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Cronaca

Marco Vannini oggi avrebbe compiuto 28 anni, dal ferimento in casa Ciontoli alla morte: le tappe della vicenda

Era il 17 maggio 2015 quando, in una villetta di Ladispoli, si consumava uno dei più cruenti e dibattuti delitti degli ultimi anni, l’omicidio di Marco Vannini. 

Marco Vannini – Nanopress.it

Quest’ultimo, all’epoca ventenne, si trovava a casa della fidanzata Martina Ciontoli per passare la notte da lei. Erano da poco passate le 23:00 quando il ragazzo decideva di concedersi un bagno nella vasca dei suoceri. Improvvisamente il capo famiglia Antonio Ciontoli ricordava di aver lasciato incustodite le sue pistole proprio nella scarpiera del bagno dove si trovava Marco. Al suo ingresso, la figlia Martina abbandonava la stanza, mentre Marco – alla vista delle pistole – chiedeva ad Antonio di mostrargli il funzionamento della Beretta calibro 9-380. Nell’erronea convinzione che fosse scarica, alle ore 23:15 Antonio scarrellava l’arma, inseriva il colpo in canna e premeva “per scherzo” il grilletto in direzione di Vannini, che veniva attinto sulla faccia esterna del terzo medio del braccio destro.

Nell’attuare le condotte successive allo sparo – pur avendo constatato che a fronte del foro d’entrata mancava un foro d’uscita – Antonio comunicava ai presenti nell’abitazione che il forte rumore da loro udito era dovuto ad un “colpo d’aria”.

Subito dopo lo sparo

Marco veniva così portato nella stanza da letto e vestito con abiti comodi da Martina, mentre Federico, su indicazioni del padre, inseriva la sicura e collocava la pistola nel cassettone sotto il proprio letto.

Così, alle ore 23:41, lo stesso Federico chiedeva l’intervento di un’ambulanza perché “un ragazzo che si è sentito male di botto, è diventato troppo bianco, non respira più“. Seguivano le domande dell’operatrice del 118 per chiarire le dinamiche dell’accaduto e Federico rispondeva “non glielo so spiegare bene […] probabilmente uno scherzo, s’è spaventato tantissimo e non respira più“. Da quel momento in poi la situazione precipiterà in maniera irreversibile. Incalzato dall’operatrice, continuava “non lo so io non c’ero in quel momento“, passava così il telefono a Maria Pezzillo, moglie di Antonio e madre di Federico e Martina. Maria riagganciava poco dopo dietro comunicazione dei presenti circa la ripresa del ragazzo.

La seconda chiamata al 118 e l’arrivo dell’ambulanza

La seconda chiamata al Servizio di Urgenza ed Emergenza partiva alle ore 00:06 del 18 maggio 2015 e veniva attivata da Antonio. In particolare, il capo famiglia avanzava richiesta di un’ambulanza perché un ragazzo “è caduto, si è bucato un pochino con un.. come si chiama, il pettine quello a punta“. Verso le reiterate richieste dell’operatrice circa le lesioni riportate da Marco, Antonio rispondeva “e niente, sul braccio si è bucato, si è messo paura, un panico“. Alle successive richieste circa la presenza di tagli o squarci, il Sig. Ciontoli rispondeva: “c’è un buchino […] è andato in panico“. In sottofondo si avvertivano le grida di un uomo, verosimilmente Marco, “basta“, “ti prego…basta“, “ti prego basta“, e ancora “ti prego, scusa“.

Venivano così attivati i soccorsi alle ore 00:08 del 18 maggio 2015 e l’autoambulanza arrivava sul posto alle ore 00:23. Giunta quest’ultima presso l’abitazione dei Ciontoli, l’infermiera Bianchi e il barelliere Calisti si rivolgevano alla fidanzata Martina che, alla domanda relativa agli accadimenti della serata, rispondeva: “non lo so…io non so niente…non c’ero“.

Il personale sanitario incontrava così nei pressi dell’abitazione Antonio e Federico, reiterando loro domanda in merito agli eventi occorsi. Rispondeva così Antonio: “guardi c’è un ragazzo che è un po’ svenuto…è stato preso da un attacco di panico, c’ha avuto una crisi d’ansia“. I sanitari entravano poi all’interno dell’abitazione ove trovavano il Marco disteso a terra, supino con Maria che gli teneva le gambe alzate. L’infermiera procedeva all’accertamento delle condizioni in cui si trovava il ragazzo, che risultava soporoso, cosciente ma sonnolento. Alla domanda su come si sentisse, lo stesso rispondeva “mi fa male tutto… mi fa male tutto“.

Per indagare ancora sull’effettiva dinamica, l’infermiera Bianchi chiedeva se il giovane avesse assunto sostanze stupefacenti. Nell’ottenere risposta negativa, Antonio proseguiva “lui stava facendo la doccia nella vasca… scherzavamo sul calcio… è scivolato e si è ferito con un pettine a punta…“.

I primi sospetti del personale sanitario

Continuando con le verifiche del caso, l’infermiera sollevava la maglietta di Marco Vannini ed identificava una piccola ferita, pulita e asciutta, come una “bruciatura di sigaretta”, un “buchino”. In accordo con il barelliere, ipotizzando una patologia di natura neurologica, decideva di trasportarlo al pronto intervento di zona.

L’arrivo al Pronto Soccorso

Alle ore 00:30, giunti al P.I.T di Ladispoli, Marco si trovava in stato comatoso, con agitazione psicomotoria e fase allucinativa. Nel chiarire al dottor Matera le dinamiche degli eventi, Antonio comunicava l’avvenuta esplosione del colpo di arma da fuoco e avanzava richiesta di tacere in ordine al concreto svolgimento dei fatti: “[…] era in bagno, pulivo l’arma, poi è partito un colpo d’arma da fuoco, sono un carabiniere, quindi, per il lavoro che faccio, chiedo se fosse possibile non segnalare questa cosa, per il lavoro ho paura“.  Il medico di guardia attestava così alle ore 00:54 le reali cause del ferimento di Marco e chiedeva l’intervento dell’elisoccorso per trasportarlo al Policlinico Gemelli. Il paziente, poco dopo il decollo avvenuto alle ore 00.58, aveva un primo arresto cardiaco. Che induceva gli operatori ad un atterraggio di emergenza per eseguire le relative manovre di rianimazione. Dopo una breve ripresa e nel vano tentativo di trasportarlo al dipartimento di emergenza e accettazione, il giovane veniva nuovamente colpito da un arresto cardiaco cui seguiva un’inefficace manovra di rianimazione cardiopolmonare. Marco Vannini moriva alle ore 03:10 del 18 maggio 2015.

I genitori di Marco Vannini – Nanopress.it

L’autopsia sul corpo di Marco Vannini

L’esame autoptico disposto dal Pm individuava la causa della morte in uno shock emorragico. Le risultanze medico legali avevano evidenziato come il tramite intracardiaco non avesse danneggiato né le valvole atrioventricolari né il sistema di trasmissione elettrica degli impulsi cardiaci. Ragione per la quale il cuore aveva continuato a battere a lungo. Consequenzialmente si era verificata la fuoriuscita di sangue dalle soluzioni di continuo dei tessuti polmonari e cardiaci che aveva appunto prodotto lo shock emorragico.

Se Marco fosse stato soccorso tempestivamente, sarebbe sopravvissuto?

La perizia collegiale firmata dai proff. Antonio Oliva (medico legale), Francesco Alessandrini (cardiochirurgo) e Andrea Arcangeli (anestesista-rianimatore) stabiliva che il ritardo nei soccorsi aveva avuto un ruolo causale diretto rispetto al decesso di Marco Vannini.  E che, al contempo, un soccorso attuato secondo modalità e tempi privi di ostacoli e ritardi, avrebbe potuto evitare la morte con elevata probabilità logica.

Lo sparo e gli accertamenti balistici

Gli accertamenti balistici disposti consentivano inoltre di stabilire che era stata la Beretta calibro 9-380 ad esplodere il colpo mortale mentre quelli relativi ai residui chimici da sparo fugavano ogni dubbio in merito all’artefice dello sparo. Era stato Antonio Ciontoli ad esplodere accidentalmente un colpo d’arma da fuoco. Un colpo che poi si è rivelato mortale per Marco Vannini.  Sulla base della analisi erano state rinvenute nelle narici del capofamiglia ben 12 particelle di residui da sparo. Per intenderci, secondo le linee guida seguite dalla polizia mondiale, ne sono sufficienti tre per stabilire con certezza se un soggetto abbia o meno premuto il grilletto. Veniva così esclusa la presenza degli altri imputati al momento dello sparo, nonostante nella narice destra di Martina Ciontoli fosse stata rinvenuta una particella di residuo da sparo. È infatti stato dimostrato come si verifichi la diffusione della nube da sparo nel raggio di 5-6 metri in luogo circoscritto. Di conseguenza, chiunque sopraggiungesse nel luogo dello sparo in un secondo momento ne rimarrebbe contaminato.

Gli accertamenti biologici

Le indagini biologiche inducevano ad apprezzare la presenza di sangue appartenente a Marco Vannini su un accappatoio all’altezza dell’ascella destra, sui pantaloni di Antonio Ciontoli e sui pantaloni e la canottiera di Martina Ciontoli. Sulle armi non era invece stato riscontrato sufficiente materiale biologico per trarre significative conclusioni.

Antonio Ciontoli – Nanopress.it

Le condanne ai membri della famiglia Ciontoli

Basandosi su una tale ricostruzione dei fatti, Antonio Ciontoli sarebbe stato animato dal “prevalente intento di attenuare le prevedibili conseguenze dannose nel suo ambito lavorativo, decidendo di agire accada quel che accada pur di di perseguire il suo scopo“. Questo nonostante le condizioni di Marco rendevano “possibile, prevedibile ed altamente probabile il verificarsi dell’evento letale.”

Dunque, avvalorando la dinamica colposa dell’incidente, al termine di un complicato iter giudiziario, Il 3 maggio 2021 la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva Antonio Ciontoli a quattordici anni di reclusione per omicidio volontario connotato da dolo eventuale. Antonio non poteva non rappresentarsi le conseguenze fatali del suo gesto. In altri termini, il bilanciamento degli interessi in gioco, prospettatosi nella sua mente, lo aveva fatto protendere per la tutela del proprio posto di lavoro, piuttosto che per la salvezza di Marco.

Quanto agli altri coimputati, Martina, Federico e Maria, questi sono stati condannati a nove anni e quattro mesi di reclusione per concorso anomalo in omicidio volontario. Pur non essendo stata sufficientemente dimostrata la loro consapevolezza sulla reale causa del ferimento di Marco e sulle menzogne raccontate da Antonio Ciontoli, i giudici hanno ritenuto che le condizioni del ragazzo rendessero evidente la necessità di procurargli i soccorsi e di riferire ai sanitari le dinamiche di cui erano a conoscenza.

La fidanzata di Federico, Viola Giorgini, è invece stata assolta dal reato di omissione di soccorso contestatogli dalla pubblica accusa. Non è infatti emerso che la quest’ultima fosse entrata in bagno, in contatto con il corpo di Marco, ovvero che fosse a conoscenza delle menzogne di Antonio Ciontoli.

 

 

Anna Vagli

Giurista, Criminologa Investigativa, Scrittrice, Giornalista-Pubblicista, Esperta in Scienze Forensi, Psicologia Investigativa, Sopralluogo Tecnico sulla Scena del Crimine e Criminal Profiling. Certificata come Esperta in Neuroscienze Cognitive Applicate e come Analista Comportamentale Editorialista di crimine per Nanopress. Direttore scientifico Master in Criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica e docente Sole 24 h business school. Opinionista tv programmi Rai, Mediaset, Warner Bros Discovery Italia ed opinionista radiofonica per Rai Radio2 e Radio Capital.

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