentastellati, da lui incensati proprio per la loro “purezza” politica. “Per candidarsi a governare l’Italia, i 5 Stelle devono dimostrarsi credibili fin da subito. Anche sul loro punto più debole: la politica estera”, scrive senza mezzi termini Travaglio. È davvero così?
Nell’editoriale, Travaglio analizza i dati dei sondaggi politici e sottolinea come l’unico a poter andare al potere senza accordi “misti” tra diversi soggetti sia il movimento di Grillo, ma rimane un nervo scoperto che potrebbe penalizzarli (e molto) nelle loro scelte: come reagire nel concreto davanti al caos che regna nel mondo, e quindi in politica estera, oggi.
“Ripetere, come fanno, che le guerre non si risolvono con le guerre e che l’Isis l’ha creata l’Occidente significa dire due verità, ma insufficienti. Se c’è uno Stato illegale tra Siria e Iraq, che per giunta arruola kamikaze per fare mattanze in tutto il mondo, bisogna anche rispondere alla domanda sul che fare oggi, a prescindere dalle colpe del passato”, continua. È per questo che “Renzi, pessimo in politica interna, sul caso guerra-ISIS appare più credibile del M5S”.
Difficile dargli torto. Tralasciando i deputati pentastellati che credono nei complotti in ogni dove, che postano le foto della strage di Charlie Hebdo e non quelle degli attentati di Parigi, prendiamo uno delle personalità più influenti e amate del MoVimento, Alessandro Di Battista.
Il deputato è stato ospite a Ballarò, intervistato da Massimo Giannini e Lucia Annunziata: è stato incalzato più volte su cosa farebbe da primo ministro in questi momenti, come affronterebbe la politica estera dell’Italia. “Non abbiamo parlato prima perché siamo scossi da quanto avvenuto”; “Io punterei al disgelo con l’Iran”; “Sono anni che dico che bisogna risolvere il conflitto israelo-palestinese”. Sono alcune delle risposte di Di Battista che non entra mai nello specifico di cosa in concreto.
Fare un consiglio dei ministri per chiedere di risolvere il conflitto israelo-palestinese? Con un decreto? Come portare avanti la politica del disgelo con l’Iran? Domande rimaste senza risposta. La realtà geopolitica è molto complessa, ci sono fior fiori di analisti che studiano da decenni cosa succede in quelle terre e cosa si potrebbe fare. Se il MoVimento vuole candidarsi alla guida dell’Italia, da tempo nei “sogni” dei terroristi, deve sapere cosa fare, nel concreto. Non possono batterli al grido di “onestà”: devono saper dialogare, trattare con la diplomazia e i potenti senza demonizzarli con presunti complotti mondiali, avere idee chiare su cosa fare come Paese e non come movimento, altrimenti le belle parole rimangono solo parole.
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